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Un patto sociale per superare il populismo. Il ruolo di Azione secondo Tivelli

Credo che se Calenda, con quella sorta di “Patto Repubblicano per l’Italia” che sembra si accinga a fare, imbracciasse la proposta del patto sociale, ovviamente declinandola tramite policies e contenuti appropriati, sarebbe anche un bel contributo all’evoluzione del sistema politico ed economico sociale

Ho sempre pensato che tra i mali fondamentali della politica italiana ci siano il populismo, il dilettantismo e il presentismo (l’assenza di senso della storia e di memoria storica). Quanto al populismo è un virus che colpisce vari Paesi (si pensi negli Stati Uniti a Trump), e non riguarda solo la società politica italiana. Per non risalire a fasi precedenti, temo che, così come capita per i virus, che variano man mano, l’ultima variante significativa del populismo sia quella che, sin dall’agosto del 2023, ebbi a definire, su Formiche, “vannaccismo”. Intuendo sin dall’uscita del libro di quel generale, quali sarebbero stati i possibili pericoli di questo fenomeno. Non dico altro perché già sono troppi i giornali che, talvolta senza intuire i rischi di questa nuova “variante”, danno spazio e finiscono per fare propaganda a quel generale. Quanto al dilettantismo che, miscelato al populismo forma un cocktail molto pericoloso, lo abbiamo visto all’opera al suo meglio (o al suo peggio) nella scorsa legislatura. Specie ma non solo nel governo Conte I. D’altronde l'”uno vale uno”, codice cromosomico dei cinquestelle (specie nella versione di Beppe Grillo), teorizzava e realizzava esattamente questo. Sia del populismo che del dilettantismo rimangono ampie tracce sparse in qualche partito anche se per fortuna meno perniciose di quanto avveniva con il sostanziale dominio dei cinquestelle nella scorsa legislatura.

Quanto al presentismo (che è evoluto in quello che amo definire “oggicrazia” e che grazie ad una fiera di tweet, sembra quasi degenerare in “attimocrazia”) lo scarso senso della storia e della memoria storica di cui si nutre sembra colpire sostanzialmente tutti i partiti. Lungi da me pretendere di osservare nel quadro di un breve articolo quanto si muove in tutto l’arco delle forze politiche. Forse vale la pena concentrarsi nel cantiere confuso ma sempre in qualche modo aperto, che da sempre tarda a nascere, di quello che potrebbe essere un vero terzo polo. Superato in qualche modo quella sorta di “binarcisismo muscolare”, grazie ad un polemico divorzio tra Renzi e Calenda, mi sembra che il leader di Azione abbia fatto suo in qualche modo la più semplice e rilevante delle sentenze di Popper: “Tutti nella vita facciamo degli errori, l’importante è imparare dagli errori”. Non so quanto stia recuperando dalla propria storia, essendo Azione un partito giovane che si richiama alla saga troppo litigiosa, ma molto gloriosa del Partito d’Azione. Non so, inoltre, se Calenda ha riletto il manifesto in sette punti pubblicato su “Italia libera” di quel partito, alcuni dei quali meriterebbero ulteriori sviluppi. Sembra però che abbia preso a occuparsi con la sua Azione, per un verso di dare quel metodo democratico previsto dall’articolo 49 della Costituzione al suo partito (una caratteristica che è sostanzialmente sparita in tutte le forze politiche nazionali).

Per altro verso, mi sembra, inoltre, che si stia occupando più di policies e di contenuti effettivi delle politiche pubbliche rispetto alla troppa politics, che si può tradurre in negativo come “politica politicante”, di cui si nutre la vita politica italiana e il gioco di specchi tra politica e stampa. Ad esempio, ha cercato di porre al centro dell’agenda politica la questione della sanità e della salute, che è cruciale per i cittadini. E poi c’è un indizio sin qui ben poco colto dalla stampa. Sembra che Azione si accinga a siglare una sorta di “Patto Repubblicano per l’Italia” con il piccolo, ma glorioso e carico di senso della storia, Partito Repubblicano Italiano. Il più antico partito politico italiano nato nel 1895, sempre e ancora oggi con lo stesso simbolo dell’edera. Insediato a macchia di leopardo in varie aree del Paese, con punti di forza tra gli altri in Romagna, in Puglia e in Campania.

Credo che per un partito giovane che sembra man mano un po’ meno personale (speriamo) come Azione ciò significhi due cose principalmente. Per un verso recuperare quel senso della memoria storica e quel pensiero politico che discende da Mazzini e Cattaneo fino al miglior antifascismo di matrice laica, per innervare poi vari aspetti della straordinaria saga del “Mondo” di Pannunzio e giungere alla lezione di Ugo La Malfa e Spadolini. La lezione fondamentale impressa da Ugo La Malfa al PRI fu proprio quella dei “contenuti”. Cioè di condizionare le alleanze non solo e non tanto alla politics, ma alle policies, alle politiche pubbliche concrete. Calenda, ad esempio, sostiene di fare per quanto riguarda le amministrative alleanze perfino con i cinquestelle, da lui tanto odiati, ove si trovi convergenza larga sui contenuti. Lungi da me dare consigli a Calenda, ma visto che sembra che voglia recuperare il meglio di quel filone di pensiero e azione, dovrebbe cogliere anche che Ugo La Malfa, da ministro del bilancio nel 1962, fu il primo, con la Nota Aggiuntiva e la politica dei redditi, a proporre una forma di “patto sociale”. Quella proposta che fu poi rilanciata da Carlo Azeglio Ciampi nel suo governo del 1993 in un momento molto delicato per il nostro Paese. Un patto sociale che da sempre è nella corde del pensiero repubblicano e che l’ormai ex presidente di Confindustria Bonomi aveva cercato di rilanciare con l’adesione di Mario Draghi, in quel momento presidente del Consiglio. Un progetto poi sfumato perché il governo aveva tra i tanti aspetti positivi una palla al piede come quella di avere come partito di maggioranza relativa i cinquestelle. Un patto sociale che subito tra i sindacati la Cisl aveva colto e rilanciato anche se ovviamente Landini con la sua Cgil ne ostacolò lo sviluppo.

Ebbene, Calenda è stato anche un autorevole responsabile esteri di Confindustria oltre che un buon manager e un ottimo ministro dell’Industria e le questioni economico-sociali le conosce. I repubblicani con cui sembra si accinga a siglare il patto sono sempre stati a favore del patto sociale. Il quale sarebbe in fondo la via più opportuna per ricreare un po’ di senso di unità tra le forze sociali e minore divisione tra le forze politiche. Questo in un Paese che mediamente da trent’anni ha la più bassa crescita tra i paesi Ocse e che oltre a “mal di crescita” soffre di “mal di produttività” e “mal di concorrenza” ed altri mali che ne ostacolano lo sviluppo. Credo che se Calenda con quella sorta di “Patto Repubblicano per l’Italia”, che sembra si accinga a fare, imbracciasse la proposta del patto sociale, ovviamente declinandola tramite policies e contenuti appropriati, questo sarebbe anche un bel contributo all’evoluzione del sistema politico ed economico sociale. Oltre ai citati mali l’Italia soffre infatti di “mal di divisività”. È un Paese con una classe politica troppo intenta a ricercare ciò che divide invece di ciò che unisce. Forse potrebbe essere una luce per offrire un contributo alla progressiva uscita dal buio del populismo e del presentismo. Soprattutto perché, come diceva un maestro del pensiero repubblicano e laico come Carlo Cattaneo: “I popoli che si fanno piccoli nei pensieri, si fanno deboli nelle opere”.



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