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Miraggio nucleare. Castelli spiega perché il deterrente europeo è ancora lontano

È molto difficile pensare ad uno strumento nucleare europeo in questo momento. Ma la discussione riflette un malessere generale dell’Europa. Ecco quale secondo Ludovica Castelli, studiosa di nucleare e componente del progetto “Third Nuclear Age” dell’Università di Leicester

Dall’inizio del 2024, in molteplici occasioni alcuni esponenti europei, e in particolare tedeschi, si sono esposti sulla necessità di sviluppare una capacità militare nucleare per l’Unione alla luce delle evoluzioni del contesto internazionale. Ma esiste davvero la possibilità di un nucleare europeo? Formiche.net lo ha chiesto a Ludovica Castelli, studiosa di nucleare e componente del progetto “Third Nuclear Age” dell’Università di Leicester.

In Germania diversi esponenti pubblici si sono esposti riguardo alla necessità di un nucleare europeo. Come va interpretata questa tendenza?

Tutto il dibattito su eventuali alternative di deterrenza che si è acceso in Germania non è nuovissimo: è il riproporsi di una discussione iniziata già qualche anno fa quando Donald Trump fu eletto presidente, portando alla Casa Bianca la sua retorica isolazionista, e ritornata a galla in occasioni successive come il summit Nato del 2018 a Bruxelles o l’invasione dell’Ucraina nel febbraio del 2022. Ad oggi, con la possibilità del ritorno al potere di Trump e del suo approccio dubbio nei confronti degli Alleati europei, la questione è tornata sul tavolo. Ma al momento rimane una discussione puramente teorica.

Quali sono state fino ad ora le proposte avanzate per realizzare un’autonomia strategica europea sul lato nucleare?

Si è parlato tanto di questa “eurobomba” con una propria valigetta di Command and Control che viene turnata attraverso le varie capitali europee, così come altri hanno suggerito l’acquisto europeo di un migliaio di testate strategiche americane “non attive” da dispiegare sul territorio degli stati membri. Ma sono proposte senza alcun tipo di concretezza. L’atmosfera che si respira in questo frangente è d’isteria, causata dall’impredicibilità di quello che potrebbe succede in caso di una vittoria di Trump.

Una deterrenza europea potrebbe effettivamente garantire un maggior grado di sicurezza?

Quanto queste proposte di “deterrenza alternativa” possano rendere più sicura l’Europa è difficile da dirsi. Il conflitto in Ucraina ha posto una grandissima enfasi su quanto la deterrenza sia importante; ma la deterrenza rimane un concetto labile, complesso, nonché storicamente appartenente a tempi e a contesti ben diversi da quello odierno. E sulla base di questo frangibile concetto, dove si propone l’equazione “armi uguale deterrenza uguale sicurezza”, si ergono delicati equilibri ed enormi rischi.

Cioè?

Una deterrenza europea è difficile da immaginare, tecnicamente e politicamente. Per settant’anni i Paesi europei hanno vissuto sotto l’egida dello scudo nucleare americano. Psicologicanente, operativamente, politicamente, un cambiamento così radicale crea incertezza e inevitabili tensioni.

Perché non una deterrenza tedesca?

In Germania stiamo assistendo ad un riaffermarsi della cosiddetta retorica “hardline”, tra le altre cose promotrice di un potenziale deterrente nucleare tedesco. Il quale però rimane, almeno nel breve e nel medio termine, pura retorica. La Germania rimane un Paese profondamente dipendente dalle garanzie di sicurezza americane. Fino a pochi anni fa i Verdi, un partito politico di un certo peso in Germania, sostenevano disarmo e controllo degli armamenti come concetti complementari a quelli, garantiti dalla Nato, di deterrenza e difesa. Adesso, in parte per la guerra, in parte per le paure legate alle elezioni americane, questo approccio è stato un po’ messo da parte.

Come impattano queste proposte sulla salute generale dell’Alleanza?

Come dicevo poco fa, l’idea di un deterrente europeo riemerge adesso anche e soprattutto alla luce dell’incertezza legata al periodo pre-elezioni americane, mentre c’è una guerra in corso ai confini dell’Europa e mentre Mosca assume una postura sempre più assertiva. Le affermazioni spesso contrastanti a riguardo da parte di vari leader europei suggeriscono una mancanza di unità e di coesione all’interno dell’alleanza la cui aperta manifestazione non serve gli interessi né dei singoli né dell’alleanza stessa.

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