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Il Def prudente del governo. Ecco il primo mattoncino della manovra

Palazzo Chigi alza il velo sui saldi di finanza pubblica che faranno da perimetro per la prossima finanziaria. Bando alle alchimie contabili e tanto realismo, anche se si ragiona su dati tendenziali. Gli effetti del Superbonus condizioneranno le scelte future. Ora occhi su Irpef e cuneo fiscale

Un Documento di economia e finanza leggero, per dirla con le parole di Giancarlo Giorgetti. Il governo italiano, poco prima dell’ora di pranzo, ha approvato il Def, l’ultimo nell’attuale versione prima dell’entrata in vigore della nuova governance europea. In attesa della definizione da parte delle istituzioni europee delle regole fiscali e relativi documenti programmatici, il Def quest’anno si limiterà infatti al quadro tendenziale, cioè al netto di eventuali manovre di bilancio e che sarà molto simile a quello della Nadef del settembre 2023.

Poche ore prima del Consiglio dei ministri, Giorgetti aveva ribadito la linea del governo, che non può prescindere dai danni collaterali causati dal Superbonus, che ha pompato il deficit 2023 al 7,2%, secondo le stime dell’Istat. “Noi vogliamo rispettare esattamente gli obiettivi della Nadef che abbiamo presentato lo scorso autunno. È una questione di credibilità. Se c’è qualcosa da correggere la correggeremo, ma sostanzialmente siamo in linea”. Vale la pena ricordare i principali saldi, che poi fungeranno da capisaldi della prossima manovra in autunno.

Ebbene, una crescita del Pil per l’anno in corso all’1%, un po’ al di sotto dell’1,2% previsto nella Nadef, mentre per il 2025 il prodotto interno, a legislazione vigente, è stimato crescere dell’1,2% (contro l’1,4% della Nadef) per poi scendere nel 2026 all’1,1% (la Nota di ottobre stimava l’1%). Quanto ai dati di finanza pubblica, il rapporto deficit/pil nel 2024 dovrebbe essere confermato al 4,3%, lo stesso livello del quadro programmatico della Nadef. Per il 2025 invece l’asticella dovrebbe essere al 3,7% contro il 3,6% della Nadef e per il 2026 al 3% (invece del 2,9%).

Questo dovrebbe essere l’andamento senza considerare interventi come la proroga del taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef a tre aliquote. Non è escluso, e questa è la riflessione in corso in queste ore al Mef, che nella tabella delle cosiddette ‘politiche invariate’ possano essere considerate anche questi due interventi, oltre alle missioni internazionali di pace, alle risorse per i contratti pubblici e alle altre misure, per un totale di circa 20 miliardi per il prossimo anno, per i quali va trovata la copertura.

Anche il debito dovrebbe mantenersi nell’anno in corso ad un livello vicino a quello del 2023 quando è stato al 137,3%. Sulla base delle ultime valutazioni, nel 2024 dovrebbe attestarsi intorno al 138% e forse leggermente al di sotto. Le ripercussioni del superbonus sulla finanza pubblica sembrano sotto controllo, anche dopo l’ultimo decreto all’esame del Parlamento che, oltre ad aver ristretto ancora gli ambiti applicativi, ha eliminato la remissione in bonis che esponeva a possibili imprevisti.

In questo quadro, la correzione dello 0,5% strutturale l’anno, che dovrebbe essere richiesta dalla Commissione europea a seguito della procedura per deficit eccessivo, che Giorgetti dà per scontata, dovrebbe già essere sostanzialmente inglobata. “Per le previsioni sulla crescita economica il governo intende proseguire sul metodo adottato finora, fornendo numeri il più possibile realistici, non gonfiati né troppo impostati alla prudenza, al netto tuttavia della congiuntura internazionale volatile a causa dei conflitti in atto. Un metodo di lavoro che ha dato e continua a dare risultati”, hanno affermato fonti di governo durante il Cdm “Dal documento emergerà, inoltre, il pesante impatto del superbonus sui conti pubblici e sui dati macroeconomici di riferimento”.

Fin qui le buone notizie. Poi c’è il cantiere della manovra, con le risorse per la conferma del taglio al cuneo fiscale e l’Irpef a tre aliquote. Soprattutto la seconda, dalla quale dipende un possibile innalzamento delle tasse. “C’è un’incertezza generale dell’economia globale afflitta, dopo il Covid, anche da conflitti. Gli elementi di preoccupazione rimangono, ma l’economia italiana si è dimostrata più resiliente di altre in Europa. Ed è aumentato molto l’export e questo ci conforta, ci sono segnali sul fatto che la locomotiva tedesca ha ricominciata a ingranare. Bisogna essere ottimisti ma il quadro generale induce al realismo e alla prudenza”, ha comunque messo in chiaro Giorgetti, nel corso della conferenza stampa. Pur ammettendo che sì, “le previsioni macroeconomiche e di crescita sono assai complicate da fare in un quadro di carattere internazionale e geopolitico complicato”.

 

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