Skip to main content

Il tandem Erdogan-Mbs lavora per il dopo Bibi. Ecco come

Da un lato la Turchia chiede all’Arabia Saudita sforzi congiunti più efficaci per attuare la decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dall’altro Ankara rafforza gli equilibri con il Golfo in chiave geopolitica. Sullo sfondo l’accordo storico siglato tra Turchia e Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC)

Secondo Hamas la proposta israeliana ricevuta dai mediatori del Qatar e dell’Egitto non soddisferebbe nessuna delle richieste delle fazioni palestinesi. Anche per questa ragione Turchia e Arabia Saudita provano a favorire una strategia comune alla voce Gaza, che però sia in grado anche di andare oltre l’emergenza. Da un lato infatti Recep Tayyip Erdogan ha chiesto a Mohammed Bin Salman sforzi congiunti più efficaci per attuare la decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dall’altro ha colto l’occasione del recente incontro bilaterale per cementare intesa ed equilibri con il golfo in chiave geopolitica. Il governo turco ha deciso di limitare le esportazioni di un’ampia gamma di prodotti verso Israele fino a che non venga deciso il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza

Qui Gaza

Secondo il governo israeliano vi è la possibilità di raggiungere un accordo sui prigionieri in base al quale verrebbero liberati alcuni palestinesi incarcerati nelle sue carceri in cambio degli ostaggi a Gaza, ma non al contempo non è pronto a porre fine all’offensiva militare prima dell’invasione. Rafa. Di contro Hamas pretende un impegno per garantire la fine dell’offensiva militare israeliana, dal momento che Rafah è l’ultimo rifugio per i civili palestinesi sfollati.

Nel frattempo l’Iran ha inviato a Damasco il ministro degli Esteri, Hossein Amirabdollahian, a pochi giorni dall’attacco aereo che ha colpito un edificio adiacente al suo consolato, uccidendo il comandante del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, Mohammad Reza Zahedi. Una mossa che sottolinea il sostegno al regime siriano.

Qui Ankara

Il governo turco ha deciso di limitare le esportazioni di un’ampia gamma di prodotti verso Israele fino a che non venga deciso il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza: si tratta della prima iniziativa dura contro Israele dopo sei mesi di guerra da parte di Ankara. Quasi 60 le diverse categorie di prodotti interessate, tra cui ferro, marmo, acciaio, cemento, alluminio, mattoni, fertilizzanti, attrezzature e prodotti per l’edilizia, carburante per l’aviazione. La mossa segue il no israeliano alla richiesta turca di prendere parte ad un’operazione di lancio di aiuti aerei su Gaza.

Secondo Israele le misure turche verranno controbilanciate da ulteriori restrizioni sui prodotti provenienti dalla Turchia. Il ministro degli esteri Katz ha sostenuto che Erdoğan “sta sacrificando gli interessi economici del popolo turco per sostenere Hamas, e noi risponderemo allo stesso modo”.

Il presidente turco da tempo ha definito Israele uno “stato terrorista”, ha ripetutamente chiesto un cessate il fuoco immediato e lo ha accusato di aver commesso un genocidio: “Continueremo il nostro sostegno fino a quando lo spargimento di sangue a Gaza non finirà e i nostri fratelli palestinesi non raggiungeranno uno stato palestinese libero con Gerusalemme Est come capitale”, ha detto Erdoğan in occasione di un messaggio per il Ramadan.

Il patto musulmano

Per porre fine agli attacchi israeliani serve unità musulmana. Questa la direttrice di marcia emersa dal vertice bilaterale tra Erdogan e Mbs, preziosa occasione per i due leader di riflettere su due elementi. Primo, far convergere più partner sulla decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che poche settimane fa ha votato a favore di una risoluzione che sollecitava un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza.

Secondo, fare quadrato sulle politiche “di area”, come le relazioni bilaterali tra Turchia e Arabia Saudita e gli sviluppi globali connessi come le iniziative energetiche, quelle in Africa, i riverberi della guerra in Ucraina e i nuovi obiettivi commerciali.

Un mese fa infatti Turchia e Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC) hanno siglato quello che il ministro del Commercio Ömer Bolat definisce un “ accordo storico ” per avviare i negoziati su un accordo di libero scambio: si tratta di una iniziativa che avrà lo scopo di cementare le relazioni commerciali tra Golfo e Bosforo, anche in chiave geopolitica in una delle aree di libero scambio più grandi al mondo, dal momento che fra i membri del GCC vi sono Bahrein, Qatar, Kuwait, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman. Orientativamente valgono 200 miliardi di dollari.

Secondo il governo turco questo accordo liberalizzerà gli scambi di beni e servizi, faciliterà gli investimenti e il commercio e aumenterà il commercio della Turchia con la regione e gli investimenti dalla regione del Golfo a livelli molto più alti.

×

Iscriviti alla newsletter