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Draghi sferza i governi Ue come Mattarella sferzò i partiti politici italiani. Il commento di Cangini

È stato, quello odierno, un primo assaggio del discorso che Mario Draghi pronuncerà in giugno. Speriamo solo che i capi di Stato e di governo dell’Unione lo prendano sul serio più di quanto non abbiano fatto i capi dei partiti politici italiani con le parole di Sergio Mattarella e, prima di lui, di Giorgio Napolitano… Il commento di Andrea Cangini

Ascoltando le parole dure, durissime, pronunciate oggi da Mario Draghi a La Hulpe, in Belgio, la memoria del vecchio cronista è balzata al discorso con cui Sergio Mattarella – e in condizioni simili prima di lui Giorgio Napolitano – sferzò le Camere riunite in seduta comune per la sua rielezione a Presidente della Repubblica.

Un’associazione di idee legata alla convinzione che il recente stallo del sistema politico-istituzionale italiano abbia molto in comune con l’attuale stallo delle istituzioni comunitarie. Mattarella parlò ai capi dei partiti politici italiani, Draghi ha parlato ai capi di Stato e di governo europei. In entrambi i casi, il messaggio è stato: se volete avere un futuro, abbandonate i vostri piccoli calcoli di bottega elettorale, fate quadrato e datevi un metodo e un assetto al passo con i tempi. Quel che serve, ha detto Mario Draghi anticipando i contenuti dello studio sulla competitività che presenterà in giugno, è “un cambiamento radicale“. Le politiche di grandi potenze globali come la Cina e gli Stati Uniti, ha incalzato l’ex presidente della Bce, “sono progettate per indirizzare gli investimenti verso le loro economie a scapito delle nostre o, nel caso peggiore, sono progettate per renderci permanentemente dipendenti da loro”.

Il mondo è cambiato, dobbiamo cambiare anche noi. “Abbiamo confidato nella parità di condizioni a livello globale e nell’ordine internazionale basato su regole, aspettandoci che altri facessero lo stesso. Ma ora il mondo sta cambiando rapidamente, ci ha colto di sorpresa, e gli altri non rispettano più le regole ed elaborano politiche per rafforzare la loro posizione”. Per questo all’Europa serve la “massima coesione politica”. Per questo dobbiamo smetterla “di vedere in noi stessi i nostri concorrenti”. Per questo occorre mettere radicalmente mano “alla nostra organizzazione, al processo decisionale e ai finanziamenti”, che dovranno essere sempre più privati e non solo pubblici.

Serve “un rinnovato partneriato tra gli Stati membri”. Serve “una strategia industriale comune” a partire dall’industria della Difesa. Serve, cioè, fare dell’Unione Europea non più la sommatoria di tanti miopi egoismi nazionali, ma un soggetto politico lungimirante, animato da un comune sentire e che condivida obiettivi comuni. Servono gli Stati Uniti d’Europa. Segue monito conclusivo: “Data l’urgenza, non abbiamo il lusso di ritardare le risposte fino alla prossima modifica dei Trattati. Per assicurare coerenza tra i diversi strumenti politici, dobbiamo essere in grado di sviluppare un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche. E se arriviamo alla conclusione che non è fattibile, in alcuni casi specifici dovremmo essere pronti a considerare di andare avanti con un sottogruppo di Stati, ad esempio per andare avanti sull’unione dei mercati capitali per mobilitare investimenti”.

Comincia, così, a prendere forma l’ipotesi di una Unione europea e due velocità… È stato, quello odierno, un primo assaggio del discorso che Mario Draghi pronuncerà in giugno. Speriamo solo che i capi di Stato e di governo dell’Unione lo prendano sul serio più di quanto non abbiano fatto i capi dei partiti politici italiani con le parole di Sergio Mattarella e, prima di lui, di Giorgio Napolitano.



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