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Mediterraneo e Africa, l’impegno del G7 oltre le guerre

L’affiancamento da mettere in campo verso i governi africani è imprescindibile: si tratta di esecutivi che affrontano una serie di contingenze che possono condurre al terrorismo, all’estremismo violento e all’instabilità. Sviluppo e democrazia si rafforzano a vicenda e per questa ragione il G7 sottolinea l’importanza di elezioni libere ed eque per soddisfare le esigenze e le aspettative dei cittadini

Non ci sono stati solo i due fronti bellici in Ucraina e in Medio oriente al centro del G7 che si è chiuso a Capri, ma la consapevolezza che affinché le politiche da applicare siano il più armoniche possibile, vanno necessariamente attenzionate due macro aree al di là dell’emergenza: si tratta di Africa e Mediterraneo, passaggio più volte sottolineato nei mesi scorsi tanto da Giorgia Meloni quanto da Antonio Tajani anche in chiave Piano Mattei. Per cui era ovvio e raccomandabile, per quanto fisiologico, che nelle conclusioni finali della ministeriale esteri vi fossero due specifici riferimenti: il partenariato con i Paesi africani e le organizzazioni regionali, compresa l’Unione africana (Ua), accanto ad un più ampio raggio d’azione di G7 e Africa in chiave euromediterranea.

Unione africana

L’Ua come membro permanente del G20 è un risultato di tutto rispetto, su cui la pressione del G7 è netta, al pari del sostegno al patto del G20 con l’Africa. Il partenariato G7-Africa è guidato dagli obiettivi dell’Agenda dell’Ua, dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e dell’Accordo di Parigi. Il ragionamento su cui si poggia l’accelerazione dei grandi della terra è che le conseguenze dell’aggressione russa e la sua trasformazione in armi delle forniture alimentari e delle risorse energetiche hanno colpito molti Paesi vulnerabili, in particolare in Africa: un contesto in cui la guerra della Russia si sta rivelando non solo una guerra contro l’Ucraina, ma contro i più poveri.

Accanto a ciò il G7 distende le sue policies verso transizioni che definisce giuste ed ecologiche, ovvero verso emissioni nette pari a zero come fulcro dello sviluppo sostenibile, e come slancio al perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Green e debito

I progressi verso l’Agenda 2030 vanno inoltre implementati, nella consapevolezza che gli obiettivi di sviluppo sostenibile procedono di pari passo con l’impegno unanime riaffermato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite lo scorso settembre. La tematica green è legata a quella economica, dal momento che ne riflette iniziative e risultati di medio-lungo periodo. Per cui secondo il G7 le vulnerabilità del debito rappresentano una sfida significativa. Da Capri dunque parte un sostegno agli sforzi del G20 per migliorare l’attuazione del quadro comune “in modo prevedibile, tempestivo, ordinato e coordinato, fornendo chiarezza ai partecipanti, riconoscendo l’importanza di soluzioni efficaci e a lungo termine, promuovendo il coordinamento tra i creditori ufficiali bilaterali e privati”.

In questo senso si chiede alle banche multilaterali di sviluppo e alle istituzioni finanziarie per lo sviluppo di continuare a svolgere un ruolo chiave per promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso maggiori finanziamenti, consulenza politica e assistenza tecnica a beneficio dei Paesi in via di sviluppo, in particolare dei Paesi più poveri e fragili in tutto il continente.

In questo senso l’affiancamento da mettere in campo verso i governi africani è imprescindibile, dal momento che si tratta di esecutivi che affrontano una serie di contingenze che conducono al terrorismo, all’estremismo violento e all’instabilità. Sviluppo e democrazia si rafforzano a vicenda e per questa ragione il G7 sottolinea l’importanza di elezioni libere ed eque per soddisfare le esigenze e le aspettative dei cittadini. La preoccupazione numero uno si chiama Wagner, la brigata sostenuta dal Cremlino che impatta in maniera destabilizzante non solo in Nord Africa, ma anche in Africa centrale e nel Sahel.

Qui Libia

Inutile negarlo, anche alla luce della crisi in Medio Oriente resta la Libia il fronte costantemente critico del nordafrica: per questa ragione il G7 si dice pronto a proseguire nel sostegno a Tripoli al fine di provare a chiudere la triste pagina della contrapposizione interna tra fazioni. Il punto di caduta deve essere la stabilizzazione istituzionale del Paese che conduca lontano dallo stallo politico. Il G7 chiede a tutti gli attori politici libici di impegnarsi in un dialogo significativo al fine di rompere l’attuale impasse e di procedere verso una tabella di marcia credibile che conduca a elezioni presidenziali e parlamentari libere: anche la comunità internazionale deve essere al fianco del G7 nel perseguimento di questi obiettivi.

“Prendiamo atto con rammarico del recente annuncio del Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Abdoulaye Bathily, in merito alla sua decisione di dimettersi. Lo ringraziamo per il suo servizio dedicato e rinnoviamo il nostro pieno sostegno alle Nazioni Unite e al ruolo chiave che continuano a svolgere in Libia. Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di nominare senza indugio il suo successore”.

Qui Sahel

Il deterioramento delle condizioni generali nei Sahel è una contingenza su cui non è più possibile fare previsioni: va fermato. Per cui da un lato si registra l’arretramento dei principi dello stato di diritto costituzionale, della democrazia e del buon governo e, dall’altro, la regressione nei quadri di cooperazione regionale. Il frutto di questa tempesta perfetta è in uno scenario politico sempre più precario e imprevedibile, che ovviamente richiede nuovi sforzi da parte di tutti gli attori in causa.

Il G7 inoltre non dimentica la pericolosissima diffusione di minacce e attività terroristiche, che portano a conflitti e causano miseria diffusa e sfollamento della popolazione civile: le violazioni dei diritti umani commesse da più parti, compresi i rappresentanti russi nella regione. Un positivo sviluppo nel Sahel si riverberebbe anche nel Golfo di Guinea e nel Nord Africa, nonché ne flussi migratori irregolari verso il Nord Africa, l’Europa e l’emisfero occidentale.

Nel mentre è da considerare positivo da parte della Mauritania l’aver assunto la presidenza di turno dell’Unione africana, un Paese che ha compiuto interessanti passi in avanti a favore dello stato di diritto, del buon governo, dell’inclusione dei rifugiati e dei valori costituzionali. Di pari passo il G7 si augura che la situazione nel Corno d’Africa migliori, lì dove l’occidente continua a sostenere le persone più colpite dall’insicurezza alimentare, dalla povertà diffusa, dalla violenza armata, dall’impatto degli eventi meteorologici estremi e dagli sfollamenti.

Preoccupazioni e progressi

Una della aree maggiormente critiche è quella in cui agisce il Memorandum d’intesa tra l’Etiopia e la regione somala del Somaliland annunciato nel gennaio 2024, su cui il G7 esprime tutta la propria preoccupazione. In questo senso va letto l’impegno della ministeriale sia per incoraggiare il governo etiope che quello federale della Somalia a mantenere aperti tutti i canali di dialogo per prevenire un’ulteriore escalation, lavorando con i partner regionali, nel quadro dell’Unione Africana e attraverso contatti bilaterali, nel rispetto del diritto internazionale e dei principi di sovranità e integrità territoriale sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite.

Altra crisi attenzionata dal G7 è quella nel Tigray dove le tensioni persistenti in molte aree del paese portano in grembo una serie di violazioni dei diritti umani che si somma alla grave crisi economica e l’aumento dell’insicurezza alimentare.

Alla voce progressi si iscrive di diritto la Somalia, protagonista di una serie di innovazioni nel settore istituzionale, macroeconomico e della sicurezza, anche in chiave di lotta contro Al Shabaab. Appare di tutta evidenza come il processo di trasferimento delle responsabilità di sicurezza alle forze di sicurezza somale deve essere seguito da vicino, soprattutto in vista della fine del mandato della Missione di transizione dell’Unione africana (ATMIS) in Somalia alla fine del 2024. Il G7 accoglie con favore la pianificazione in corso da parte della Somalia e l’Unione Africana per una missione multinazionale che seguirà ATMIS per contribuire a mantenere la stabilità mentre la Somalia continua a sviluppare le sue capacità di sicurezza.

Crisi Sudan

Capitolo a parte merita il Sudan, protagonista da ormai un anno di una fortissima contrapposizione tra due fazioni: quella tra i generali Abdel Fattah Burhan e Mohammed Hamdan Dagalo. Il primo controlla le forze armate sudanesi, mentre il secondo, soprannominato Hemedti, controlla il gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF), mentre i ribelli si sono anche impadroniti di un laboratorio biochimico, con all’interno virus e batteri di varie malattie potenzialmente da usare come armi. L’impatto della crisi è particolarmente deleterio sulle donne e sulle ragazze oggetto di violenze e atrocità, accanto all’ostruzione dell’accesso umanitario da parte delle forze armate sudanesi e delle forze di supporto rapido che sta provocando la fame del popolo sudanese.



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