L’attacco contro Isfahan preoccupa i vertici militari iraniani, soprattutto per le sue modalità operative. Che suggeriscono una vulnerabilità dell’infrastruttura nucleare di Teheran ad azioni esterne. L’analisi di Gianfranco d’Anna
Nel silenzio enigmatico di Israele, a Teheran ayatollah, forze armate e guardiani della rivoluzione si interrogano sulla provenienza dei droni che all’alba hanno lanciato missili da distanza ravvicinata contro la base aerea di Isfahan. La strategia israeliana di non rivendicare l’attacco questa volta non solo spiazza, ma mette in fibrillazione i militari iraniani e il regime islamico, che ancora non sono riusciti a individuare da dove sono arrivati i droni del blitz e temono che possano essere stati lanciati dallo stesso territorio dell’Iran.
Escluso che da Israele possano aver attraversato i cieli di Giordania e Iraq, si sono fatte le ipotesi di basi di partenza in Azerbaigian o da un’imbarcazione nel Mar Rosso. Congetture senza prove e, particolare che allarma ulteriormente gli iraniani, senza tracce radar. Come se si trattasse di droni stealth, cioè invisibili.
“Il raid é stato insieme distruttivo e dimostrativo”, sostiene il quotidiano americano Washington Post. “Si è trattato di un attacco attentamente calibrato con l’obiettivo di dimostrare a Teheran la capacità dello Stato ebraico di colpire i siti militari sul territorio della Repubblica islamica”, ha dichiarato al giornale statunitense un funzionario israeliano del quale non è stata resa nota l’identità. Il Washington Post sottolinea che nella provincia di Isfahan si trova il principale complesso di ricerca nucleare dell’Iran, già bombardato nel gennaio dell’anno scorso dagli israeliani, che anche allora non rivendicarono l’attacco.
I vertici iraniani avrebbero recepito il significato dimostrativo del raid contro la base di Isfahan. Lo dimostrerebbe la dichiarazione di Ahmad Haghtalab, comandante dell’unità del Corpo dei Guardiani della rivoluzione islamica che protegge i siti nucleari, il quale senza che nessuno glielo avesse chiesto ha dichiarato: “L’Iran risponderà allo stesso modo a qualsiasi attacco militare israeliano ai nostri impianti nucleari”. Della serie: non facciamoci del male.
Anche se gli analisti occidentali ritengono che gli ayatollah non dispongano ancora di un ordigno nucleare, é probabile infatti che siano comunque in grado utilizzare una “bomba sporca”. Oppure, ipotesi da incubo che viene tuttavia ritenuta non praticabile, potrebbero avere ottenuto un ordigno tattico da Putin. Come anticipava Albert Einstein, “il problema non è l’energia nucleare, ma il cuore dell’uomo”.