Incrocio di incontri e visite tra Russia, Corea del Nord e Iran. Così i tre Stati canaglia lavorano per condividere tecnologie militare e per aggirare le sanzioni occidentali
Pochi giorni fa, la Corea del Nord ha condotto un test di una testata “super-grande” da utilizzare per i suoi missili da crociera strategici, oltre a un test di lancio di un nuovo missile antiaereo. Tutto fa parte degli sforzi del paese per espandere le proprie capacità militari, che il regime guidato da Kim Jon-un considera come un fattore esistenziale (Kim ha scommesso sulle capacità militari, in primis sull’arma atomica, anche come fattore di legittimazione a livello interno, e non può tornare indietro spiegava la ricercatrice Francesca Frassineti).
I test servono per evolvere i programmi, perché ogni volta restituiscono risultati utili allo sviluppo e al miglioramento dei vari sistemi. Per questo, visto l’importanza che la dimensione ha per il regime, dal punto di vista tecnico devono continuare a ritmo costante. Allo stesso tempo, spostando l’attenzione su un lato più politico (internazionale) rappresentano anche il volto della minaccia che la Corea del Nord continua a esercitare. Tanto che recentemente anche la ministeriale Esteri del G7 l’ha inquadrata tra i dossier specifici di problematica nell’Indo Pacifico (un flashpoint, lo avevamo definito su “Indo Pacific Salad”).
Secondo i media statali nordcoreani, la testata recentemente messa alla prova verrà usata per il missile da crociera strategico Hwasal-1, mentre il vettore anti-aereo lanciato è il Pyoljji-1-2. Armi note, ma su cui non sono definiti i livelli di capacità operativa, affidabilità, efficacia. La Corea del Nord ha condotto un set simile di test il 2 febbraio, ma in quel momento non aveva specificato i nomi del missile da crociera o del missile antiaereo. Il fatto che ora vengano diffusi dalle fonti stampa ufficiali indica che potrebbero essere stati visti dei progressi tecnologici e la propaganda può parlarne.
Chiaramente infatti, alla base del valore affidato alla dimensione militare nella narrazione del regime c’è la sua forza, che rappresenta per traslato quella del leader. I missili da crociera sono una collezione di armi nordcoreane relativamente nuova, che va a completare la vasta gamma di vettori balistici del Nord, inclusi quelli a gittata intercontinentale che possono mirare fino al continente americano. La Corea del Nord potrebbe beneficiare di collaborazioni con la Russia in questo settore; Mosca ne ha interesse, visto che sta già usando armi nordcoreane nell’invasione su larga scala dell’Ucraina. Le evoluzioni nei test potrebbero essere frutto di tali collaborazioni.
E se da un lato c’è il rischio che Mosca aiuti Pyongyang a migliorare le proprie capacità militari, dall’altro è già evidente che qualcosa del genere la stia facendo sul piano diplomatico. Il 28 marzo, la Russia ha posto il veto su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per estendere il mandato del gruppo di esperti incaricati di monitorare le violazioni delle sanzioni della Corea del Nord. Il veto russo ha concluso il mandato del gruppo di esperti, che scadrà il 30 aprile.
Questo sviluppo porterà le Nazioni Unite a diminuire la capacità di contenere un capofila dei cosiddetti “stati canaglia”. Il veto russo dimostra anche come Mosca cerchi di esonerarsi da qualsiasi controllo sulle proprie azioni che violano le sanzioni, inclusi i commerci illeciti con la Corea del Nord. Dopo l’invasione del febbraio 2022, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu è diventato polarizzato in un modo mai visto dalla sua istituzione.
Con un Consiglio di Sicurezza sempre più ostacolato dalla politica delle grandi potenze rivali, gli Stati Uniti e i suoi alleati regionali devono guidare gli sforzi per contenere la stabilità dell’ordine basato sulle regole, che passa anche dalla gestione di un dossier come quello nordcoreano. Pyongyang è emersa come un chiaro vincitore a seguito del veto russo, avendo a lungo accusato il Consiglio di Sicurezza di avere doppi standard rispetto ai suoi test missilistici. E questo non solo allenta tecnicamente le misure attorno al Nord, ma rafforza le capacità operative di un asse che passa anche da Teheran (e Pechino).
Sempre in questi giorni, una delegazione economica nordcoreana di alto livello ha effettuato una rara visita in Iran. Lo scopo del viaggio, il primo in mezzo decennio, rimane avvolto nella segretezza (come molto ciò che riguarda il regno di Kim), ma c’è più di un timore che i due Stati siano concentrati sull’approfondimento dei legami militari e sulla condivisione delle capacità di svicolare dalle sanzioni occidentali (anche con l’aiuto russo e cinese).
Il dipartimento di Stato statunitense ha dichiarato di essere “incredibilmente preoccupato” per la possibile cooperazione in materia di tecnologia missilistica e nucleare tra i due Stati canaglia. Pyongyang possiede infatti quella sofisticata gamma di missili che Teheran brama, tra cui un missile balistico intercontinentale, testato più volte nel 2023, che potrebbe essere immagazzinato in silos sotterranei e il cui know-how potrebbe far comodo a Teheran.
Da non sottovalutare inoltre una coincidenza di agenda: la visita ha avuto luogo mentre il consigliere per la sicurezza nazionale iraniano, Ali Akbar Ahmadian, era in viaggio a San Pietroburgo per incontri con le sue controparti russa e cinese. Ed è noto che il Cremlino, che sta rinvigorendo legami che durano da decenni con il regime dei Kim, negli ultimi anni è stato un interlocutore chiave tra Iran e Corea del Nord. Entrambi sono fornitori di Mosca per l’aggressione in Ucraina, e la Russia ricambia. Da ricordare, inoltre, a proposito della diffusione di armi prodotte dal Nord che l’agenzia di spionaggio della Corea del Sud ha riferito a gennaio che Hamas ha utilizzato armi nordcoreane contro Israele — tra queste le F-7, rocket-propelled granade di origine sovietica e modificate dai nordcoreani, di cui sono dotate anche alcune delle milizie connesse ai Pasdaran.