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Le candidature bandiera in Ue prendono in giro gli elettori. La versione di Petruccioli

Schlein chiede fiducia agli elettori per un incarico che non svolgerà: è un modo, in fondo, per disprezzarli. Le scelte sulle candidature nelle liste sono state sbagliate e schierando Tarquinio si mette in discussione la credibilità del Pd sulla politica estera. Il dibattito sul nome della leader nel simbolo è surreale, ma anche la candidatura della premier Meloni stride. Colloquio con Claudio Petruccioli

Quella del professor Romano Prodi a Elly Schlein è stata una classica bacchettata sulle nocche. Deve essere stata piuttosto vigorosa, perché ciò che è scaturito a seguito delle sue affermazioni sul Corriere della Sera, ha fatto parzialmente correggere il tiro alla segretaria dem. Non su tutto, intendiamoci, ma comunque su un fatto dirimente: il nome sotto il simbolo del partito per la corsa alle europee di giugno. Che, è notizia di queste ore, Schlein ha dichiarato non ci sarà. Sta di fatto che, comunque, la scelta di candidarsi in Europa specificando che, in caso di elezione, rimarrebbe a Roma, ha destato più di un malumore. Peggio: in termini comunicativi “è un’affermazione che trasuda disprezzo per gli elettori: una presa in giro”. A dirlo nella sua conversazione a Formiche.net è Claudio Petruccioli, già presidente Rai ed ex parlamentare.

Petruccioli, in un tweet lei dà ragione al professor Prodi: Schlein ha sbagliato a candidarsi. Dove sta l’errore? 

Questo è il mio personale punto di vista. Ma Schlein sbaglia perché, candidandosi a un ruolo elettivo di così alto prestigio e considerando la portata delle sfide sulle quali l’Europa sarà chiamata a dare risposte e ad assumere le decisioni, specificando che comunque non andrà a Bruxelles, è un modo per prendere in giro gli elettori. Un modo, ribadisco, che lascia intendere una forma di disprezzo verso di loro. Questa decisione, come ha detto giustamente Prodi, scava una fossa tra gli elettori e gli eletti: li si usa in modo improprio.

Lei contesta a Schlein anche altre scelte operate all’interno del partito. Cosa l’ha convinta a dichiarare che non voterà Pd?

Le scelte che sono state fatte per le candidature alle europee sono discutibili a mio giudizio. Una manifestazione, ancora una volta, di disprezzo per la politica. E tra l’altro, candidato ad esempio Tarquinio, il Pd perde di credibilità su questioni dirimenti come la politica estera e segnatamente sul conflitto in Ucraina. Quale sarà la linea del Pd? Quella di Tarquinio o quella di altri candidati che hanno una posizione profondamente distante dalla sua?

Non si doveva candidare Marco Tarquinio?

No, non ho detto questo. Penso che la sua candidatura sia più che legittima: però non doveva essere con il Pd. Tra l’altro lui stesso ha dichiarato di aver avuto altre offerte. L’avrei visto meglio o con il Movimento 5 Stelle o con la lista di Michele Santoro. Il Pd, specie sulla politica estera, deve dare garanzia di coerenza anche rispetto alla famiglia politica cui appartiene: il Pse.

Come legge la candidatura del governatore emiliano-romagnolo, Stefano Bonaccini?

Mi pare una candidatura naturale. Dopo due mandati in Regione, era normale per lui scegliere questa strada. E tra l’altro si tratta di un candidato dal profilo coerente alle linee del partito anche dal punto di vista della politica estera.

Ora è stato chiarito che il nome di Schlein non ci sarà sotto il simbolo. Ma il dibattito che si è creato attorno a questa decisione ha assunto toni – a tratti – surreali. Non trova?

È una cosa del tutto insensata. Ancora una volta mi sento di dar ragione a Prodi e a tanti che – leggendo dai giornali – si sono espressi contro l’inserimento del suo nome nel simbolo. Ma d’altro canto è una questione di coerenza. Schlein sta conducendo una battaglia strenua – giusta o sbagliata che sia – contro il leaderismo che ispira la riforma costituzionale portata avanti da Giorgia Meloni e dalla destra, poi propone una scelta che porta acqua a quel mulino leaderistico. Mi pare una cosa surreale, del tutto incoerente. L’unico risultato che si ottiene facendo così è quello di disorientare gli elettori.

A suo giudizio la candidatura più “stridente” alle europee è quella della premier Giorgia Meloni. Perché?

Per un verso valgono gli stessi motivi di avversione che ho manifestato per la candidatura di Schlein. Con un’aggravante però: essendo lei presidente del Consiglio, utilizza la sua carica istituzionale per un uso improprio. E questo è inaccettabile. Anche per come questa sovrapposizione può condizionare il modo di fare informazione non solo della Tv di Stato, ma degli organi di informazione in generale. Una testata non può omettere, ad esempio, di riportare la notizia di un incontro bilaterale tra Meloni e un leader di un Paese straniero. Questo fatto, tuttavia, essendo lei anche candidata, costituisce una forte leva di propaganda.



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