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Spese militari, cresce l’Europa (ma non l’Italia). I dati Sipri

Le spese militari globali aumentano tra guerre, tensioni crescenti e insicurezza, con i Paesi del Vecchio continente che, in particolare, aumentano i propri fondi raggiungendo, all’interno della Nato, il 28% dell’impegno complessivo alleato, la percentuale più alta da un decennio a questa parte. Unica nota stonata l’Italia, il solo grande Paese Nato a contrarre le proprie spese militari. A certificarlo i dati Sipri

Le spese militari sono cresciute ancora, per il nono anno consecutivo, raggiungendo il record di quasi duemila miliardi e mezzo di dollari. Una crescita di circa sei punti percentuali. A certificarlo i dati riportati dall’autorevole Stockholm international peace research institute (Sipri), l’autorevole think tank svedese che monitora lo stato delle spese militari a livello globale. Inoltre, per la prima volta dal 2009, i budget per la difesa sono cresciuti in tutte le cinque regioni geografiche analizzate dal centro di ricerca, con i numeri più consistenti registrati in Europa, Asia e Oceania e Medio Oriente. Naturalmente, alla base di questa impennata c’è l’attuale stato internazionale, con il moltiplicarsi delle crisi e due conflitti più o meno convenzionali in Ucraina e a Gaza. Di fronte alla fragilità del contesto, le nazioni del globo stanno dando priorità alla propria sicurezza, rafforzando le architetture militari. Il rischio, segnalato anche dal Sipri, è che si possa avviare una spirale di riarmo generale in un contesto geopolitico volatile e insicuro.

Cresce l’Europa (tranne l’Italia)

Tra i dati più interessanti emersi dal report c’è sicuramente la crescita della spesa da parte europea. Sebbene gli Stati Uniti rimangano saldamente in vetta alla classifica, con 916 miliardi di dollari spesi nel 2023 (rappresentando il 37% delle spese militari a livello globale), i Paesi del Vecchio continente hanno aumentato i propri fondi raggiungendo, all’interno della Nato, il 28% dell’impegno complessivo alleato, la percentuale più alta da un decennio a questa parte. Altro segnale positivo è il raggiungimento da parte di undici Paesi Nato della soglia del 2% del Pil da destinare alla difesa, il numero più alto da quando i capi di Stato e di governo stabilirono quest’obiettivo al vertice del Galles nel 2014. In questo quadro, però, bisogna segnalare la nota stonata dell’Italia, unico di tre Paesi Nato a contrarre le proprie spese (-5,9% rispetto al 2022), al netto però del fatto che gli altri due, Grecia e Romania, superano o raggiungono l’obiettivo (stando rispettivamente al 3,7% e all’1,99%).

Kyiv recupera Mosca

A spingere le spese europee c’è naturalmente la preoccupazione dell’invasione russa dell’Ucraina. Entrambi i Paesi in conflitto hanno, naturalmente, visto crescere le proprie spese militari, ma l’Ucraina sta lentamente recuperando il divario con il suo avversario, grazie soprattutto agli aiuti stranieri, statunitensi in primis. Kyiv è stato l’ottavo Paese per spese militari, che hanno rappresentato il 58% del totale delle spese governative. Da solo, il budget ucraino ha coperto circa il 60% di quello russo, e grazie ai 35 miliardi di dollari di aiuto (di cui 25 provenienti da Washington), le spese dell’Ucraina raggiungono l’equivalente del 91% di quelle russe. Al netto del fatto che anche Mosca continua ad aumentare i propri fondi militari. Dall’annessione della Crimea nel 2014, il Cremlino ha visto un aumento del 57%, arrivando a spendere per la propria macchina militare quasi il 6% del proprio Pil.

La corsa di Pechino

Nel quadrante indo-pacifico, il budget militare cinese cresce per il 29simo anno consecutivo, mantenendo saldamente il secondo posto nella classifica totale. Nel 2023 Pechino ha speso circa 269 miliardi di dollari per la difesa, un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. Da solo, il Dragone copre la metà del totale di tutte le spese militari di Asia e Oceania messe insieme. Secondo il Sipri, la maggior parte dei fondi stanziati da Pechino sono diretti ad aumentare la prontezza al combattimento dell’Esercito popolare di liberazione. Una crescita che, come conseguenza, ha fatto aumentare di risposta anche i budget di diversi stati vicini. Il Giappone, in particolare, ha allocato alla Difesa cinquanta miliardi di dollari, un aumento di undici punti percentuali rispetto al 2022. Crescita simile anche per Taiwan, che ha raggiunto i sedici miliardi e mezzo.

Medio Oriente in crisi

Le spese militari stimate in Medio Oriente sono aumentate del 9,0%, raggiungendo i duecento miliardi di dollari nel 2023. Si tratta del più alto tasso di crescita annuale nella regione registrato nell’ultimo decennio. La spesa militare di Israele è stata, senza sorprese, la seconda più grande della regione dopo l’Arabia Saudita, crescendo del 24% e raggiungendo i 27,5 miliardi di dollari nel 2023. L’aumento della spesa è stato, infatti, determinato principalmente dall’offensiva su larga scala di Israele a Gaza in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023. A rendere necessario un aumento di budget c’è anche la preoccupazione che la crisi innescata dalla guerra a Gaza possa allargarsi all’intera regione. La recente offensiva iraniana, con l’attacco su Israele portato avanti con missili (tra balistici e convenzionali) e droni, da la misura della preoccupazione non solo di Tel Aviv, ma anche di diversi Paesi arabi, di una possibile escalation nell’intera regione.



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