In Italia c’è la pervicace e fanciullesca pretesa di protesta contro la Ue per proteggere gli interessi nazionali, senza capire che così, isolandosi, gli interessi nazionali sono travolti. Francesco Sisci racconta gli effetti dell’astensione dei partiti italiani al Patto di stabilità votato al parlamento europeo
L’astensione bipartisan dei partiti italiani al patto di stabilità votato al parlamento europeo il 23 aprile ha due effetti.
Il primo rompe l’illusione dell’unità di linea politica pan europea dei partiti (che siano di destra o di sinistra) e riafferma l’antico principio che gli interessi nazionali prevalgono su quelli di schieramento ideale. Del resto, anche i movimenti internazionalisti della modernità l’espansionismo napoleonico o quello sovietico dietro il primo superficiale entusiasmo globalista rivelarono presto la difesa dei tornaconti di Francia o Russia.
Il secondo rafforza e sottolinea il nuovo asse di governo europeo, (non sulla base dei partiti), ma delle spinte degli stati. Il nuovo asse si incardina su Francia-Germania-Polonia con una gamba in più nella Spagna. L’Italia, di destra o sinistra, viene gradualmente ma inesorabilmente messa fuori da giochi. Nel nuovo asse c’è una ricerca di allineamento degli interessi nazionali in un quadro ampio ed europeo.
In Italia c’è la pervicace e fanciullesca pretesa di protesta contro la Ue per proteggere gli interessi nazionali, senza capire che così, isolandosi, gli interessi nazionali sono travolti. Il Regno di Napoli, ben più grande di quello dei Savoia venne mangiato dai Savoiardi, perché l’uno si isolò in Europa, gli altri si fecero amici potenti. Le dimensioni, e i nomi stessi, avrebbero dovuto spingere al contrario – sono i savoiardi che si dovrebbero mangiare.
Ciò è per un motivo semplice che, immodestamente, ripetiamo da un paio di anni (vedi articoli su Formiche.net). Le intese europee vanno cercate e trovate a livello di governi non di partiti, perché qualunque partito poi al governo farà quello che è bene per il suo Paese, non quello che aveva gridato alla campagna elettorale.
Il fatto che destra o sinistra in Italia non vedano l’interesse nazionale dell’Italia, non lo capiscano, al di là del nazionalismo o antinazionalismo di facciata, prova lo spappolamento del pensiero del Paese.
L’isolamento dell’Italia nell’Unione europea e la concentrazione invece del dibattito romano sulla riforma del premierato e dell’autonomia differenziata, accentuano questo distacco. Il fatto che destra o sinistra su ciò si confrontino a muso duro senza vedere che in teoria ci sarebbe uno spazio di discussione, come spiega Stefano Folli, dimostra ancora di più un’astrattezza del dibattito.
Tale astrattezza è comprovata dall’ultimo risultato delle elezioni regionali in Basilicata in cui il 68% dei Lucani ha votato con i piedi (non recandosi alle urne) contro l’attuale offerta dei partiti. Il Presidente Sergio Mattarella ha già lanciato un allarme di cercare la partecipazione dei votanti, ma evidentemente il suo appello è rimasto inascoltato.
Nei fatti quindi il dibattito reale non è premierato sì o no, ma chi è con Mattarella e chi contro. A conti fatti il partito di Mattarella avrebbe oggi la maggioranza assoluta. Su questo anche governo e opposizione forse dovrebbero riflettere per evitare di spingere Roma sul percorso che fu di Napoli.
Dietro questo scenario ci sono conti concreti, anche se di bottega. Dopo le elezioni europee è probabile una procedura europea contro l’Italia per i suoi conti ormai fuori controllo. Tanti Paesi europei hanno svirgolato dopo il Covid, ma nessuno è uscito fuori dalle righe in termini percentuali e assoluti come Roma. L’Europa non ce la fa più a saldare i buffi italiani, quindi, chiederebbe di pagare almeno una parte del dovuto.
Di fronte a questa possibilità la Lega di Matteo Salvini e il M5S di Giuseppe Conte pare si stiano preparando a una campagna contro la Ue accusandola di ogni nefandezza e sulla cresta della protesta spingerebbero per limitare gli aiuti all’Ucraina come richiesto da Nato e soprattutto da Germania, Polonia e Francia. Cioè l’emozione antieuropea nasconderebbe, più o meno consciamente, un’agenda filorussa.
Per non essere schiacciati, FdI di Giorgia Meloni e il PD di Elly Schlein avrebbero scelto di unirsi ieri al fronte “anti europeo di facciata”.
Forse la scelta ha un suo senso, ma rimane l’isolamento dell’Italia. Inoltre, già da oggi Roma non ha margini politici sostanziali sui due dossier più importanti, economia e politica estera.
Rimane solo il baccano possibile quanto controproducente delle piazze, le polemiche più o meno culturali sul sesso degli uomini o degli angeli. Da qui ci vorrebbe sì un colpo d’ala angelico.