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Pil e deficit, gioie e dolori per l’Italia secondo l’Ocse

​Nel suo outlook di primavera Parigi conferma il ritmo della crescita italiana e la discesa dell’inflazione. Ma sul debito ci sarà molto da lavorare se si vuole mettere in sicurezza la prossima manovra e smaltire il più in fretta possibile le scorie del Superbonus

C’è una buona notizia e una non troppo bella nell’ultimo outlook dell’Ocse. Partendo dalla prima, da Parigi hanno nuovamente confermato le previsioni di crescita economica dell’Italia: più 0,7% del Pil quest’anno e più 1,2% il prossimo. Dati, ed ecco la buona notizia, in linea con le stime indicate lo scorso 5 febbraio e che consentono all’esecutivo, ormai prossimo a gettare le fondamenta della prossima manovra ora che il Documento di economia e finanza è stato approvato, di guardare con un po’ più di serenità alla messa in cantiere delle misure che Palazzo Chigi vuole portare a tutti i costi a casa, a cominciare dal rifinanziamento del taglio al cuneo.

Tornando alle stime dell’Ocse, positive anche le attese sull’inflazione, stimata in drastico ridimensionamento quest’anno all’1,1%, dopo il 5,9% del 2023, e poi al 2% nel 2025, e sul mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione è previsto in continuo calo al 7,4% quest’anno, dal 7,6% del 2023, e poi al 7,3% nel 2025. Fin qui le gioie. Ma nel documento dell’Organizzazione parigina c’è anche un cono d’ombra, che risponde al nome di conti pubblici. Secondo l’Ocse, infatti, l’incidenza del debito dell’Italia tornerà ad aumentare quest’anno al 139,1% del Pil, dopo il calo al 137,1% del 2023, e poi ulteriormente al 140% del Pil nel 2025. Secondo i calcoli del governo, Def alla mano, lo Stivale dovrebbe ridurre il rapporto tra deficit bilancio e Pil al 4,4% quest’anno, dal 7,4% del 2023, e poi al 3,8% il prossimo, restando così al di sopra della soglia del 3% prevista dal Patto di stabilità e di crescita dell’Ue.

Attenzione, la partita è di quelle delicate. Premesso che, come sostiene tra gli altri lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il Superbonus è stato sì disinnescato ma per smaltire le sue scorie bisognerà attendere mesi, se non anni. E nel mentre, l’Italia dovrà cominciare ad abbassare la traiettoria del debito, tagliandolo dello 0,1% annuo, così come previsto dal Patto di stabilità appena approvato dal Parlamento Ue e al contempo trovare le risorse per finanziare la manovra 2025.

Forse allora non è davvero un caso che l’Ocse suggerisca a Roma di intervenire in maniera risoluta contro l’evasione fiscale, di limitare la crescita della spesa sulle pensioni e di effettuare ambiziose revisioni alla spesa pubblica generale. Insomma, di reperire nuove risorse per compensare la maggior spesa derivante proprio dal rimborso dei crediti di imposta maturati da aziende e famiglie verso lo Stato, sull’onda del Superbonus.

Nel paragrafo sui conti pubblici, l’ente parigino rileva infatti che il deficit di bilancio si ridurrà rispetto al Pil, ma restando però al di sopra della soglia del 3% fino al 2025, mentre il livello di debito-Pil è elevato con “pressioni sulla spesa derivanti dalle necessità di investimento e dai costi legati all’invecchiamento. Sarà necessario per diversi anni un consistente aggiustamento dei conti pubblici per intervenire sulle future pressioni sulla spesa, mentre al tempo stesso bisognerà mettere l’incidenza del debito su un percorso più prudente e per allinearsi alle nuove regole” del Patto.

Una mano arriverà certamente dal Pnrr, che il ministro per gli Affari Europei, Raffaele Fitto, sta mettendo a terra. Più investimenti, infatti, vuol dire più crescita e dunque la possibilità di ammorbidire l’atterraggio del deficit. In tal senso “la revisione del Pnrr (l’Italia è stata tra le prime a incassare il sì al restyling del Pnrr, ndr), approvata dalle istituzioni europee nel 2023 potrebbe aiutare nel rafforzare l’attuazione anche focalizzandosi su progetti la cui attuazione per il 2026 resta fattibile. La priorità dovrebbe ora essere per il rafforzamento delle capacità di attuazione della pubblica amministrazione, specialmente a livello regionale e comunale”.



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