“Puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese – ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network – Ancora di più in un Paese povero di materie prime e soprattutto, nel contesto attuale, caratterizzato da una bassa crescita”. Ecco tutti i numeri del “Rapporto sull’economia circolare in Italia”, realizzato dal Circular Economy Network e da Enea e presentato oggi a Roma
L’Italia è ancora al primo posto in Europa per le performance dell’economia circolare rispetto alle cinque maggiori economie dell’Unione Europea: Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia. Parametri calcolati usando i nuovi indicatori della Commissione Europea: produzione e consumi; gestione dei rifiuti; materie prime seconde; competitività e innovazione; sostenibilità ecologica e resilienza. Un risultato che deriva al nostro Paese soprattutto nella gestione dei rifiuti. È quanto emerge dal ”Rapporto sull’economia circolare in Italia”, realizzato dal Circular Economy Network e da Enea e presentato oggi a Roma.
L’economia circolare è il superamento del concetto “estrarre, produrre, consumare, gettare” tipico del tradizionale modello economico lineare, che impegna grandi quantità di materiali e di energia facilmente reperibili e a basso prezzo. Il nuovo paradigma, invece, recita “estrai, produci, consuma e riproduci”. Si estende, così, il ciclo di vita dei prodotti e si contribuisce alla riduzione dei rifiuti. Una volta che un bene ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vengono reintrodotti nel ciclo produttivo attraverso il riciclo generando ulteriore valore.
L’economia circolare è il pilastro fondamentale della green economy perché sostituisce al concetto di rifiuto quello di risorsa, riducendo il consumo di materie prime e aumentando l’efficienza nell’uso di materiali verso la massimizzazione dei riutilizzo e del riciclo. I vantaggi per le imprese sonio legati alla riduzione dei rifiuti prodotti e al risparmio sui costi di produzione e gestione dei rifiuti. Costituisce un grande valore strategico non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello della competitività economica.
Dal 1970 al 2023 la popolazione mondiale è raddoppiata, da 4 a 8 miliardi e il consumo di materiali è aumentato di tre volte e mezza, da 30 a 106 miliardi di tonnellate, da 7 tonnellate e mezzo a oltre 13 tonnellate per abitante. L’estrazione e la trasformazione dei materiali sono responsabili del 50% delle emissioni totali di gas serra e di oltre il 90% della perdita di biodiversità. Con il trend attuale l’estrazione mondiale di materiali aumenterebbe di un altro 60% entro il 2060.
Nell’Unione Europea si producono ogni anno 2,2 miliardi di tonnellate di rifiuti. Per promuovere la transizione verso un’economia circolare, la Commissione, nel 2020, all’interno del Green Deal, ha proposto il piano d’azione per una nuova economia circolare, nuove iniziative che interessano l’intero ciclo di vita dei prodotti al fine di modernizzare e trasformare la nostra economia tutelando nel contempo l’ambiente. “Il piano si regge sull’ambizione di creare prodotti sostenibili che durino e consentire ai cittadini di partecipare pienamente all’economia circolare e di trarre beneficio dai cambiamenti positivi che ne derivano”.
Il tasso di riciclo dei rifiuti urbani dell’Italia, nel 2022, ha superato il 49% dell’immesso al consumo, in media con quello europeo. Siamo invece ultra performanti in quello degli imballaggi. Secondo le ultime previsioni del Conai nel 2024 il riciclo degli imballaggi dovrebbe sfiorare il 75%, 14 milioni circa di tonnellate, cinque punti in più di quanto chiesto dall’Europa entro il 2030. Primi anche nel riciclo dei RAEE, i rifiuti elettrici ed elettronici, con oltre l’87% (media europea 81,3%).
Gli investimenti nelle attività di economia circolare nell’Europa a 27 sono stati, nel 2021, di oltre i 121 miliardi di euro. L’Italia, con 12 miliardi e mezzo, è al terzo posto, dietro Germania e Francia. Un valore aggiunto di 300 miliardi di euro; in Italia è stato di oltre 43 miliardi. Un’economia che crea lavoro. Nel 2021 in Europa gli occupati nel settore erano 4 milioni 300 mila, in Italia 613 mila, secondi solo alla Germania che conta 785 mila lavoratori.
“Puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese – ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network – Ancora di più in un Paese povero di materie prime e soprattutto, nel contesto attuale, caratterizzato da una bassa crescita. L’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni; e, a fine uso, potenziando e migliorando la qualità dei riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde”.
Tra i focus del rapporto quello relativo alle piccole e medie imprese, con un’indagine realizzata insieme a Cna su 800 piccoli imprenditori: il 65% degli intervistati dichiarano di mettere in atto pratiche di economia circolare; il 10% ha intenzione di farlo nel prossimo futuro. Gli interventi green riguardano l’uso di materiali riciclati (68%), la riduzione degli imballaggi (64%), gli interventi per la durabilità e la riparabilità del prodotto (53%). L’indagine conferma che le piccole imprese possono svolgere un ruolo di primo piano nella transizione verso l’economia circolare, ma è necessario che le politiche pubbliche siano maggiormente orientate in questa direzione.
Nel 2023 la Commissione Europea ha identificato 34 “materie prime critiche” cruciali per la nostra economia. Ne sono state classificate 17 come strategiche: il rame è una di queste. Il problema è che l’Europa ha solo il 3% delle riserve globali: La maggiore concentrazione di riserve si trova in Cile (31%), Perù (11%) e Congo (9%). Di qui l’uso del “rame secondario” da riciclo che va ulteriormente aumentato. Stesso discorso per un’altra categorie di materie prime critiche, le “terre rare”, strategiche per le rinnovabili, la mobilità elettrica e l’elettronica. L’85% dipendono dalla Cina. Le attività economiche che impiegano le terre rare costituiscono l’11,4% del fatturato dell’intero manufatturiero italiano. Rendersi indipendenti dalle importazioni attraverso l’economia circolare diventa quindi una necessità per il futuro.
“L’economia circolare è l’unica economia che il Pianeta potrà permettersi – ha detto in un videomessaggio il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin – Dai dati del rapporto emerge che il nostro Paese si colloca sul podio per molti indicatori di circolarità. Un paese povero di materie prime come il nostro deve puntare sulla circolarità per migliorare la propria produttività. Per accelerare la ripresa la circolarità riveste un ruolo strategico, per renderci meni dipendenti da Paesi terzi fornitori di materie prime”.