Alla Farnesina il primo tavolo sulle conseguenze per la Penisola dagli attacchi alle navi cargo nello specchio di mare che va da Suez al Golfo, che può costare un risveglio dell’inflazione. L’imperativo è garantire la sicurezza delle imprese e del made in Italy
Può uno specchio di mare esteso poco più di 400 mila chilometri quadrati tenere sotto scacco un buon pezzo di economia mondiale? Sì, se attraverso il suo collo di bottiglia, alias Canale di Suez, transita il 12% del commercio mondiale. A sette mesi, era il 19 ottobre del 2023, dall’inizio degli attacchi nello stretto di Bab-el-Mandeb da parte dei ribelli Houthi alle navi container, effetto collaterale indesiderato della guerra in Medio Oriente, i prezzi delle materie prime sono ancora profondamente influenzati dalla sicurezza di quella porzione di pianeta.
Per l’Italia il problema c’è, anche se Bankitalia ha più volte minimizzato gli effetti delle tensioni sull’economia italiana. Ma in un mondo iperconnesso e globalizzato, una crisi di questa portata può rappresentare un freno alla crescita, anche con un impatto eterogeneo tra i vari Paesi coinvolti. Eppure, secondo alcuni economisti, su scala europea una strozzatura sui cargo e porta container come quella attuale, potrebbe aumentare l’inflazione di qui a 12 mesi di più dell’1% e quella core (esclusi energia e alimenti) dello 0,7%.
L’Italia, che partecipa con le sue unità navali alla missione Aspides, è un grande esportatore ma anche un Paese non troppo ricco di materie prime, non può permettersi un aggravamento delle tensioni nel Mar Rosso, sia sul versante dell’import, sia su quello dell’export, visto che buona parte del made in Italy tanto apprezzato dai ricchi Paesi d’Oriente transita proprio per Suez. Lo scorso gennaio il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, aveva prospettato l’ipotesi di provvedimenti ad hoc da parte del governo, proprio per scongiurare effetti nefasti sui prezzi. Non bisognerebbe poi nemmeno dimenticare che un’inflazione più elevata o comunque frenata nella sua traiettoria discendente, potrebbe compromettere i piani della Banca centrale europea per una prima sforbiciata ai tassi nella zona euro, la prossima estate.
Per questo, alla Farnesina, lo stesso Urso, insieme al responsabile degli Esteri, Antonio Tajani, ha presieduto la prima riunione del Tavolo sulle conseguenze della crisi nel Mar Rosso per l’economia italiana, alla presenza dei rappresentanti delle associazioni di categoria e le imprese del settore. “Siamo tutti consapevoli che, in un mondo globale, le conseguenze sulle nostre imprese di quanto accade in Medio Oriente, Ucraina e Mar Rosso, sono la nostra priorità. Oggi la sicurezza economica è in cima alla lista non solo dell’Italia, ma anche dell’Europa. E parlo, soprattutto, di approvvigionamento, non solo per l’Italia”, ha chiarito Urso.
Prima dell’attuale crisi nel Mar Rosso, i flussi commerciali dell’Italia attraverso il Canale di Suez erano pari a circa 148 miliardi di euro, ovvero il 42,7% del commercio estero via mare del Paese e l’11,9% del totale del nostro commercio estero. Dalla Farnesina hanno chiarito come “il governo è al lavoro per scongiurare il rischio che le conseguenze della crisi divengano strutturali e per salvaguardare la centralità del nostro Paese nelle rotte logistiche globali, confermando il nostro ruolo di piattaforma logistica dell’Europa al centro del Mediterraneo. Ciò anche con un’azione di sensibilizzazione dei nostri partner internazionali, in particolare attraverso la presidenza italiana del G7. In proposito, la riunione di luglio dei ministri del Commercio del G7 a Reggio Calabria, che sarà presieduta dal ministro Tajani, servirà a dare una specifica attenzione politica proprio agli effetti della crisi del Mar Rosso”.
Il titolare del Mimit ha poi spiegato nel dettaglio l’azione del governo. “La sicurezza economica è sempre più l’asset su cui dovrà muoversi la nostra Italia e la nostra Europa, in un contesto globale in cui insistono vari fattori di rischio come conseguenza del conflitto nel Medio Oriente. I valori economici legati alla crisi nel Mar Rosso sono elevatissimi: basti considerare che la rotta marittima attraverso il Canale di Suez è cruciale per le esportazioni del Made in Italy, in particolar modo per i prodotti agroalimentari e per i nostri settori della moda, dell’arredamento, delle macchine e dei macchinari”.
“Ulteriore preoccupazione riguarda il rischio di una diversione del traffico dall’Asia all’Europa, a scapito del sistema portuale italiano e dell’economia ad esso collegata. Questo tavolo, che proseguirà nei prossimi mesi, è un ottimo esempio della collaborazione tra amministrazioni ed imprese: consentirà di affrontare il tema della sicurezza economica congiuntamente a quello della sicurezza regionale, anticipando scenari potenziali ed elaborando proposte da presentare al governo, all’Unione Europea e ai Paesi chiave della regione”.