Le sfide per le imprese di domani passano dai principi sanciti dalla Dottrina Sociale della Chiesa. La persona umana deve essere sempre al centro di ogni ragionamento, anche produttivo, e i diritti sociali rappresentare un cardine sul quale impostare la propria azienda. Gli interventi del segretario di Stato Vaticano e del vicepremier ieri all’ambasciata Italiana in Santa Sede all’evento organizzato da Ucid
Responsabilità e incontro. L’uomo come motore dell’impresa al servizio del bene comune universale. Il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin cadenza le parole. Le soppesa e le dispensa alternando lo sguardo tra il leggio e la platea. Parla davanti ai giovani imprenditori convocati per il Rome Summit promosso da Ucid all’Ambasciata Italiana in Santa Sede.
Dopo i saluti dell’ambasciatore italiano in Santa Sede, Francesco De Nitto e il video messaggio del presidente della Camera, Lorenzo Fontana, il prelato incalza la comunità dei rappresentanti delle categorie economiche proponendo un modello di impresa fortemente ancorato alla Dottrina Sociale della Chiesa.
La via maestra, dunque, è quella che “pone al centro la persona umana in nome della libertà morale che si traduce nell’impegno per il perseguimento del bene comune”. Le imprese devono sempre di più “riconoscere i diritti umani come valore assoluto e la trascendenza della persona: occorre essere sempre rispettosi della vita, in qualsiasi momento”.
Il diritto di iniziativa economica “consente all’uomo di esprimere la propria soggettività e la creatività, che non potrà mai essere sostituita dall’intelligenza artificiale, risponde alle diverse esigenze che si manifestano nella società”. Di qui l’importanza della “responsabilità sociale d’impresa”. Una realtà già piuttosto consolidata che tuttavia deve essere rafforzata senza mai lasciare al posto all’oblio della “responsabilità e dell’incontro” affinché davvero gli imprenditori siano sempre di più “costruttori di futuro”.
Le parole di Parolin innervano tutti gli interventi successivi di un appuntamento che Benedetto Delle Site, presidente nazionale movimento giovani Ucid, definisce come “servizio”. Il suo è un excursus che mette a fuoco alcune questioni che, ora più che mai, stanno gravando pesantemente sulla sostenibilità del sistema produttivo: dal calo dell’imprenditorialità tra gli under 35, passando per le politiche sulla sostenibilità, finendo con il crollo delle nascite.
Proprio l’inverno demografico è il tema cardine dell’intervento del vicepremier e ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani.
Prima di lui, una lunga carrellata di contributi dai “veri” protagonisti della giornata: Riccardo Di Stefano, presidente giovani imprenditori Confindustria, Angelica Donati, presidente giovani imprenditori Ance, Davide Peli, presidente giovani imprenditori Confartigianato, Andrea Sangiorgi, presidente giovani imprenditori Confcooperative, Antonio Ieraci, presidente giovani di Federmanager, Enrico Parisi, delegato nazionale Coldiretti giovani impresa, Giovanni Gioia, presidente giovani Confagricoltura-Anga ed Eustachio Papapietro, presidente giovani imprenditori di Confapi.
Tajani sceglie di partire dal binomio famiglia-impresa. “La crisi demografica che sta colpendo tutto l’Occidente – spiega – ha cause e conseguenze di diverso tipo. Tra queste, alcune anche di carattere economico. Se le famiglie sono meno numerose, significa che consumano meno e che c’è meno lavoro. Dunque, meno libertà”.
Sì, perché Tajani – nel solco della lunga tradizione forzista – accosta il valore dell’impresa a quello della libertà. Un risultato che “non si raggiunge tramite il reddito di cittadinanza, ma con il lavoro nel nome del bene collettivo”. Ed ecco perché il mercato “deve avere delle regole” e il mondo del lavoro deve “rappresentare un’opportunità per le donne, che non si devono trovare dinnanzi alla scelta tra essere madri o lavoratrici”.
Non poteva mancare, tra i vari temi lambiti, anche quello della transizione e del rispetto dell’ambiente. Qui il vicepremier, con un piglio molto politico, affonda la stilettata. “Una politica ambientale sensata – scandisce – pone comunque sempre l’uomo al centro. Non si può avere un approccio fideistico e ideologico a questi temi, come quello che hanno avuto Greta o il suo sacerdote Timmermans. La terza via è quella del pragmatismo: libera impresa, cura dell’ambiente. Il tutto, a misura d’uomo”.