A Confindustria la lunga giornata del B7, il summit di manager, industriali e banchieri, per confrontarsi con la politica e preparare un’agenda da sottoporre ai grandi della Terra che si riuniranno a Borgo Egnazia tra meno di un mese. Cina, nuove tecnologie, investimenti e questione africana i temi su cui non è più possibile tentennare
Manca ancora poco meno di un mese al G7 di Puglia, ma imprenditori e manager hanno già bene in mente l’agenda da portare all’attenzione dei grandi della Terra, che dal 15 al 19 giugno di riuniranno a Borgo Egnazia. Dopo il summit veronese dei ministri dell’Industria e a cinque giorni dal vertice dei ministri dell’Economia di Stresa, presso l’Auditorium della Tecnica di Confindustria si è tenuto il B7, il forum delle aziende, motore di una crescita che dovrà dimostrarsi a prova di conflitti, Medio Oriente e Ucraina su tutti, di Cina e di strozzature commerciali, si veda alla voce Mar Rosso. E, perché no, anche di Intelligenza Artificiale.
LA GIORNATA DI OGGI
Ad affollare i saloni e la platea di Viale dell’Astronomia, c’erano manager, industriali, banchieri e un pezzo di politica italiana, nelle persone di Antonio Tajani, ministro degli Esteri e Adolfo Urso, responsabile per le Imprese e il made in Italy, Marina Calderone, titolare del Lavoro e Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente. Insieme a loro, tra gli altri, Claudio Descalzi, ceo di Eni, Dario Scannapieco, ad di Cassa depositi e prestiti, Roberto Cingolani, ceo di Leonardo, Marco Hannappel, numero uno di Philip Morris Italy, Pierluigi Folgiero, ad di Fincantieri, Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo di Pirelli e Gian Maria Gros Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo.
Il senso della giornata in Confindustria è stato dato da Emma Marcegaglia, presidente del B7. “Ci vuole molta cooperazione tra imprese e politica perché quando si parla di grandi cambiamenti, d’Intelligenza Artificiale, di transizione, non può essere la politica la sola a decidere, ma serve sentire anche cosa stanno facendo le imprese, quali sono le innovazioni e gli investimenti delle imprese. Quindi chiederemo anche un grande patto, una cooperazione tra imprese e politica”. Di qui, un taccuino da consegnare direttamente nelle mani del premier Giorgia Meloni, padrona di casa nell’appuntamento pugliese.
“A nome del B7 e con i suoi rappresentanti di alto livello”, ha dunque chiarito l’ex presidente dell’Eni, “trasmetterò le nostre raccomandazioni politiche al primo ministro italiano in vista del vertice dei capi di Stato e di governo del G7 di metà giugno. L’Italia è un indiscutibile partner atlantico aperto e attento ad altre regioni e Paesi, e fornirà al G7 una forte leadership e una visione autorevole verso partner strategici come l’Africa. Ricordiamoci che il B7 italiano è guidato dalla seconda potenza manifatturiera europea e dimostrerà la capacità delle nostre industrie di essere resilienti pur mantenendosi aperte ad altri”.
IL G7 DINNANZI ALLA QUESTIONE CINESE
Il vicepremier Tajani non ha mancato di dare la cifra dei lavori, mettendo sul tavolo il problema Cina. L’Occidente, è stato il messaggio del leader di Forza Italia, non dovrebbe mai dimenticare che senza una Cina in buona salute e rispettosa delle regole commerciali, la crescita globale è a rischio. “Nell’ambito degli sforzi per la stabilità della regione dell’Indopacifico e in generale delle altre crisi mondiali dobbiamo parlare anche con la Cina, che è una controparte ma anche un concorrente: la posizione nei confronti di Pechino è quella di un’unica Cina ma nello stesso tempo difendere lo status quo in questa regione, quindi proteggere le Filippine, proteggere la parte sud della regione. L’Italia ha deciso di ritirarsi dalla Via della Seta ma vogliamo parlare con la Cina sul commercio e dobbiamo lavorare per la pace perché la Cina è cruciale per fermare la Russia”.
Il titolare della Farnesina ha poi affrontato l’altro tema, per certi versi ancora più urgente: la strozzatura nel Mar Rosso. E anche qui la linea italiana è chiara. “Per L’Italia e in Paesi del G7 è importante risolvere la situazione di difficoltà nei trasporti nell’area del Mar Rosso, perchè si tratta di uno snodo commerciale cruciale per le esportazioni e i rapporti con l’area indo-pacifica. Stiamo vivendo un momento difficile a Suez, siamo impegnati con la nostra marina militare e quella di altri paesi europei per proteggere le nostre navi. Le esportazioni sono molto importanti ed è importante lavorare in questa regione e nell’indo-pacifico. La sicurezza in queste aree è importante per le esportazioni verso l’India e l’Estremo Oriente”.
Di Cina, per tornare un momento al Dragone, ha parlato anche Elisabetta Belloni, coordinatrice del G7 nell’anno della presidenza italiana e dal 2021 direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. La linea è quella della Farnesina, collaborazione e attenzione. “Una delle principali sfide è la posizione della Cina. I leader del G7 parleranno delle sfide del sistema internazionale basato sulle regole e la Cina è una delle principali sfide strategiche. Nessuno sta considerando una strategia di decoupling il nostro approccio si basa sull’ipotesi che dovremmo collaborare con la Cina per affrontare sfide globali, come i cambiamenti climatici, ma allo stesso affrontare l’assertività della Cina cercando un maggiore equilibrio nei rapporti commerciali con Pechino garantendo la nostra sicurezza economica e non solo”.
IL SECOLO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
L’altro caposaldo del B7, che sarà anche uno dei punti caldi dell’agenda che gli imprenditori e i manager consegneranno nella mani di Giorgia Meloni, è l’Intelligenza Artificiale. Qui la linea l’hanno data Cingolani e ancora la stessa Belloni. Per il primo, “tutti parlano di Intelligenza Artificiale come se fosse un’entità metafisica. L’IA è una parola, un’infrastruttura che ha bisogno d’investimenti: il G7 dovrebbe considerare l’IA come una sfida globale e non come un sfida dei singoli Paesi. Per la sicurezza dello spazio è una grande sfida e nessun Paese dovrebbe portare avanti una politica spaziale da solo”. Secondo Cingolani il “G7 dovrebbe fare qualcosa a livello globale perché è un interesse di tutti e dobbiamo investire in maniera coordinata”.
Giocando di sponda, Belloni ha sottolineato la necessità di “definire un codice di condotta: riconoscere i progressi ottenuti con l’Intelligenza Artificiale ma anche trovare soluzioni ai rischi insiti nella applicazione dell’IA. Quello che cercheremo di fare in termini concreti é un piano di azione per le politiche e i quadri normativi per l’IA nel mercato del lavoro, c’é una convergenza nel G7 sulla necessità di investire su miglioramento delle competenze e sull’aggiornamento professionale”.
Una cosa è certa, l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, piaccia o no, avrà un costo in termini di lavoro. Di questo è convinta il ministro Calderone. “L’impatto dell’Intelligenza artificiale sul mondo del lavoro non sarà neutrale e ne siamo tutti consapevoli e noi politici siamo responsabili nella fase transizione. Occorre lavorare insieme alle imprese per un sistema che sia equo e mantenga l’uomo al centro”. Questo, ha però chiarito il ministro Urso, nella consapevolezza che “l’Intelligenza Artificiale è un pilastro strategico della sovranità industriale dei Paesi del G7, la cui crescita in termini economici e nel livello di competitività è strettamente legato alle cosiddette tecnologie di frontiera”.
TRA AFRICA E INVESTIMENTI
A plasmare i lavori del B7 ha poi concorso un altro dossier, anzi due: gli investimenti e il ruolo dell’Africa. Sui primi si sono cimentati sia Descalzi, sia Scannapieco. Per il primo, “l’ Europa, nell’ambito del G7, qualche problema ce l’ha per attirare gli investimenti rispetto agli Stati Uniti e per l’Europa ci sono delle questioni da affrontare per attirare gli investimenti. Non possiamo evitare di guardare al mercato e dobbiamo trovare una modalità per attirare investimenti e investitori. Quando guardiamo agli investitori dobbiamo immaginare il futuro nonostante ci siano tanti vincoli e tante problematiche i governi devono svolgere il loro ruolo decidendo e, soprattutto, investendo le giuste risorse”, ha chiarito il numero uno del Cane a sei zampe.
D’altronde, per dirla con le parole di Scannapieco, “la nostra economia si è rivelata resiliente. Abbiamo un’economia più frammentata ma stiamo riforgiando l’economia mondiale e il G7 deve svolgere un ruolo importante nel definire gli elementi fondamentali delle nostre economie. Noi siamo una banca di sviluppo che promuove gli investimenti e l’Ue è un operatore fondamentale in Africa anche se non vediamo spesso la bandiera Ue sventolare in quel paese come succede per gli altri Paesi. Quello che cerchiamo di fare non è solo guardare il rendimento finanziario, ma anche l’impatto economico e sociale. Stiamo coordinando il lavoro tra noi. Stiamo cercando di portare avanti il dialogo con la controparte africana per fare di più, lavorando alla pari, principio alla base del Piano Mattei. Abbiamo potenziale e risorse: dobbiamo coordinarci”.
Quanto all’Africa, versante su cui l’Italia con il piano Mattei è in prima linea, è stato ancora Tajani a indicare la rotta italiana e dunque del G7 di giugno. “L’Africa è il futuro, non solo dobbiamo dialogare con questi paesi ma farlo bene anche alla luce dell’importanza dell’Africa per le materie prime. Per questo servono joint venture tra imprese del G7 e africane su questi campi. L’Africa è importante per le materie prime, come l’America del Sud: pensiamo al litio che è importantissimo per la competitività della nostra industria. Nei paesi del G7 non abbiamo tantissime materie prime ma dobbiamo firmare accordi che vadano bene per tutti”.
In questo quadro, ha sottolineato il ministro, “il rapporto con Africa e G7 è cruciale spiegando che il G7 è una opportunità per i Paesi africani e le nostre imprese sono fondamentali per la politica estera. Credo nella diplomazia della crescita: crescita e industria sono cruciali se vogliamo essere più presenti nel mondo. E non possiamo lasciare tutto nelle mani dei cinesi”. Ma Descalzi, ha avvertito, il Continente africano va prima di tutto aiutato. “In Africa ci sono 54 diversi Paesi con diversi culture e lingue e non possiamo guardare all’Africa come un’unica entità prima di parlare dell’Africa dobbiamo conoscere l’Africa e prima di pensare ad uno scambio alla pari dobbiamo dare quello che abbiamo preso per cento anni. Tutti gli altri Paesi avanzati producono il 75% delle emissioni, siamo noi che dobbiamo ridurle, non possiamo imporre il nostro modello all’Africa, dobbiamo aiutarla a usare le rinnovabili, a decarbonizzare, ma l’Africa deve fare anche di tutto per migliorare la sua situazione”.
IL G7 VISTO DALLE BANCHE
Naturalmente non poteva mancare il punto di vista dei banchieri. Tra questi, il presidente della prima banca italiana, Intesa Sanpaolo, Gros-Pietro. “Riteniamo che le banche abbiano la responsabilità di accelerare, per esempio la realizzazione di progetti internazionali in grado di generare un ritorno sociale e/o ambientale oltre a un ritorno finanziario. Questa asset class, che prevede premi o penalità significative al raggiungimento degli obiettivi, dovrebbe essere riconosciuta anche dai principi contabili internazionali. Ciò incoraggerebbe l’asset allocation rispetto agli investimenti in grado di generare esternalità positive, che possono essere misurate oggettivamente”.
Gros Pietro ha affrontato il tema della commistione tra nuove tecnologie, istruzione e lavoro. “Un ingrediente fondamentale per accelerare l’adozione della tecnologia e le transizioni a zero emissioni sono la rapida riqualificazione dei lavoratori e la possibilità di coltivare il talento del futuro. Per raggiungere questo obiettivo, è di fondamentale importanza ampliare l’accesso a un’istruzione di alta qualità per studenti provenienti da contesti diversi e senza qualifiche pre-requisite. La tecnologia e i suoi molteplici modelli di erogazione dell’apprendimento dovrebbero essere utilizzati per facilitare l’accesso a un’istruzione inclusiva e per coinvolgere gli studenti in esperienze pratiche e riflessioni. Inoltre, gli istituti tecnici e le scuole secondarie, così come le università, potrebbero collaborare con banche, aziende e policy makers su programmi di formazione e riqualificazione, concentrandosi anche sui lavoratori a metà carriera che vogliono prepararsi per nuovi percorsi professionali”.
Il presidente di Intesa ha poi affrontato due temi di stretta attualità. Tanto per cominciare, la possibile, forse probabile, riduzione dei tassi da parte della Bce, a lugli. “Credo che ci siano tutte le condizioni perché la Banca centrale europea cambi la sua politica attuale e, invece di rimanere ferma ai livelli attuali, cominci a scendere”. Secondo, il Superbonus. E qui la critica al governo non è mancata dal momento che il decreto omonimo con cui l’esecutivo sta cercando di contenere gli effetti nefasti del Superbonus, impatta anche sugli istituti, che vedono un rischio concreto nello stop alla possibilità di usare i crediti generati dai bonus edilizi per compensare contributi Inps e premi Inail previsto con il decreto Superbonus. “La modifica delle condizioni sulle detrazioni è stato un imprevisto. Il sistema bancario italiano e soprattutto Intesa Sanpaolo hanno risposto positivamente quando ci è stato chiesto di comperare i crediti per sgravare le imprese che li avevano assunti, in funzione di una legge dello Stato. Il cambiamento dei termini è una sorpresa, non gradevole, per chi investe denaro che è dei depositanti oltre che degli azionisti”.
FILIERE AL CENTRO
Il numero uno di Philip Morris Italy, Hannappel, infine, ha posto al centro del villaggio la tutela delle filiere. “L’odierno scenario internazionale è caratterizzato da una profonda incertezza e in questo contesto ciascun attore in gioco, pubblico o privato che sia, è chiamato a fare la propria parte. Parallelamente assistiamo all’emersione di profonde trasformazioni in numerosissimi settori produttivi: a partire dall’esempio di Philip Morris Italia, un’azienda che, puntando su una trasformazione epocale, è oggi capofila di una filiera integrata del Made in Italy, che esporta in 50 Paesi al mondo, composta da 8 mila imprese italiane e che genera occupazione per circa 41 mila persone in tutto il Paese”.
“È fondamentale che il B7 proponga l’attuazione di politiche di ampio respiro per sostenere tutte le transizioni e incentivare l’uso e lo sviluppo di tutte le tecnologie innovative, poiché saremo in grado di rispondere alle sfide dell’oggi e del domani solo attraverso l’implementazione di strategie il più trasversali possibili. Sotto questo punto di vista è essenziale che uno dei punti di attenzione del B7 riguardi le catene globali del valore, poiché proprio la possibilità per un operatore economico di inserirsi all’interno di una filiera integrata consente di rispondere al meglio alle trasformazioni in atto, con conseguente valorizzazione della capacità dell’Italia e degli altri Paesi del G7 di attrarre nuovi investimenti. Parlare oggi di attrattività non può, infatti, prescindere da una comprensione sulla solidità e la sicurezza delle catene di approvvigionamento dei Paesi e del loro potenziale grado di resilienza di fronte a eventi esogeni che possono generare frammentazioni e interruzioni delle catene globali del valore”.