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L’abbraccio di Xi a Putin. Russia e Cina più vicine che mai

Xi suggella con un abbraccio la visita in Cina di Putin. Mosca e Pechino sembrano più coordinate che mai. L’analisi dell’incontro di Flavia Lucenti (Luiss) e Giulia Sciorati (Lse)

L’alleanza non dichiarata tra Xi Jinping e Vladimir Putin è emersa come una delle partnership più rilevanti nella politica globale odierna. Con entrambi i leader al potere senza una scadenza chiara, questa alleanza è destinata a plasmare le dinamiche internazionali per gli anni a venire, influenzando in particolare gli Stati Uniti e di riflesso la stabilità del concetto di Occidente.

Al centro di questa potente partnership c’è il forte legame personale tra Xi e Putin, che è emerso nel singolare abbraccio con cui i due si sono stretti prima che il russo lasciasse il suolo cinese. I loro frequenti incontri e reciproci elogi riflettono un legame che va oltre la mera convenienza politica. Questa connessione personale è stata fondamentale nel cementare le relazioni tra i loro paesi in vari ambiti.

Però c’è anche un calcolo, che inizia al fronte economico, dove la cooperazione sino-russa ha raggiunto livelli senza precedenti. La Cina è diventata il principale partner commerciale della Russia, fornendo un’ancora di salvezza economica attraverso l’aumento degli scambi, specialmente nei settori dell’energia (approfittando degli sconti che Mosca ha fatto dopo l’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, con l’obiettivo di tenere vivo il mercato). Pechino nono teme le sanzioni occidentali.

C’è poi la collaborazione militare, che dall’incontro esce rafforzato con l’obiettivo di aumentare le esercitazioni congiunte che regolarmente conducono, e probabilmente aumentare le significative vendite di armi. Se si considera il quadro generale, Russia e Cina sembrano aver creato l’equivalente funzionale di un’alleanza militare, forgiata secondo scopi strategici condivisi.

Scopi che si riflettono nel campo della diplomazia internazionale, dove Mosca e Pechino mostrano un alto grado di coordinazione. Votano spesso insieme nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e supportano reciprocamente le loro narrazioni politiche, a cominciare da quella anti-occidentale. Questa solidarietà diplomatica rafforza la loro posizione sulla scena globale, soprattutto agli occhi di alcuni Paesi appartenenti al Global South (che condividono posizioni critiche con l’Occidente o intendono essere terzi).

Entrambe le nazioni condividono l’obiettivo comune di sfidare quella che subiscono come egemonia occidentale nei processi di governance globale, e anche per questo hanno formato alternative, come i Brics e l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Sco), coinvolgendo una parte significativa della popolazione mondiale, nell’impegno a creare un ordine mondiale multipolare che riduca l’influenza occidentale.

Le implicazioni strategiche di questa alleanza sono profonde. Rappresenta una sfida significativa per gli Stati Uniti, invertendo le precedenti strategie diplomatiche che cercavano di dividere la Cina dall’Unione Sovietica. Oggi, Cina e Russia sono più vicine che mai, incarnando un nuovo modello di relazioni tra grandi potenze volto a contrastare il dominio statunitense. Ma questa relazione non è equilibrata, e la Cina sembra agirà da partner principale, mentre alla Russia tocca il ruolo di junior partner.

La visita di Putin in Cina ha molto più valore simbolico per la Russia, poiché Pechino rimane uno dei pochi partner su cui Mosca può fare affidamento per “contrastare l’isolamento internazionale”, fa notare Giulia Sciorati, Lse fellow in China and Global South. Per l’esperta, l’interesse non si muove solo in termini bilaterali, ma anche multilaterali: “Pensiamo alla Sco, che rappresenta uno dei pochi framework multilaterali non esclusivamente collegati allo spazio post-sovietico di cui la Russia e ancora parte attiva”. L’importanza della visita per Mosca è esemplificata dal “personalismo” attraverso cui è stata presentata da Putin e il suo team di comunicazione, aggiunge.

Inoltre, Sciorati fa notare che il presidente russo ha portato con sé un entourage di funzionari e imprenditori, e – sebbene non sia una circostanza così estranea alle normali visite di Stato – diversi osservatori hanno ipotizzato che questo sia dovuto al tentativo di ambo le parti di coordinarsi e di trovare modi per aggirare le sanzioni occidentali. “L’obiettivo è evitare che ne siano imposte di nuove, soprattutto alla Cina e al suo tessuto industriale. Una modalità potrebbe essere quella di triangolare il commercio bilaterale con Paesi terzi come quelli centro-asiatici, con i quali la Cina ha registrato volumi di export molto maggiori rispetto al passato e che fanno pensare che tale pratica sia già in atto”.

“Va notato che si è tornati in qualche modo indietro a livello di retorica, perché si legge nella dichiazione ‘partenariato strategico’ (‘per una nuova era”) e non più ‘amicizia senza limiti’: dunque al di là dell’abbraccio (che c’è stato anche realmente, ndr), c’è da aspettarsi comunque che sia stata la Cina ad aver dato la piega ai temi dell’incontro”, aggiunge Flavia Lucenti, postdoctoral researcher alla Luiss. Pechino è chiaramente in una posizione più forte e più favorevole rispetto alla Russia, e “questo lo evinciamo dalla definizione ‘per una nuova era’, che è un pò un motto cinese”.

Pare che i due abbiano discusso anche di approvvigionamento energetico: vorrà dire dare nuovi sbocchi al mercato energetico russo? “Questo diventa un problema per l’Occidente, perché l’unico modo per indebolire davvero la Russia di Putin è il taglio sulle esportazioni energetiche. Finché la Russia guadagna dalle esportazioni, detto in maniera un pò semplicistica, è in grado di finanziare e continuare l’invasione dell’Ucraina”. Lucenti fa notare però che “prima o poi la Cina dovrà anche lei staccarsi, o comunque diminuire, una produzione energetica basata su combustibili fossili inquinanti e cercare fonti più rispettose di clima e ambiente”.

C’è poi la questione tecnologica: “Mosca con la guerra è sempre più isolata, le sanzioni internazionali e la fuga di cervelli non stanno di certo favorendo lo sviluppo tecnologico russo e questa situazione la sta lasciando sostanzialmente indietro nella sfida tecnologica tra grandi potenze, in particolare tra Cina e Usa. Quindi è probabile che Putin stia cercando di sopperire a queste mancanze, cercando un sostegno cinese”.

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