L’esecutivo non ha valutato l’impatto mediatico del ritorno del redditometro, ma è la presa di coscienza che i conti pubblici, soprattutto per via del Superbonus, sono allo sfascio. Il sistema, pur non essendo il male assoluto, rischia di pescare a strascico senza incidere realmente sull’evasione. La sinistra che attacca il governo è incoerente. Colloquio con il direttore delle ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, Carlo Stagnaro
Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, parla di “atto dovuto”. Ma la ricomparsa del redditometro, per decreto (che porta la sua firma), ha scatenato inevitabilmente polemiche aspre con le altre forze della maggioranza. E anche, incredibilmente, dalle parti dell’opposizioni. Venerdì, comunque, è prevista una relazione sul “caso” in seno al Consiglio dei ministri. Atto, quest’ultimo, fortemente voluto dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Al di là della “sottovalutazione dell’impatto mediatico che questa misura ha avuto” in realtà si tratta di “una presa di coscienza da parte del governo: ossia che i conti pubblici si trovano in una situazione piuttosto delicata”. Quella che il direttore delle ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, Carlo Stagnaro, formula sulle nostre colonne è un’analisi a metà fra il tecnico e il politico.
Torna ad aggirarsi lo spettro del redditometro. Come va colto questo segnale?
Ci sono due aspetti, uno più politico e l’altro più prettamente operativo che riguarda l’amministrazione tributaria e fiscale. Il redditometro, in astratto, non è un dramma. Ma politicamente il governo non ha tenuto in debita considerazione l’impatto che una misura di questo tipo, in un momento come questo, avrebbe potuto avere e in effetti ha avuto. In seconda istanza, va detto che in qualche modo è come se il governo abbia issato bandiera bianca.
Che cosa intende dire?
Rappresenta in qualche misura un passo verso il passato. È in un certo senso l’ammissione del fatto che lo Stato, con altri metodi, non è in grado di controllare l’amministrazione fiscale e di conseguenza di contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale. Il redditometro è una pesca a strascico che, con indicatori sintetici, fa verifiche sparando nel mucchio.
E qual è il rischio?
Quello di coinvolgere persone che nulla hanno a che fare con l’evasione fiscale e che non hanno nulla “fuori posto” che, tuttavia, possono essere soggette a verifiche perché estratte a sorte da questo sistema. Non si combatte l’evasione con il redditometro: tant’è che non è mai stata intaccata nel profondo anche quando questo strumento era in vigore.
È il segnale di una certa forma di statalismo che anima una parte di Fratelli d’Italia?
Più che di statalismo si tratta secondo me più che altro di una venatura di giustizialismo in qualche modo: un po’ come, alla notizia dell’avviso di garanzia, si agita la forca. A mio giudizio, però, in questo caso si tratta di qualcosa che è sfuggito di mano. Non darei una connotazione troppo politica. Semmai è l’ulteriore presa di coscienza che i conti pubblici sono in condizioni precarie.
Se è vero che in maggioranza questa misura ha creato qualche comprensibile frizione, alcune prese di posizione della minoranza sono per lo meno singolari.
Le altre forze di centrodestra si possono smarcare da questo provvedimento, ma comunque fino a un certo punto. Anche perché dai conti pubblici dipendono anche molte delle promesse elettorali fatte da tutti. La minoranza invece ha assunto una postura del tutto incoerente. Tanto più che il redditometro è stata una delle eredità più pesanti e durature del centrosinistra. Smontata dal figlio ribelle: Matteo Renzi. Insomma, alcune posizioni sono davvero risibili.
Complessivamente, qual è la sua valutazione sull’impostazione economico-finanziaria data dall’esecutivo?
Facendo una valutazione di ampio respiro, mi pare che il governo abbia tenuto botta. Considerando che si è trovato in eredità, in particolare per colpa del Superbonus, i conti peggiori dal 1992. Al ministro Giorgetti va dato atto di aver alzato tutte le bandiere rosse che poteva su questo versante. Politicamente, la scelta interessante è che questo governo ha deciso di focalizzare la stragrande maggioranza delle esigue risorse che aveva a disposizione sulle categorie meno abbienti. E qui si concretizza un altro paradosso.
Ossia?
Mentre il centrosinistra, con il Superbonus, ha dato i soldi a chi già ne aveva – o per lo meno aveva la casa – il centrodestra ha stanziato risorse per le fasce più fragili della popolazione.