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Sempre più Italia nell’Indo-Pacifico. La ricerca dell’Unint University Press

Di Lorenzo Termine

La ridefinizione del sistema internazionale dovuta allo spostamento del potere globale verso la regione dell’Indo-Pacifico ha spinto anche alcune potenze europee ad un ripensamento del perimetro dei propri interessi strategici e, quindi, della propria azione. L’Italia non ha fatto eccezione, seppur il caso nostrano presenti alcune peculiarità e criticità. L’ascesa dirompente di alcuni attori indo-pacifici, in primis la Repubblica Popolare Cinese, ha, infatti, incoraggiato un crescente dibattito politico e accademico nel nostro Paese nonché un’evidente riflessione a livello esecutivo e parlamentare sulle attuali e sulle future interazioni del nostro Paese con la regione

L’ultimo biennio ha visto svilupparsi una riflessione sempre più pubblica e partecipata sul ruolo italiano nell’Indo-Pacifico. Proprio negli ultimi giorni, una delegazione diplomatica italiana di massimo livello ha discusso del tema con la controparte statunitense. Crescente attenzione sul tema è stata riservata dagli attori esecutivi, parlamentari, accademici, dei think tank, dell’opinione pubblica. È in questo solco che si è inserito il progetto ITAsia – Driver e ostacoli di un ribilanciamento asiatico dell’Italia, coordinato per l’Università degli Studi Internazionali di Roma (UNINT) da Antonella Ercolani e dal sottoscritto e sostenuto dall’Unità di Analisi, Programmazione, Statistica e Documentazione Storica (UAP) del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. A collaborare alla riuscita del progetto sono stati il Centro Studi Geopolitica.info e il Centro di Ricerca “Cooperazione con l’Eurasia, il Mediterraneo e l’Africa Sub-sahariana” (Cemas) di Sapienza Università di Roma.

L’allineamento della politica estera italiana con quella dei suoi partner richiede un’analisi approfondita delle relazioni con l’Indo-Pacifico e delle opportunità che un coinvolgimento più attivo potrebbe offrire. L’Italia potrebbe da un lato seguire l’esempio di altre potenze europee come Francia, Germania e Regno Unito, che hanno già sviluppato documenti strategici specifici per l’Indo-Pacifico, dimostrando così la volontà di partecipare attivamente alle iniziative multilaterali e di difendere i propri interessi nella regione. Dall’altro, Roma ha fatto del “dialogo” un fondamentale cardine della propria politica estera, per cui un documento strategico, specialmente se eccessivamente muscolare, potrebbe rappresentare un fardello assunto con eccessiva leggerezza per la politica estera italiana alla luce del suo contemporaneo e crescente impegno nel Mediterraneo allargato (si vedano ad esempio il Piano Mattei, la missione Aspides, il sostegno alla difesa ucraina, la partecipazione alle altre missioni multilaterali nell’area euro-mediterranea). Il risultato sarebbe di rendere il testo presto lettera morta.

A conclusione del progetto, per discutere di Italia e Indo-Pacifico è in uscita “Driver e ostacoli di un ribilanciamento asiatico dell’Italia” a cura del sottoscritto e di Ercolani per UNINT University Press. Si tratta del primo volume che approfondisce il nuovo attivismo italiano nell’area. Al suo interno tre capitoli, sei autori discutono dei fattori che facilitano o, al contrario, ostacolano il crescente impegno indo-pacifico italiano.

Gabriele Natalizia e Matteo Mazziotti di Celso nel primo capitolo approfondiscono il dilemma delle medie potenze che pesa sulla politica estera italiana. All’interno di un contesto internazionale altamente instabile, l’Italia risulta soggetta a due pressioni strutturali confliggenti. La prima è la tendenza all’allineamento con il suo alleato maggiore – gli Stati Uniti – che in questa fase chiedono ai loro alleati di interpretare estensivamente il concetto di burden sharing contribuendo attivamente alla strategia di contenimento della Repubblica Popolare Cinese nell’Indo-Pacifico. La seconda è la necessità di contrastare le minacce alla sua sicurezza, assumendo maggiori responsabilità su un perimetro d’azione più ristretto, quello del Mediterraneo allargato, che abbraccia l’Europa meridionale, il Medio Oriente e le fasce settentrionali e sub-Sahariana del continente africano. A quanto gli autori rilevano, si aggiunga anche che da un lato il crescente sviluppo economico e militare di diversi Stati nell’area indo-pacifica offre l’opportunità senza precedenti per l’Italia di estendere la propria influenza a livello globale e accrescere la propria sicurezza nel medio-lungo termine. Data l’importanza demografica, strategica ed economica della regione indo-pacifica, è essenziale che l’Italia non trascuri il suo coinvolgimento nella politica estera, ma piuttosto lo rafforzi attraverso una maggiore cooperazione con i Paesi e le società della regione. Dall’altro, tuttavia, è richiesta alla diplomazia italiana e, più in generale, alla comunità di politica estera anche una valutazione attenta delle sfide multidimensionali che questo rapido sviluppo comporta. Comprendere appieno queste dinamiche può aiutare l’Italia e i suoi alleati a gestire in modo più efficace le relazioni bilaterali e multilaterali con gli attori dell’Indo-Pacifico. Senza uno studio di società e realtà distanti considerate fino a non troppo tempo fa attori secondari, il rischio di errore è significativo.

È chiaramente nella dimensione securitaria delle relazioni indo-pacifiche di Roma che è richiesta al nostro Paese la maggiore attenzione e cautela. Di sicurezza e difesa tratta dunque il secondo articolo contenuto nel fascicolo, firmato da Alice Dell’Era e Giulio Pugliese. Nella crescente attenzione italiana verso l’Asia, il biennio 2023-2024 ha rappresentato una parentesi cruciale. L’Italia, infatti, si è impegnata sempre più in progetti come il Global Combat Air Programme (GCAP) e IMEC, e nel rafforzamento delle relazioni con l’India e il Giappone, ha deciso di non rinnovare il memorandum d’intesa per la Belt and Road Initiative e ha stabilito nuove partnership con Filippine e Vietnam. Dopo un documento pubblicato nel 2022 volto a illustrare il contributo italiano alla strategia europea per la regione, nel 2023 la Camera dei Deputati ha istituito un Comitato Permanente sulla politica estera per l’Indo-Pacifico in seno alla Commissione Esteri. Recenti iniziative del governo italiano indicano che la priorità italiana di mantenere un saldo baricentro euro-mediterraneo si è arricchita di una nuova attenzione, anche securitaria, verso l’Indo-Pacifico per rendere il nostro Paese un contributore attivo al mantenimento della sicurezza e alla stabilità nell’area. L’analisi dimostra che Roma sta cercando di combinare un ingaggio securitario che vada dal capacity building a una maggiore presenza militare anche nel versante orientale dell’Indo-Pacifico, oltre quindi il Golfo di Aden e il Mar Arabico, storici perimetri dell’impegno italiano. Alla luce di ciò, il lavoro sottolinea l’importanza non solo di un impegno informato e ragionato ma anche di promuovere un modello di ingaggio con i Paesi dell’Indo-Pacifico che si fondi su un coinvolgimento multilaterale, che non offuschi i tradizionali forum regionali, e che eviti di provocare tensioni in un contesto geopolitico sempre più complesso e verso il quale l’Italia può risultare dirimente solo all’interno di soluzioni concertate e collettive.

Non è nella dimensione securitaria che si esaurisce però la proiezione indo-pacifica italiana e la nuova attenzione di Roma verso la regione. L’area, infatti, ospita gran parte della manifattura globale e le rotte commerciali passanti per la regione sono state per lungo tempo le principali arterie d’approvvigionamento di beni intermedi e finali per il mondo intero. La pandemia di COVID-19 prima, la competizione sino-americana poi, hanno spinto, tuttavia, un sempre più crescente numero di Stati a rivalutare la collocazione delle proprie catene produttive nella regione e ad avviare un processo di reshoring. Nel terzo e ultimo articolo del fascicolo, Matteo Piasentini e Alessandro Vesprini analizzano le capacità economiche italiane nell’Indo-Pacifico alla luce del contesto geopolitico e geoeconomico. Per salvaguardare la propria proiezione economica indo-pacifica, Roma non deve farsi cogliere impreparata dalla strategia di de-risking e friend-shoring che l’Unione Europea sta portando avanti, così come non deve dimenticare che il regime di dual use rappresenterà un ambito cruciale di policy in un contesto di economie globali sempre più interconnesse ma con rapporti politici sempre più tesi.



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