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Vi racconto la storia (e l’importanza) della Festa della Repubblica. Scrive il gen. Arpino

La Festa, seppure con modalità anche diverse dallo standard, si è sempre tenuta. Al contrario, la Parata non ha avuto vita facile. Fu il Presidente Ciampi, che durante la guerra aveva servito con le stellette in Albania, a ripristinarla con svolgimento ai Fori Imperiali, per continuare poi fino ai giorni nostri. L’intervento del generale Mario Arpino

Gli anni passano, e le generazioni cambiano. Ma l’anno resta pur sempre di 12 mesi, quindi gli eventi che più impattano (o, per meglio dire, “caratterizzano”) la cultura della nostra cara Italia e la sensibilità del suo popolo sono destinati a riproporsi periodicamente, contestualizzandosi ai tempi. E quindi questi eventi, che danno il nome ad altrettante festività, non sono sempre uguali a sé stessi, ma cambiano anche loro con i tempi e le generazioni. I nomi restano, ma variano di sapore e, se sono in grado di trasformare persino festività religiose come Pasqua, Natale e l’Epifania, figuriamoci le festività civili, come il 17 marzo per l’anniversario dell’Unità d’Italia, il 21 aprile (l’ormai dimenticato Natale di Roma), il 25 aprile, ricorrenza della Liberazione, il 4 novembre, festa delle Forze Armate nel ricordo della prima Guerra Mondiale. Ma di questi cambiamenti, con ogni probabilità, se ne accorge solamente la fascia più anziana della popolazione.

Non sfugge a questa logica nemmeno il 2 giugno, che ha visto per la prima volta le donne chiamate al voto (la civilissima Svizzera ha concesso loro di votare solo il 7 febbraio 1971) e ricorda l’esito del referendum istituzionale del 1946, quando il popolo è stato sollecitato a scegliere tra Repubblica (53,4%) e Monarchia (45,7%). La Festa della Repubblica diventa così uno dei simboli patrii italiani. La manifestazione, la cui cerimonia principale si svolge a Roma, normalmente comprende come schema minimo la deposizione di una corona da parte del Presidente della Repubblica all’Altare della Patria, una parata lungo via dei Fori Imperiali e l’apertura al pubblico, con ricevimento nei giardini del Quirinale. La prima celebrazione è datata 2 giugno 1947, la prima parata 2 giugno1948. Questa giornata viene dichiarata Festa Nazionale con  legge n° 260 del 27 maggio 27 maggio 1949. Eccezionalmente, nel 1961 la celebrazione principale non fu a Roma, ma a Torino, prima capitale d’Italia.

La Festa, seppure con modalità anche diverse dallo standard, si è sempre tenuta. Al contrario, la Parata non ha avuto vita facile. Sempre graditissima al popolo (basta osservare il tripudio di bandierine e di applausi lungo via dei Fori Imperiali, con i nonni che spiegano ed accompagnano per mano i nipotini), è stata spesso oggetto di polemiche all’interno del mondo politico – e anche di quello delle Istituzioni – con frequenti istanze minimaliste, proposte di sospensione, spostamento alla domenica successiva, effettiva cancellazione per diversi anni e temporanee riprese, con motivazioni sempre diverse. Nel 1976 si prese a giustificazione il terremoto nel Friuli, aprendo così la strada alla decisione di non riprenderla nel 1977 per motivi di austerity. Più o meno per gli stessi motivi (cui si aggiungevano motivazioni ecologiche) restava sospesa fino al 1983, anno in cui veniva ripresa in formato ridotto per celebrare l’opposizione militare-civile ai tedeschi nei fatti di Porta San Paolo, ma nel 1989 fu di nuovo eliminata, fino a tutto il 1999 (presidenza Scalfaro). Fu il Presidente Carlo Azelio Ciampi, che durante la guerra aveva servito con le stellette in Albania ed era (più del predecessore) spiritualmente molto vicino alle Forze Armate, a ripristinarla con svolgimento ai Fori Imperiali, per continuare poi fino ai giorni nostri, sebbene introduzione di diverse varianti, più o meno buone in funzione degli umori dei governi in carica. Questo purtroppo qui da noi succede, mentre non risulta sia mai accaduto in Francia, dove la parata militare del 14 luglio è intoccabile.

Oggi, almeno a questi fini, sebbene il “piatto” continui a piangere, il rapido sovvertimento della situazione globale e degli assetti geopolitici sembra stia aprendo la strada verso una rinnovata consapevolezza di quanto sia importante disporre di una componente militare efficiente, moderna e proiettabile. Questa esigenza viene manifestata con meno remore rispetto al passato anche nella Nato e, con maggiore fatica, anche nell’Unione europea. A livello nazionale in politica estera stiamo acquistando posizioni di prestigio che l’Italia da tempo non aveva, che però necessitano di essere mantenute e corroborate. Infatti, anche all’interno il dibattito è aperto ed il problema, nonostante opposizioni di maniera (cui si aggiungono quelle storiche), sembra ampiamente riconosciuto.

Lo stesso Manifesto del ministero della Difesa per il 2 giugno 2024 è patriotticamente inequivocabile: un grande tricolore che sventola in campo azzurro, sopra il quale campeggia la scritta “A difesa della Repubblica” e, sotto, “Al servizio del Paese”. Se poi andiamo a leggere anche il programma dello sfilamento, aperto dal Reggimento Corazzieri e da una rappresentanza in fascia tricolore dei Sindaci d’Italia, continuato da nove Settori di Reparti delle Forze Armate, di Polizia e dei Corpi Civili e dai sorvoli di elicotteri, caccia della difesa Aerea e Frecce Tricolori, ci accorgiamo che Roma e l’Italia offrono nuovamente al mondo una vetrina davvero significativa, bella e rassicurante!



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