Alla vigilia del 2 giugno, Festa della Repubblica, per le autorità e i vertici di tutti i settori pubblici e privati del Paese, intervenire al tradizionale ricevimento nei giardini del Quirinale non è soltanto una formalità del protocollo istituzionale, ma la conferma dell’ adesione ai principi costituzionali ed un reciproco riconoscimento di ruoli e responsabilità. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Tardo pomeriggio al Quirinale, ancor più acropoli rappresentativa della Repubblica.
Come una vera e propria Capitale nella Capitale, la quintessenza di tutti i poteri dell’Italia istituzionale, politica, economica, editoriale e culturale partecipa nei giardini del Colle al tradizionale ricevimento del Capo dello Stato alla vigilia della Festa della Repubblica.
Una ricorrenza di anno in anno sempre più rilevante e che ha raggiunto l’apice con la Presidenza di Sergio Mattarella, autentico baluardo della democrazia, rigoroso e saggio interprete della prassi e soprattutto dello spirito della Costituzione in un susseguirsi di momenti cruciali per gli equilibri politici, l’assetto parlamentare e democratico del Paese.
Sovrastato per decenni dalla valenza internazionale geopolitica dei festeggiamenti del 4 luglio all’ambasciata americana e da quelli per il compleanno della Regina all’Ambasciata britannica, il ricevimento nei giardini del Quirinale acquisisce il ruolo di specchio dei poteri guida del Paese, affrancatisi dalla sindrome della lunga sovranità limitata risalente al dopoguerra, a cominciare dal settennato di Scalfaro fino a rappresentare con Mattarella la materializzazione dell’epicentro visibile e invisibile di tutti i vari poteri che intersecano il pubblico e il privato, i palazzi delle istituzioni e i gangli decisionali nazionali.
Al Colle l’afternoon power alla vigilia della Festa della Repubblica, si snoda fra i viali e le piazzuole fiorite seguendo un protocollo informale di sguardi, sorrisi, strette di mano, saluti militari, baciamani, abbracci e baci, oppure di diplomatica indifferenza, che si alternano all’arrivo e prima, durante e dopo i saluti al Capo dello Stato.
Spiccano l’eleganza di Giorgia Meloni, Francesca Fagnani ed Agnese Renzi, in giacca e pantaloni total white, il tubino floreale di Olivia Paladino, la classe in giacca e pantaloni total black di Marianna Aprile, la magnetica bellezza di Francesca Fialdini, l’aggirarsi fra i vertici Rai in giacca e pantaloni fuxia di Serena Bortone.
Impeccabile l’eleganza sartoriale dei gessati e degli abiti scuri del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e della Difesa Guido Crosetto, dimagrito e in gran forma.
Per l’innata affabilità, la presidente della Cassazione Margherita Cassano, i Procuratori Giovanni Melillo e Gimmy Amato, il Giudice costituzionale Giovanni Pitruzzella, il regista premio Oscar Giuseppe Tornatore e il Comandate Generale dei Carabinieri, Teo Luzi, sono più ossequiati di Ministri e sottosegretari.
Lo stato maggiore della Rai alterna conciliaboli politici e aziendali a 360 gradi, mentre i sorrisi sornioni ed evergreen di Bruno Vespa ed Enrico Mentana e le occhiate dei Direttori del Tg1 Gianmarco Chiocci e di Rai News Paolo Petrecca preannunciano sviluppi editoriali e news politiche.
Non passano inosservati l’aplomb del Presidente della Camera Lorenzo Fontana, il ciuffo di capelli sugli occhi del Presidente del Senato Ignazio La Russa, il passo sicuro del Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta e del neo Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, il revival di Luigi Di Maio e di Angelino Alfano, la pochette d’ordinanza di Giuseppe Conte, l’ affetto e la stima manifestati ad Antonio Patuelli appena riconfermato per la sesta volta alla Presidenza dell’Abi.
Assieme a tutti i vertici presenti, in questo caso contano anche gli assenti rispetto agli anni scorsi, discretamente depennati per la decadenza del ruolo o semplicemente perché impegnati in campagna elettorale oppure in trasferta per altri summit di potere come i connazionali presenti alla tre giorni della conferenza segreta del gruppo Bildeberg in corso a Madrid. Lilly Gruber, Monica Maggioni, Mario Monti, Mario Draghi, Paolo Gentiloni, Yaki Agnelli? Quién sabe?
Argomenti dei dialoghi e degli scambi di opinioni dei mille e più invitati? l’esito ed il dopo europee, l’impatto delle riforme del premierato e della giustizia, le nomine Rai e nelle grandi aziende partecipate, il G7 e gli sviluppi delle guerre in Ucraina e Medio oriente e la prospettiva del ritorno di Trump alla Casa Bianca.
Nei giardini del Quirinale non vi sono insomma viali del tramonto, anche se parafrasando Seneca si può trarre la conclusione che il vero potente e colui che ha se stesso in proprio potere.