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Meloni può far dialogare centro e destre. Le Europee secondo Adornato

“C’è una crescita della domanda di anima europea. Ma andrebbe definita con più precisione insieme ai valori cui si devono riferire i cittadini dell’Unione. Una domanda in crescita da non sottovalutare o rigettare del tutto come estrema destra. A questo partito dei valori si contrappone una specie di partito dei diritti che sarebbe la sinistra europea”. Conversazione con l’ex parlamentare e saggista Ferdinando Adornato

Giorgia Meloni può essere elemento di dialogo tra il Ppe e le destre, fino ad oggi ha saputo rovesciare i pronostici che la vedevano isolata e non credibile agli occhi delle cancellerie europee e internazionali. Così ha conquistato un suo spazio che è già utile oggi, ma che potrà tornare ancora più utile in futuro. Lo dice a Formiche.net l’ex parlamentare e saggista, Ferdinando Adornato, presidente della Fondazione liberal ed editorialista del Messaggero, autore con mons. Rino Fisichella de “La libertà che cambia. Dialoghi sul destino dell’Occidente” (Rubbettino).

I conservatori saranno la sorpresa delle elezioni europee?

C’è una crescita abbastanza evidente di un partito dei valori occidentali che segnatamente si rivolge ad alcune formazioni di centrodestra, di centro o di destra estrema. Si tratta di un fenomeno noto ormai già da mesi, da qui la previsione che il risultato elettorale della destra europea possa essere la vera sorpresa. Però il fenomeno che noi abbiamo sotto gli occhi è anche quello che io descrivo come la crescita di un partito, penso a quello tedesco, che ha una componente di estrema destra con una etichetta anti-immigrazione e con anche un giudizio estremamente negativo dell’Unione Europea. Bisognerebbe avere la capacità di distinguere il grano dall’oglio e capire che dietro questa crescita c’è una domanda importante di valori.

Ovvero?

Troppo sbrigativamente abbiamo superato la discussione sulla Costituzione europea, sulla convenzione presieduta da Valéry Giscard d’Estaing, che aveva rifiutato di richiamare nella Carta i valori giudaico-cristiani che sono all’origine di tante terre occidentali. C’è una crescita della domanda di anima europea. Ma andrebbe definita con più precisione l’anima europea e i valori cui si devono riferire i cittadini dell’Unione: questa è sicuramente una domanda in crescita e si sbaglierebbe a sottovalutarla o a rigettarla del tutto come estrema destra, è chiaro che non è così. Ma è curioso che a questo partito dei valori si contrappone una specie di partito dei diritti che sarebbe la sinistra europea. Infatti se guardiamo le dinamiche di fondo senza dare etichette legate alla propaganda o all’interesse di ciascuno, emerge lo scontro vero che si delinea. Anche nel partito dei diritti esiste una sponda estrema, secondo cui la democrazia consiste solo in una illimitata espansione dei diritti di ogni tipo e di ogni sorta, fino alla deriva del gender, fino al diritto di poter decidere con la propria testa il proprio sesso. La qual cosa è un radicale salto di civiltà: esiste una componente estrema che ignora, in nome dei diritti individuali, i diritti di comunità e i diritti di specie e qualsiasi cosa che non corrisponda al diritto individuale. E poi invece c’è una componente non estrema ma moderata che naturalmente, come nel caso del partito dei valori, segnala esigenze di modernità che non possono essere invece rifiutate e a cui non si può rinunciare. Diciamo che l’ideale, per i cittadini che vivono con normalità il loro essere europei, sarebbe un confronto equilibrato tra la parte moderata del partito dei valori e la parte moderata del partito dei diritti.

Potranno convivere centro e destre?

Il Partito Popolare europeo e una parte dei conservatori e della destra europea certamente possono trovare un terreno di confronto, corrispondendo i loro sentimenti ai valori della comunità occidentale basata sulla centralità della persona. Ciò viene da una lunga storia culturale e filosofica che è stata, per l’appunto, negata dal postmodernismo ed è sempre minacciata dal nichilismo che pervade una parte della sinistra europea. Sicuramente ci potrà essere un terreno d’intesa. Ma la cosa curiosa delle intese possibili in Europa è che nel campo economico una differenza così marcata tra destra e sinistra non esiste.

Per quale motivo?

Perché la crisi fiscale degli Stati impone politiche economiche che non possono più basarsi sui vecchi modelli e lo scontro tra il cosiddetto liberismo e il cosiddetto assistenzialismo non è più così radicale: ci sono politiche imposte dalla crisi economica delle quali devono tenere conto sia la destra che la sinistra. Certo, sul piano della politica estera e quindi dell’atlantismo e dell’europeismo entrambi gli schieramenti sono segnati dalla presenza di forze antioccidentali e antieuropeiste. Lo si vede abbastanza bene in Italia dove nel centrodestra c’è la componente della Lega, che non rispecchia i valori occidentali da un punto di vista della politica estera. E gran parte della opinione pubblica di sinistra si ritiene pacifista anche se ignora che la pace non si ottiene reclamando. Quindi, dal punto di vista economico, c’è una specie di sovrapposizione di scelte e ci sono schieramenti minati al loro interno sia da una parte che dall’altra. La distinzione più chiara, anche se io l’ho prima schematizzata con qualche contraddizione, è quella nel campo della cultura politica.

L’elemento rappresentato da Giorgia Meloni potrà favorire un ulteriore avvicinamento tra questi due blocchi?

Valuto molto positivamente l’elemento rappresentato dal presidente del Consiglio in questo dialogo, perché ha saputo rovesciare sul terreno dell’affidabilità i pronostici che la vedevano isolata e non credibile agli occhi delle cancellerie europee e internazionali. Così ha conquistato un suo spazio che è già utile oggi, ma che potrà tornare ancora più utile in futuro se si dovesse verificare la circostanza di dover comporre politicamente le due aree della destra di cui lei parlava. Certamente ha conquistato uno spazio e un ruolo importante per l’Italia e per se stessa. Su questo non credo che ci possano essere differenti analisi.

Come si è giunti alla crescita delle destre?

La crescita che si evidenzia è una crescita di tipo culturale che, in quanto tale, io commenterei anche senza aspettare i risultati delle elezioni, perché esiste anche senza pensare a un exploit politico: è già in atto. Cosa l’ha determinata? Negli ultimi decenni è sembrato dominante un certo relativismo culturale di chi ha ritenuto che non ci fosse più spazio per i valori in Occidente e in Europa, e che qualsiasi scelta fosse lecita, che qualsiasi diritto individuale fosse intoccabile e che la democrazia fosse semplicemente la massima estensione della soddisfazione di ogni diritto, considerando per diritto anche ogni desiderio individuale.

Cosa non torna?

Ma non esiste solo il diritto individuale, esiste il diritto di comunità, esiste il diritto di specie. Anche se la famiglia è un modello che ha subito numerosi colpi, resta ancora una delle cellule fondamentali dell’organizzazione della vita sociale. E invece parte della cultura europea ha ritenuto che essa fosse semplicemente superata o da superare tout court: questo nichilismo va combattuto. Anche se secondo me questo non significa negare alcuni diritti individuali che sono irrinunciabili. È un gioco di equilibri, di moderazione culturale e di mediazione tra istanze, ma se invece ciascuno vive la propria istanza come assoluta, allora entriamo in una dimensione di un certo fanatismo nichilista. Oltre a questo, entriamo in un terreno assolutamente già arato, chi si ricorda di Oriana Fallaci? Fallaci segnalò dei rischi, con la sua verve, con la sua analisi provocatoria, con dichiarazioni anche non politically correct, ma segnalò questo fenomeno qualche decennio fa. Quelle idee avevano certamente un legame con la realtà: sono idee che fanno parte di una realtà popolare. Ebbene quella realtà descritta dalla Fallaci nel tempo è diventata movimento di anime, di persone e anche movimento politico.



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