In Francia RN doppia i macroniani, in Germania gli eredi di Merkel tornano in auge dopo la parentesi di socialisti e verdi, in Spagna un quasi referendum sulle scelte separatiste di Sanchez. Una scheda sui nastri di partenza delle euro urne
Non solo un’elezione sui temi prettamente europei come il Green deal o la recessione, ma in molti casi un vero e proprio referendum sui governi nazionali. Le euro-urne del prossimo fine settimana raccontate attraverso alcuni Paesi, dove spiccano conflitti interni ma anche macro temi legati alle guerre in corso (Kyiv e Gaza), ai temi economici (Parigi), a quelli migratori (Varsavia). Nel complesso spicca una tendenziale forza centrista legata al Ppe dovrebbe imporsi in molti Paesi, seguita dalle varie e differenti destre.
Qui Germania
Cdu/Csu avanti fino al 30%, anche grazie alla svolta impressa dal suo leader Friedrich Merz, Verdi attesi da una debacle significativa, Spd e AfD alla pari ma con la possibilità che l’estrema destra appena espulsa dal gruppo ID sia la vera sorpresa delle europee, con un possibile tasso di astensione al 42%. Merz, dato come potenziale nuovo cancelliere, mette l’accento su questioni strategiche come la dipendenza dal gas russo, la recessione e la sicurezza interna dopo l’aggressione mortale contro un agente di polizia durante una manifestazione anti-islamica a Mannheim. Suo principale obiettivo è il ministro verde dell’economia Robert Habeck accusato dal leader popolare di “guidare la macchina nella terra”. Secondo Merz la situazione nel Paese è drammaticamente grave. Attacca, inoltre, sulla massiccia mancanza di investimenti nell’economia, per cui ritiene urgente adottare contromisure: “Se continua così, signor Habeck, alla fine del prossimo anno, quando lascerà questo governo federale, questo paese sarà finalmente in fondo alla classifica in termini di politica economica dell’intera Europa”.
Qui Francia
Protesta e astensione potrebbero essere le due parole chiave delle elezioni europee in Francia, dove la crisi del macronismo fa il paio con i sondaggi che danno Marine Le Pen saldamente in testa. Da un lato il disinteresse dei giovani, in parte stemperato dalle pulsioni anti israeliane scoppiate nel Paese durante i fatti di Gaza. Decine di attivisti filo-palestinesi, con il collo cinto di kefiah, continuano a manifestare dinanzi alle università, ai centri sociali come il collettivo Urgence Palestine, alla Borsa del lavoro di Parigi. La guerra a Gaza, secondo le ultime rilevazioni, in Francia è considerato tema più rilevante rispetto alla transizione energetica e, conseguentemente, potrebbe essere determinante per i flussi elettorali. Dall’altro il malcontento generale per le politiche di Macron. Jordan Bardella, numero uno del RN, non propone più l’uscita dall’area Schengen ma limitare la sua applicazione ai cittadini europei. Un pezzo del programma della destra sulle migrazioni che i sondaggi prevedono dovrebbe essere sufficiente per far ottenere al partito la prima posizione. Di contro Emmanuel Macron tenta la carta della iper presenza mediatica sia con le commemorazioni dello Sbarco in Normandia, sia con la strategia delle alleanze di Renew in chiave anti destre. Sulla guerra a Gaza il presidente ripete che occorre accettare il piano americano di cessate il fuoco e che vi è “nessun tabù” riguardo al riconoscimento di uno Stato palestinese da parte della Francia. La situazione interna riflette tensioni alla voce economia: le parti sociali hanno ripreso il dialogo in un clima gelido. I leader delle otto principali organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori si sono incontrati a due mesi dal fallimento delle discussioni sulle pensioni, ma nessun accordo è all’orizzonte. Inoltre il declassamento del rating sovrano della Francia da parte di S&P non rappresenta un buon viatico per l’Eliseo: il ministro Bruno Le Maire esclude ancora una volta qualsiasi aumento delle tasse nel 2025 e giustifica l’ampliamento del deficit con le spese legate alla crisi post Covid. Ma questa excusatio potrebbe non essere sufficiente agli elettori. In sostanza i risultati elettorali delle europee in Francia potrebbero verosimilmente avere conseguenze anche sul governo nazionale, come confermato dagli ultimi sondaggi secondo cui il voto alle elezioni europee per il 50% degli intervistati prima di tutto sarà un segnale al governo Macron. Al primo posto dunque ci sarebbe il RN, dato al 33%, i macroniani al 15% e i socialisti al 14%.
Qui Spagna
Gli effetti del caso Catalogna si vedranno già nelle europee, ovvero se gli spagnoli approveranno la scelta del governo Sanchez di legarsi mani e piedi ai separatisti di Carles Puidgemont. Nel mentre in testa nei sondaggi restano i socialisti del Psoe, al secondo posto staccati di 5 punti i Popolari che chiedono una riforma in Europa per evitare che “i fuggitivi dalla giustizia si scatenino”, riferendosi al leader degli Junts, Carles Puigdemont, assicurando che il PP “difenderà” lo stato di diritto contro coloro che consegnano la Spagna ad un “fuggitivo” dalla giustizia. Il nodo del contendere è il patto del PSOE con la formazione di Puigdemont per l’investitura Pedro Sanchez. Raddoppia la dose Vox, che censura la “villa Puigdemont a 20 chilometri da Bruxelles”. Il candidato della destra iberica, Buxadé, ha mostrato in televisione una foto del leader catalano con l’edificio sullo sfondo: “Puigdemont è un fuggitivo, un golpista, che ha commesso i più grandi crimini contro la nazione e contro gli spagnoli, è a Bruxelles da cinque anni e l’Unione Europea ci ha deluso”, ha dichiarato. Secondo il sondaggio preelettorale realizzato dal Centro per le Ricerche Sociologiche (CIS) il Psoe otterrà da 21 a 24 seggi, il PP tra 18 e 20 deputati. La Spagna eleggerà più deputati grazie ad una nuova distribuzione che le assegna 61 seggi al Parlamento europeo. Al terzo Vox con cinque o sei seggi (tra l’8,6% e il 10,1%), che così raddoppierà i propri voti rispetto al 2019.
Qui Grecia
Uno dei candidati alle “poltrone” istituzionali europee è il premier popolare greco Kyriakos Mitsotakis, leader di Nea Dimokratia e al secondo mandato, e anche se ha in realtà poche chances di essere eletto rappresenta ormai un punto fisso nella galassia del Ppe. Non solo perché il segretario generale del partito guidato da Manfred Weber è greco (Thanasis Bakolas), ma perché vanta un rapporto personale con i vertici del partito, Von der Leyen e Tajani su tutti, ma anche buone relazioni con Parigi e Berlino. Il centrodestra di ND in Grecia è dato in notevole vantaggio (32%) rispetto agli orfani di Syriza (16%), guidati dall’ellinoamericano Stefanos Kasselakis, tallonato dai socialisti del Pasok in ripresa (13%), a seguire i comunisti del Kke e la destra di Soluzione ellenica al 7%.
Qui Polonia
Il premier popolare Donald Tusk, che guida un governo di larghe intese con dentro anche la sinistra estrema, ha provato ad agganciare le elezioni europee al macro tema della guerra in Ucraina, dopo che migliaia di suoi sostenitori sono scesi in piazza a Varsavia per manifestare a favore di una maggiore sicurezza della Polonia, tra guerra in Ucraina e crisi migratoria al confine con la Bielorussia. Secondo Tusk il voto europeo rappresenta la scelta tra un futuro sicuro in un Paese nel cuore dell’Unione europea o uno più pericoloso. Il riferimento è al partito nazionalista Diritto e Giustizia (PiS) guidato da Jaroslaw Kaczynski, che invece sostiene un’atra tesi: ovvero che l’ex presidente del Consiglio europeo è completamente influenzato dalla Germania anziché portare avanti politiche pro-Polonia. “Proprio come quando abbiamo posto fine all’occupazione sovietica dell’Europa centrale, ora siamo tutti concentrati sul rendere la Polonia forte e unita e sull’Europa forte e unita – ha detto Tusk – È anche una lotta per impedire che la guerra arrivi in Polonia e nell’Unione europea”. Contrattacca l’ex premier Mateusz Morawiecki che accusa Tusk di eventi che “screditano ancora una volta completamente l’attuale governo, la sua politica di difesa, il suo attuale approccio nei confronti degli immigrati clandestini e della difesa delle frontiere e, quel che è peggio, distruggono la fiducia dei soldati nel comando, il che nell’attuale situazione geopolitica è semplicemente un crimine contro la Polonia”. Il riferimento è al fatto che il governo avrebbe nascosto alla pubblica opinione di aver arrestato soldati polacchi per aver difeso se stessi e il confine. “Li hanno messi in manette – attacca su X – Chiediamo che questa situazione venga immediatamente spiegata all’opinione pubblica polacca, che vengano presentati tutti i fatti e che i responsabili siano puniti. Chiediamo verità e responsabilità”. Nel frattempo dopo sei mesi di governo le riforme annunciate da Tusk sono ancora in fase di stallo e l’opposizione resta molto forte.
Qui Austria
Il cima a tutti i sondaggi il partito di destra FPO (Partito della Libertà austriaco) dato al 27%. Staccati di 5 punti i socialdemocratici dell’SPÖ (23%) e i conservatori dell’ÖVP, attualmente al potere (21%). Numeri che potrebbero essere confermati anche nelle urne del prossimo settembre. Per la prima volta la destra austriaca potrebbe vincere le europee e nello stesso anno eleggere un cancelliere. Gli oppositori dell’FPÖ sottolineano i possibili legami ideologici tra l’esponente Egisto Ott e Mosca, ma l’FPÖ ha respinto le accuse considerandole una campagna diffamatoria.
Qui Bulgaria
Diciassette gli eurodeputati bulgari che verranno eletti domenica prossima in contemporanea alle elezioni parlamentari per rinnovare l’Assemblea nazionale della Bulgaria. Si tratta della quinta elezione anticipata parlamentare dal 2021, e la sesta elezione consecutiva in poco più di tre anni. In testa secondo le ultime rilevazioni il partito dei Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria (GERB) con il 29%, seguito dal partito nazionalista Vazrazhdane con il 15%. Borisov, leader di Gerb, torna in auge dopo alcuni anni caratterizzati da scandali e presunta vicinanza ad altri players extra Ue. Il Gerb si presenta in coalizione assieme ai conservatori dell’Unione delle Forze Democratiche (UDF) e al PP-DB contro il Movimento per i Diritti e le Libertà, DPS che rappresenta la minoranza turca, l’estrema destra filorussa di Vazrazhdane e il Partito Socialista Bulgaro (BSP).