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Le sponde del rinnovabile

Sviluppare tecnologie meno dannose per l’ambiente è una necessità ineludibile per il pianeta. Per difficile che sia il percorso degli accordi internazionali in questa direzione, è sicuro che da quella parte si marcerà, più o meno velocemente. I Paesi che svilupperanno per primi e maggiormente le migliori tecnologie avranno di fronte una domanda sicura e crescente. Le tecnologie pulite vanno dunque viste anche come una delle più promettenti fonti di domanda industriale dei prossimi decenni. Da questo punto di vista l’Italia si presenta come uno dei mercati più interessanti.
Stando alle previsioni fornite dagli stessi governi, nel 2020, per poter ottemperare alla direttiva sulla promozione delle fonti rinnovabili, l’Italia sarà il primo Paese per importazione di energia rinnovabile in Europa, seguito da Belgio, Danimarca, Lussemburgo e Malta.Il governo italiano stima infatti per il 2020 un deficit di 1,17 milioni di tonnellate di petrolio equivalente rispetto all’obiettivo europeo del 17% di energia prodotta da fonti rinnovabili, circa il 50% del fabbisogno dall’estero complessivo dei cinque Paesi europei che prevedono di ricorrere ai meccanismi flessibili di cooperazione stabiliti dalla normativa europea. Questi meccanismi sono stati pensati per garantire ai Paesi con maggiori criticità nella produzione interna di energia rinnovabile la possibilità di raggiungere ugualmente i target europei a costi contenuti, acquisendo anche solo figurativamente energia verde da Paesi con produzioneeccedentaria rispetto ai propri obiettivi, oppure sviluppando con altri Stati europei o Stati terzi progetti comuni. Ne derivano opportunità industrialiin due direzioni. La prima è quella classica dell’import substitution, che da sempre rappresenta la più sicura pista di lancio di una nuova industria. Si importanotecnologie già sviluppate e si applicano dove c’è unacarenza di offerta. In questa fase è cruciale la capacitàdegli operatori nazionali di acquisire le tecnologienecessarie, o di proporsi come partner locali dioperatori internazionali più maturi. L’entità delfabbisogno che si prospetta in Italia fa intravvedere lapossibilità di iniziative nazionali di rilievo.
La seconda opportunità consiste nel partecipare direttamente con le proprie imprese alla generazione di energia pulita da importare nell’ambito deicitati meccanismi flessibili. Alcune tra le tecnologie rinnovabili a maggiore rendimento, come ad esempio il solare termodinamico, troverebbero la loro più conveniente applicazione in aree collocate oltre la sponda meridionale del Mediterraneo: aree che costituiscono la naturale proiezione di sviluppoper la sponda europea. Progetti di integrazione energetica fra le due sponde del Mediterraneo possono rappresentare applicazioni estremamenteinteressanti di tecnologie che le imprese italiane già posseggono, in particolare nel trasporto dell’energia, o che si accingono a sviluppare. La produzione dienergia da fonti rinnovabili sul suolo nazionale consente anche una riduzione della dipendenza dall’approvvigionamento dall’estero di combustibili fossili. Al di là della maggiore sicurezza, un incremento della quota di rinnovabili sui consumiinterni di energia significa una duratura riduzione del saldo negativo della bilancia dei pagamenti. Nel 2008 la bilancia commerciale dei prodotti energeticiè stata negativa per circa 57 miliardi di euro: un miglioramento del 15% permetterebbe di coprire nel tempo l’investimento collettivo in corso nellecentrali elettronucleari con potenziali produttivi enormi e costanti nel tempo da un lato, e di fonti per loro natura intermittenti, diffuse sul territoriocon impianti di potenza necessariamente limitata come le rinnovabili. Gli Stati Uniti nel ridisegnare le proprie strategie energetiche sono partiti proprio da programmi per il rafforzamento e l’evoluzionedelle reti per renderle pronte alle trasformazioniin atto nelle modalità di produzione dell’energia.Le variabili in gioco e le dimensioni economiche delle scelte che il Paese deve affrontare richiedono una visione d’insieme che consenta di evitaredecisioni in qualche misura tra di loro confliggenti, affrontando consapevolmente i trade-off e ricercando gli effetti sinergici. In questa direzione può rivelarsideterminante il contributo agli obiettivi di politica energetica che potrebbe derivare dalla riduzione significativa di alcuni consumi energetici. Bastipensare, solo a titolo esemplificativo, che interventi di isolamento termico sugli edifici esistenti nella Regione Lazio, di costo pari a quello attualmente stimato peril programma nucleare italiano, farebbero ottenere una riduzione dei consumi di energia equivalente alla produzione delle centrali stesse. Il che significa cheavrebbe senso accostare strategie e tecnologie diverse, ma convergenti, con l’effetto di attivare la domanda e tirare fondi in industrie e in tempi diversi: il risparmio energetico attiva l’edilizia e la spesa in tempi relativamente brevi (ma ha ovviamente un limite insuperabile nel lungo termine), il nucleare e le rinnovabili attivano altre industrie e in tempi più lunghi, consentendo di non sovrapporre le uscite finanziarie.Un simile percorso ha bisogno di essere sorretto e guidato da scelte coerenti di politica industriale, volte allo sviluppo e al consolidamento di un tessuto di imprese in grado di tradurre tecniche e soluzioni innovative in nuovi prodotti e processi, contribuendo a trattenere sul territorio i benefici degli investimentirealizzati. Il risultato complessivo potrebbe essere quello di generare un Paese in grado di esportare un nuovo modello di well being sostenibile. rinnovabili. Per non far rientrare dalla finestra i saldi negativi che vorremmo far uscire dalla portaè però necessario che si sviluppi anche nel nostro Paese una filiera industriale per la produzione di tecnologia verde, che permetta di ridurre la dipendenza tecnologica dall’estero in questi settori.La sfida delle rinnovabili, d’altra parte, deve essererapportata e pesata anche con lo sviluppo del nuovo programma nucleare italiano. L’obiettivo di mediotermine indicato dal governo prevede accanto alla produzione del 25% del fabbisogno elettrico da rinnovabili, un ulteriore 25% da fonte termonucleare,che significa installare tra le otto e le dieci centrali a seconda della potenza degli impianti che verranno costruiti. In termini di investimento Paese, si stimache siano necessari almeno 40 miliardi di euro di sola costruzione, a cui andranno aggiunti i costi di decommissioning e degli impianti di stoccaggio degliscarti radioattivi, e non si tratta di cifre irrisorie se si pensa che tra il 1988 e il 2007 gli utenti in Italia hanno pagato in bolletta circa 8,6 miliardi di euro per lo smantellamento delle centrali del vecchio programma nucleare. Ciò significa che l’insieme delle strategie energetiche innovative, ripartito su diverse filiere industriali, può rappresentare veramente una base solida di domanda ad alta tecnologia e pianificabile, utilizzabile per ridare velocità all’industria italiana dell’energia. Con unavvertimento: al momento attuale quasi tutte le fontialternative hanno un costo di produzione maggiore di quello dell’energia da combustibili fossili. Costo che deve essere compensato da incentivi, che finiscono sulle bollette delle famiglie e delle imprese italiane, che già pagano l’elettricità a prezzi più alti rispetto ai maggiori Paesi europei. È quindi necessario che il sostegno alle nuove fonti venga graduato temporalmente per mantenerne il costo entro limiti di sopportabilità, e che il suo ritorno in termini di domanda ad alta tecnologia venga sfruttato a fondo dalle imprese del territorio. Un aspetto tutt’altro che secondario delle scelte in tema di fonti non tradizionali riguarda il disegno e l’adeguamentodelle reti di trasmissione e dispacciamento dell’energia, reso necessario dalla compresenza di centrali elettronucleari con potenziali produttivi enormi e costanti nel tempo da un lato, e di fonti per loro natura intermittenti, diffuse sul territoriocon impianti di potenza necessariamente limitata come le rinnovabili. Gli Stati Uniti nel ridisegnare le proprie strategie energetiche sono partiti proprioda programmi per il rafforzamento e l’evoluzionedelle reti per renderle pronte alle trasformazioniin atto nelle modalità di produzione dell’energia.Le variabili in gioco e le dimensioni economiche delle scelte che il Paese deve affrontare richiedono una visione d’insieme che consenta di evitaredecisioni in qualche misura tra di loro confliggenti, affrontando consapevolmente i trade-off e ricercando gli effetti sinergici. In questa direzione può rivelarsi determinante il contributo agli obiettivi di politica energetica che potrebbe derivare dalla riduzione significativa di alcuni consumi energetici. Basti pensare, solo a titolo esemplificativo, che interventi di isolamento termico sugli edifici esistenti nella Regione Lazio, di costo pari a quello attualmente stimato peril programma nucleare italiano, farebbero ottenere una riduzione dei consumi di energia equivalente alla produzione delle centrali stesse. Il che significa cheavrebbe senso accostare strategie e tecnologie diverse,ma convergenti, con l’effetto di attivare la domanda e tirare fondi in industrie e in tempi diversi: il risparmio energeticoattiva l’edilizia e la spesa intempi relativamente brevi (ma ha ovviamente un limiteinsuperabile nel lungo termine), il nucleare e le rinnovabili attivano altre industrie e in tempi più lunghi, consentendo di non sovrapporre le uscite finanziarie.Un simile percorso ha bisogno di essere sorretto e guidato da scelte coerenti di politica industriale, volte allo sviluppo e al consolidamento di un tessutodi imprese in grado di tradurre tecniche e soluzioni innovative in nuovi prodotti e processi, contribuendo a trattenere sul territorio i benefici degli investimentirealizzati. Il risultato complessivo potrebbe essere quello di generare un Paese in grado di esportare un nuovo modello di well being sostenibile.


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