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Perché l’asse Meloni-von der Leyen conviene a entrambe. Parla Palano

Il risultato uscito dalle urne ci consegna un quadro nel quale sono le persone a prevalere, più che i partiti in sé. Dalla personalizzazione, l’unico che viene penalizzato è il Movimento 5 Stelle, il grande sconfitto. Questo, nei rapporti con i dem, lo indebolisce ulteriormente e lo rende un partner meno appetibile. La Lega a traino Vannacci potrebbe essere un’insidia per il governo e a Meloni conviene l’asse con von der Leyen. Conversazione con Damiano Palano, politologo e direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Più dei partiti poterono le persone. La rappresentazione plastica che ci arriva all’esito delle elezioni Europee è proprio questa. Hanno vinto i candidati, non le formazioni da cui provenivano. Ha vinto Giorgia Meloni, ha vinto Roberto Vannacci, Stefano Bonaccini, Antonio Decaro. Chi invece ha perso terreno a seguito della personalizzazione “è stato il Movimento 5 Stelle, il grande sconfitto di questa tornata elettorale”. A dirlo a Formiche.net è Damiano Palano, politologo e direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il grande tonfo grillino indurrà a una riflessione la leadership pentastellata?

Queste elezioni hanno sicuramente avuto il dato pentastellato in controtendenza rispetto a quello dei partiti più tradizionali che si riconoscono nel leader. E mi riferisco in particolare a Fratelli d’Italia. Per il Pd il discorso è più complesso. Sicuramente, la personalizzazione che c’è stata negli altri partiti e che per loro è stata foriera di fortuna elettorale, per il Movimento 5 Stelle non c’è stata. Anzi: quando la loro linea politica si è concentrata su Conte, è iniziato il crollo.

In che cosa è più complessa secondo lei la dinamica del Pd? 

I risultati dicono chiaramente che la dirigenza del Pd non può prescindere dai leader territoriali che ne rappresentano la vera forza trainante. Il numero straordinario di preferenze raccolte sia dal governatore Stefano Bonaccini che dal sindaco Antonio Decaro indicano una via molto chiara in questo senso. Schlein dovrà tenere tutto questo nel debito conto.

Il Pd, comunque, esce rafforzato. E dunque anche la leadership della segretaria. 

In realtà, prendendo Bonaccini molte più preferenze rispetto alla segretaria, non è così scontato che il futuro per lei sia roseo. O meglio: Schlein ha tentato un’alchimia molto pericolosa che, al momento, l’ha premiata. Ma questa vittoria le ipoteca in qualche modo il futuro.

Come si configura questo risultato e questa differenza di forze in chiave interna tra Pd e Movimento 5 Stelle nell’ipotesi di un’alleanza?

Il Movimento 5 Stelle sta diminuendo drasticamente il suo appeal. Non è più un alleato particolarmente competitivo e, sicuramente, modificandosi così drasticamente i rapporti di forza, sarà il Pd nell’ipotesi di un’alleanza a dettare la linea.

Quanto il governo, in realtà, esce rafforzato da queste europee?

Esce rafforzato senz’altro. Ma può essere che questa calma apparente possa celare nuove tensioni interne nel medio periodo in prospettiva delle Politiche che sono lontane ma non così tanto. La Lega ragionevolmente tornerà a rumoreggiare. FdI ha preso il triplo dei voti del Carroccio. Per cui ritengo che continuerà a essere la spina nel fianco.

A maggior ragione col “fattore Vannacci”. 

Sì, la vannaccizzazione – Salvini regnante in segreteria – spingerà il partito sempre più a destra. Motivo per il quale è ragionevole che si registrino nuove tensioni. Al momento, l’ipotesi che la leadership leghista possa cambiare è piuttosto remota.

Come prevede possa cambiare la governance europea alla luce del risultato emerso dalle urne?

Non prevedo grossi cambiamenti per la verità nella governance e negli equilibri europei. Credo che gli equilibri in Commissione rispecchieranno quelli degli ultimi mesi, molto concentrati sui conflitti. La maggioranza uscente sarà più o meno confermata, con un ridimensionamento del blocco socialista.

E qui entrano in gioco i conservatori.

Qui entra in gioco più che altro Giorgia Meloni. A lei conviene legittimare Ursula von der Leyen per ottenere un trattamento, diciamo preferenziale, della Commissione sui conti pubblici italiani che non si trovano in condizioni ottimali per dirla con una battuta. D’altra parte a Ursula avere l’appoggio di un capo del governo di uno dei Paesi fondatori è molto importante e la rafforzerebbe.

L’avvicinamento Meloni-Le Pen lo vede fattibile?

Mi sembra assai improbabile. Tanto più che la leader del Rassemblement National si è più volte spesa in maniera fortemente critica rispetto all’ipotesi di una presidenza Von der Leyen. In più, non è scontato che – al di là di come sono andate le Europee – il RN possa arrivare ad esprimere il presidente del Consiglio in Francia dopo le politiche.



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