Rilanciare la competitività europea attraverso il completamento del mercato unico, in particolare per quanto riguarda la libera circolazione dei capitali e i servizi finanziari, e lanciare una politica industriale comune che assicuri al Vecchio continente le materie prime necessarie a sostenere l’evoluzione dei sistemi produttivi con l’introduzione delle nuove tecnologie. L’analisi di Antonio Parenti, direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, pubblicata nel pamphlet “Consigli per l’Europa”, allegato all’ultimo numero della rivista Formiche, sulle sfide che aspettano la prossima legislatura
La riflessione sulle possibili priorità della nuova legislatura europea è iniziata grazie ai contenuti di rapporti coordinati da tre italiani: il rapporto per la Commissione europea sulla competitività di Mario Draghi, il rapporto per il Parlamento europeo sul mercato unico di Enrico Letta e il rapporto per la presidenza belga sugli investimenti sociali di Enrico Giovannini.
La lista degli obiettivi strategici che ne deriva è ampia e possono essere identificate almeno cinque aree. Occorre prima di tutto consolidare i risultati raggiunti dalla legislatura precedente rispetto alla transizione verde, migliorando alcune politiche attraverso una cooperazione più assidua con il settore privato e grazie alla rivoluzione digitale, con il rafforzamento delle capacità operative per svolgere l’azione di controllo sul rispetto delle nuove regole sull’intelligenza artificiale, la protezione dei dati, la sicurezza cibernetica e il funzionamento dei mercati digitali.
Bisogna rilanciare la competitività europea attraverso il completamento del mercato unico, in particolare per quanto riguarda la libera circolazione dei capitali e i servizi finanziari, e lanciare una politica industriale comune che assicuri al Vecchio continente le materie prime necessarie a sostenere l’evoluzione dei sistemi produttivi con l’introduzione delle nuove tecnologie.
Questo è fondamentale anche per affrontare la terza grande sfida, che è la costruzione di un sistema di difesa comune passante per maggiori investimenti in ricerca e sviluppo, oltre che per una cooperazione sempre più stretta fra gli attori del settore privato europeo, in modo da generare maggiori livelli di efficienza e specializzazione.
È infine necessario riproporre al centro dell’azione politica il capitolo sociale e rendersi conto che esso è parte integrante e non in contraddizione con le politiche a sostegno della produttività. Per rubare le parole di Mario Draghi: “Se perseguiamo una strategia deliberata per cercare di abbassare i costi salariali e combiniamo ciò con una politica fiscale prociclica, l’effetto net- to è quello di minare il nostro modello sociale”.
Questo significa più regole fiscali comuni e maggiori investimenti per la coesione sociale. L’ultima sfida che attende l’Europa è quella dell’allargamento. Dai Balcani alla Georgia, all’Ucraina, sono nove i Paesi candidati a entrare a far parte dell’Unione europea.
Se alcuni di questi processi sono in corso da anni – ad esempio quello con la Turchia – altri probabilmente vedranno nel prossimo quinquennio un’importante accelerazione. Rispondere a queste sfide con l’attuale assetto istituzionale e di bilancio diventa sempre più difficile. Non è impossibile e la Commissione ha dato prova di poter raggiungere risultati eccezionali a trattati invariati.
Non è tuttavia possibile nascondere come l’attuale assetto istituzionale, che richiede l’unanimità in numerosi settori (con l’effetto di bloccare alcune riforme fiscali e sociali non più procrastinabili) e limita l’efficacia dell’azione europea con un bilancio di poco superiore all’1% del Pil europeo (il bilancio federale americano è, ad esempio, circa il 24% del Pil nazionale), stia diventando un freno importante nel dare ai cittadini europei quelle risposte richieste e pretese a livello europeo.
Se le riflessioni sulle nuove priorità politiche sono ricche di stimoli, la partita più importante è quella sull’architettura istituzionale. Questa richiede un confronto che coinvolga non solo tutte le istituzioni e i governi degli Stati membri, ma anche i Parlamenti nazionali e la società civile.
E, soprattutto, rende necessario un dialogo basato sui fatti e una comprensione del sistema europeo e dei limiti che ormai la dimensione nazionale ha raggiunto di fronte alle grandi sfide che attendono l’Unione.
Formiche 203 – Pamphlet Consigli per l’Europa
Industria, innovazione e Green deal. Consigli per l’Europa di Carlo Corazza