Appassionante non è una Chiesa che fa la pagella delle attività governative, piuttosto una Chiesa che – seguendo il Vangelo – ne cerca attuazione non tanto nel chiuso di propri “progetti culturali”, quanto nella sua azione pastorale, tutti i giorni. La familiarità dei presuli più importanti con le stanze del potere non deve sorprendere, ma è la familiarità con le vene del nostro Paese che credo conti di più. La riflessione di Riccardo Cristiano
I segreti in Vaticano non sono eterni. Anche la terza parte del segreto di Fatima, custodito come tale dal 1917, è stato parzialmente rivelato dall’allora segretario di stato Tarcisio Bertone, per volontà di papa Giovanni Paolo II, “nel passaggio dal secondo al terzo millennio”.
Il segreto custodito dal cardinal Ruini non afferisce a rivelazioni mariane, ma a colloqui politici che molti hanno interpretato o commentato con maggiore competenza di me. Trent’anni di segretezza sono tanti e il cardinale Camillo Ruini ha ritenuto di liberarsi del segreto svelando che il presidente Scalfaro, defunto, gli avrebbe chiesto di aiutarlo a far cadere Berlusconi. E che aiuto avrebbe potuto dare Ruini? Non credo che il richiedente si sarebbe aspettato novene. Questo segreto allora non ci direbbe che a quel tempo qualcuno potesse ritenere la Chiesa italiana incline all’ingerenza? Le interpretazioni di questa decisione del cardinale possono variare, anche queste però abbastanza scontate e “politiche”, ma devo dire che mi interessano poco.
Sto al racconto del cardinale e mi chiedo perché un colloquio del genere debba, o possa aver avuto luogo tra un Presidente della Repubblica e un così importante esponente della Chiesa Italiana. Di cosa si occupa la Chiesa? Di aiutare o non aiutare Presidenti o governi? È questo il suo compito, la sua missione? A molti appare scontato che sia così, a me no. Tanto per fare un esempio mi chiedo: a chi verrebbe in mente di chiamare il cardinale Matteo Zuppi per sgambettare Meloni? È questo il registro dei segreti ecclesiali? Non più le rivelazioni mariane, ma quelle quirinalizie, o di altri palazzi?
Le prolusioni del cardinal Ruini quando era presidente della Conferenza Episcopale Italiana, come le ricordo io, arrivavano presto a una pagella delle proposte o dei progetti dei governi in carica. È uno stile legittimo, ma a mio avviso poco appassionante. Spesso mi domandavo perché una delegazione della Cei non sedesse quale “osservatore permanente” nell’emiciclo. Èquello che accade all’Onu con lo Stato della Città del Vaticano, potrebbe accadere anche in Italia. Ma sarebbe giusto accompagnare una tale suggestiva proposta con la presenza di altri “osservatori permanenti”, tutti i firmatari di intese bilaterali con la nostra Repubblica. Messa così allora vale la pena passare dal faceto al serio e dire che qualcosa del genere già accade in alcuni Paesi, non nell’emiciclo, ma nelle commissioni parlamentari. E non è un brutto esempio.
Invece oggi accade che una critica, non da parte della Cei, ma del suo presidente, appaia un po’ troppo. E forse è meglio così, sebbene il diritto di critica vada sempre tutelato, anche per i vescovi. La critica che piaccia o non piaccia è sempre legittima.
Appassionante per me non è una Chiesa che fa la pagella delle attività governative, piuttosto una Chiesa che – seguendo il Vangelo – ne cerca attuazione non tanto nel chiuso di propri “progetti culturali”, quanto nella sua azione pastorale, tutti i giorni. La familiarità dei presuli più importanti con le stanze del potere non deve sorprendere, ma è la familiarità con le vene del nostro Paese che credo conti di più. Gli ospedali, i luoghi della cosiddetta accoglienza come della non accoglienza, le periferie, le scuole, statali o parificate, e poi il web ammalato e ammalante, che va pur esso evangelizzato.
Una Chiesa di popolo e per il popolo, direi parafrasando l’attuale papa regnante e il suo “una Chiesa povera e per i poveri”, questo credo che interesserebbe a molti, molto di più rispetto ad assidue presenze nei luoghi ristretti del potere politico. Non che quella possa sparire, ci sarà sempre, è normale che sia cosi. Ma il problema è quale sia l’acqua da aggiungere al vino e quale il vino nel quale aggiungere l’acqua.