Senza sussidi con cui dopare il mercato, i costruttori del Dragone non hanno chances di mantenere a lungo il primato. E poi Washington ha dalla sua tecnologia d’avanguardia e capacità industriale
Non ci sarà nessun knock-out, nessuna invasione. Non per gli Stati Uniti, almeno. La grande avanzata delle auto elettriche cinesi ha spaventato un po’ l’Occidente, che si è coperto il fianco alzando una cortina di dazi. Prima gli Usa, poi l’Europa, hanno di nuovo posizionato le rispettive contraeree, con tariffe, sponda Ue, fino al 40% su ogni veicolo elettrico importato. Ma se l’Europa potrebbe non vincere la sfida sul piano più prettamente industriale, Washington ha tutte le carte in regola. Lo mettono nero su bianco gli esperti del Wilson center nel report Competition, climate and resilience. Securing the Ev supply chain in America.
“Non c’è dubbio che l’industria automobilistica statunitense sia stata considerata non solo un importante motore dell’occupazione e della prosperità complessiva negli Usa, ma anche come una parte centrale dell’identità americana. In questo senso, l’industria automobilistica statunitense è l’industria simbolo della nazione. E l’ingresso dell’industria nella sua nuova era dell’elettrico non solo trasformerà la medesima, ma ha anche l’economia e, di conseguenza, la competitività”, scrivono Alexandra Helfgott e Duncan Wood.
Tutto ciò premesso, “dobbiamo aspettarci progressi da parte delle case automobilistiche americane, perché la posta in gioco è alta. Mentre la Cina
domina attualmente l’industria globale delle batterie per veicoli elettrici, con i maggiori investimenti su scala planetaria, gli Stati Uniti potrebbero tuttavia
superare i produttori cinesi con tecnologie d’avanguardia. Questo aumenterà la competitività dei produttori statunitensi, aprendo i mercati d’oltreoceano e offrendo maggiori opportunità. Perché, se gli Stati Uniti non mantengono la loro leadership nel settore dei veicoli elettrici, finiranno con il cedere terreno ai concorrenti”, si legge nello studio del Wilson. Ma per assicurarsi di non perdere la sfida con il Dragone, il governo statunitense deve fare la sua parte. “Gli Usa devono rendere la catena di approvvigionamento dei veicoli elettrici più resiliente, mediante un approvvigionamento dei minerali critici, migliorando la progettazione e il riciclo delle batterie e ampliando la rete di ricarica”.
Gli Usa poi possono contare, oltre che sulle loro capacità, anche sui problemi atavici dell’economia cinese. “La Cina ha fatto da apripista al mercato delle auto elettriche, con una crescita esplosiva delle vendite negli ultimi anni: nel 2022 le vendite di veicoli elettrici sono cresciute del 74%, grazie a generosi sussidi. Ma nel 2023 abbiamo visto la fine di queste sovvenzioni e un più ampio malessere economico. La crescita delle vendite di veicoli elettrici si è sviluppata invece più lentamente in in Europa e negli Stati Uniti, ma nel 2023, con la decelerazione cinese, queste due regioni hanno messo a segno un sorpasso, crescendo rispettivamente del 37% e del 47%, contro il 21% della Cina”.
Insomma, il Dragone vive ancora dello sprint degli anni scorsi, ma gli Usa sono più che mai in partita. E questo perché “la decelerazione in Cina fa capire essenzialmente tre cose. In primo luogo, dimostra l’importanza del regime di sovvenzioni e sussidi, senza i quali i cinesi non comprano auto elettriche e le case non le producono. In secondo luogo, ha portato a una guerra dei prezzi tra i diversi produttori nazionali di veicoli elettrici per cercare di mantenere quota di mercato, innescando una guerra intestina”. Ora non resta che attendere l’evoluzione del mercato, ma una cosa è certa: Pechino non è la padrona assoluta dell’universo della mobilità elettrica.