Fino a oggi i ricercatori impiegavano tanti anni e ancor più soldi per sviluppare nuovi medicinali. Oggi, grazie alla tecnologia, investimenti e tempi sono ampiamente ridotti. E soprattutto, a crescere sono i benefici per i pazienti
Sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale si è scritto tanto e si continuerà a farlo. L’apporto della tecnologia è un qualcosa a cui è già oggi impossibile rinunciare e più il progresso continuerà più ci accorgeremo della sua indispensabilità. L’esempio concreto arriva dalla produzione di farmaci, che grazie all’IA sta conoscendo una nuova frontiera. Se prima gli scienziati impiegavano tanti anni e ancor più soldi per avere un risultato a metà, quando non del tutto fallace, con il supporto delle varie start up è in atto una vera e propria rivoluzione nel campo della farmaceutica.
A metterla in evidenza è stato (anche) un reportage del New York Times all’interno del Terray Therapeutics, nella californiana Monrovia, dove grazie all’automazione dei dati si stanno compiendo passi da gigante. Il funzionamento delle macchine è identico a quello che già conosciamo, funzionando alla stessa maniera di un chatbot qualsiasi, che viene educato per ottenere un certo tipo di output. Le macchine sono dunque addestrate per analizzare una quantità enorme di dati, dalle informazioni molecolari alle strutture proteiche e le misurazioni delle interazioni biochimiche – ad esempio, attraverso lo studio della solubilità di un medicinale si può capire come migliorare l’efficacia. Da queste, riescono a dare risposte su quali farmaci sono più utili. In questo modo, l’IA generativa è in grado di progettarne uno, che deve ovviamente passare diversi test prima di essere convalidato.
L’atto rivoluzionario sta nel fatto che la scienza può anticipare di molto i suoi tempi. Il Nyt spiega che, in media, si spendono 985 milioni di dollari (secondo altri è più del doppio) e tra i 10 e i 15 anni per sviluppare nuovi medicinali, con una possibilità di fallimento altissima. Per risolvere questi problemi l’IA è l’alleato più forte e le aziende farmaceutiche lo hanno compreso, finanziando i ricercatori. Isomorphic, partorita da Google DeepMind, si occupa proprio di questo con la convinzione che bisogna puntare sulla potenza dei software per avere meno necessità di dati.
Il che velocizza l’intero processo, è logico. Pensiamo allo screening dei test biologici, un’operazione centrale per la scoperta di nuovi farmaci. Nel momento in cui la produttività è aumentata grazie all’automazione, è possibile analizzare più composti in tempi più brevi, ottenere i risultati di cui si è alla ricerca e scartare invece ciò che non va bene. L’algoritmo può infatti aiutare i ricercatori sull’efficacia dei medicinali e, ovviamente, anche sulla loro fallacia, dando una grande mano nel monitoraggio degli esperimenti. A crescere è quindi anche l’affidabilità riducendo al contrario le ripetizioni dei test – che, visto il tema trattato, non è affatto un aspetto secondario. La conseguenza pertanto è una diminuzione degli errori umani.
In base a un sondaggio, la maggior parte di coloro che gestiscono laboratori medici sono a favore dell’automazione del loro lavoro. Il 93% è convinto che migliori le abilità, mentre il 90% i tempi di consegna. Soprattutto, sembra che i risultati positivi sui pazienti siano elevati. E questo è il dato più importante su cui continuare a lavorare.