La politica estera, la scelta atlantica, la visione europea. Cosa insegna la figura di Alcide De Gasperi a settant’anni dalla morte. Il centrismo, il rapporto con Dossetti e la grande lungimiranza sulle debolezze della Costituzione. Le cinque lezioni del fondatore della Democrazia Cristiana nel libro di Antonio Polito, letto da Gaetano Quagliariello, Matteo Renzi e Aldo Cazzullo alla Galleria Nazionale
Il libro del “più bravo editorialista d’Italia” (Aldo Cazzullo dixit) racconta di un amore tra due persone con culture diverse, provenienze distanti e credo politico sostanzialmente antitetico. Eppure è nato un amore. Profondo, benché non si siano mai – per ragioni anagrafiche – conosciuti.
Antonio Polito è il solo che si è cimentato, in occasione del settantesimo anniversario dalla morte, nella scrittura di un libro sul fondatore della Democrazia Cristiana e presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi. Già lo sappiamo, le due indicazioni che abbiamo dato non sono sufficienti a riassumere una delle personalità più eminenti del Novecento.
L’impostazione del volume – presentato ieri pomeriggio alla sala delle Colonne della Galleria Nazionale – è dichiaratamente agiografica, come sottolinea la moderatrice del pomeriggio, Alessandra Sardoni. Ma d’altra parte, osserva l’ex premier e leader di Italia Viva, Matteo Renzi, “non potrebbe essere altrimenti: se c’è un padre della Patria, questo è Alcide De Gasperi. E non riconoscerlo significherebbe essere in malafede”. Per cui “non è agiografia, ma constatazione della realtà”.
La realtà che l’autore, Antonio Polito, nel suo Il costruttore. Le cinque lezioni di De Gasperi ai politici di oggi (Mondadori) analizza da una chiave prospettica interessante, profonda e attuale al contempo.
A cogliere l’essenza profonda e in qualche modo storiografica del volume è il presidente della fondazione Magna Carta, Gaetano Quagliariello. “Questo libro – spiega – coglie l’esigenza di riempire un vuoto sulla storia di De Gasperi. Dunque Polito ha contribuito alla riscoperta di una personalità altissima ma che non appartiene alla memoria collettiva del Paese, nonostante sia stato – appunto – un costruttore dell’Italia e dell’Europa”.
Sarebbero formulabili tantissime ipotesi sul perché, a ben osservare, su De Gasperi penda una colpevole amnesia collettiva. Dalla famigerata “Legge Truffa” – che poi “tanto truffa non fu, dal momento che fissava il premio di maggioranza oltre il 50%, come chiarisce l’autore stesso – ma Quagliariello ne identifica una che probabilmente ha il fondamento più robusto. “Differentemente da altri – osserva – il fondatore della Dc fu tanto antifascista quanto anticomunista. Altre biografie diverse dalla sua, riescono a riaccendere nel Paese l’eterno conflitto tra fascisti e antifascisti. O presunti tali. Quella di De Gasperi no”.
Senza contare che la stagione gloriosa del centrismo “è misconosciuta a partire dai centristi stessi”, la cui grande colpa è quella di non essere riusciti a “creare una subcultura”.
Attualizzando il discorso, Renzi pur constatando che “il centro è il grande sconfitto delle elezioni europee” sostiene fermamente che “in un contesto di polarizzazione così estremizzato, c’è uno spazio politico enorme potenzialmente da costruire e intercettare. Il punto è: in che modo?”.
Tra una frecciata a Meloni per una riforma – il premierato – “che è un grande pasticcio” e una stilettata al Pd di Schlein che “candida uno che vuole sciogliere la Nato”, il leader di Italia Viva arriva alla prima, forse più importante, lezione di De Gasperi ai politici di oggi. “La lezione più preziosa – spiega Renzi – è quella legata alla politica estera che da sempre, in Italia, è il collante delle forze politiche. Sia di governo che di minoranza. Oggi, invece, questa regola non vale più”.
Di qui la sottolineatura sulle “profonde divisioni” tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra proprio sulla politica estera, dal conflitto in Ucraina a quello in Medio Oriente.
A proposito di attualità, Renzi calca la mano sulla centralità “del tema dell’esercito europeo”. Sembra quasi la campagna per le Europee del 2024. Invece erano le intuizioni di un grande statista che “ebbe la lungimiranza di portarci ad aderire alla Nato”.
Proprio nei giorni in cui il premierato arriva alla sua prima approvazione in aula, ecco tornare di disarmante contemporaneità il messaggio degasperiano. Ed è proprio l’autore, editorialista di lungo corso del Corriere della Sera, anche in scia ad alcune sollecitazioni arrivate da Renzi, a centrare il punto.
“De Gasperi – osserva – capì che la Costituzione mostrava segni di debolezza nel garantire stabilità agli esecutivi. Lo sapeva e lo percepiva. Eppure non se ne occupò approfonditamente. Ebbene, quegli elementi di criticità che hanno consegnato al Paese governi deboli, permangono tutt’ora”.
Potremmo dire che quella di De Gasperi fu una tragica lungimiranza. Perché, è vero che fece cose grandiose per il Paese – e per il Mezzogiorno – ma “quel marchio di fabbrica della “legge truffa” affibbiatogli dai comunisti, funzionò. E ci si dimenticò di lui”.
Su questo, cogliendo l’assist, è il collega del Corriere, Aldo Cazzullo che oltre a ricordare il rapporto tra il fondatore della Democrazia Cristiana e Giuseppe Dossetti – “la sua spina nel fianco” – prova a mettere in fila le ragioni di questa colpevole dimenticanza a fronte, invece, di una poderosa produzione letteraria in occasione di altre ricorrenze. Dal centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, fino al quarantennale dalla morte di Enrico Berlinguer.
Dopo una carrellata sfiziosa di aneddoti, tra la storia e il racconto – Cazzullo ha una capacità divulgativa e di affabulatore straordinarie – passando in rassegna personaggi del calibro di Giorgio La Pira, Scelba e Bernabei, torna sull’importanza del libro. “Questo volume – chiosa – è prezioso non solo perché è l’unico che ricorda questo importante anniversario. Ma soprattutto perché riporta cinque lezioni preziosissime ai politici dell’oggi. De Gasperi è una figura altissima, anche perché intuì per primo l’importanza della politica estera e dell’appartenenza all’Europa. Anzi, diciamo nel suo essere costruttore, contribuì a fondarla”. Più che un libro di storia o che parla del passato, quello di Polito è una raccolta di appunti per l’oggi. O forse per il domani.