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Usa e Cina tornano a parlare (informalmente) di nucleare. Ecco come

Un report esclusivo di Reuters conferma la ripresa dei colloqui Track Two tra Washington e Pechino nel marzo di quest’anno. Ma ancora non ci sono novità per quel che riguarda conversazioni ufficiali di sorta

Stati Uniti e Cina si parlano, anche se in modo informale, su una tematica di rilevanza primaria: quella nucleare. Un’inchiesta di Reuters rivela come nel marzo di quest’anno Washington e Pechino abbiano ripreso, per la prima volta dopo un’interruzione durata cinque anni, le conversazioni sugli armamenti nucleari secondo la cosiddetta Track Two Diplomacy, ovvero quella diplomazia non portata avanti da funzionari ufficiali di uno Stato, ma da ex-funzionari ed esponenti accademici che possono parlare con autorità della posizione del loro governo, senza esserne diretti rappresentanti.

I rappresentanti di Pechino, secondo quanto riportano all’agenzia di stampa internazionale due delegati americani che hanno partecipato ai colloqui, avrebbero detto alle controparti statunitensi che non avrebbero fatto ricorso a minacce atomiche su Taiwan, al fine di rassicurarli dopo che essi statunitensi avevano sollevato il timore che la Pechino potesse usare (o minacciare di usare) armi nucleari in caso di sconfitta all’interno di un conflitto su Taiwan. La delegazione cinese si sarebbe infatti mostrata assolutamente convinta di poter prevalere in una lotta convenzionale per l’isola

Un portavoce del Dipartimento di Stato interpellato da Reuters ha definito “vantaggiosi” questi colloqui, specificando però che essi non possono sostituire i negoziati formali “che richiedono ai partecipanti di parlare in modo autorevole su questioni che sono spesso altamente compartimentate all’interno dei circoli governativi (cinesi)”.

A novembre i due Paesi hanno ripreso brevemente i colloqui Track One sulle armi nucleari, ma da allora i negoziati si sono arenati e un alto funzionario statunitense ha espresso pubblicamente la propria frustrazione per la reattività della Cina. A destare allarme al Pentagono è la repentina crescita dell’arsenale nucleare della Repubblica Popolare registrata negli ultimi anni, che oggi conta cinquecento testate, e che dovrebbe raggiungere quota mille entro il 2030. Contemporaneamente, Pechino ha anche modernizzato la sua triade nucleare e la sua readiness, avviando la produzione del suo sottomarino balistico di nuova generazione, testando testate ipersoniche e conducendo regolari pattugliamenti marittimi con armi nucleari.

L’analista di politica nucleare del Henry Stimson Centre William Alberque ha affermato che l’arsenale in continuo miglioramento della Cina supera le esigenze di uno Stato con una politica di deterrenza minima e di non primo utilizzo.

Lo scorso maggio il Sottosegretario di Stato per il controllo delle armi Bonnie Jenkins ha dichiarato al Congresso che la Cina non ha risposto alle proposte sulla riduzione del rischio di armi nucleari avanzate da Washington durante i colloqui formali dello scorso anno, e che non ha ancora accettato di partecipare a ulteriori incontri tra governi.

 

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