Più che coltivare l’avventura di far votare il premier ai cittadini, si pensi a ridare la possibilità di eleggere direttamente i rappresentanti dei loro territori oggi decisi dai segretari dei partiti. Il commento di Raffaele Bonanni
Brutti tempi per la Repubblica se la Costituzione diventa oggetto di baratto; ti offro l’autonomia differenziata se mi dai l’elezione diretta del premier. Insomma, il governante di turno può modellarsi a suo piacimento la Costituzione, come un abito per sé, qualora dovesse possedere in quel momento la maggioranza. In tale contesto due funzioni di grande rilievo istituzionale e costituzionale diventano affare solo della maggioranza, come se le funzioni repubblicane non fossero di tutti i cittadini e delle loro realtà di adesione politiche e sociali.
Da queste mosse non c’è da aspettarsi nulla di buono dal proposito di dare forza con il voto diretto al presidente del Consiglio, se nel contempo non si provvede a ridare all’elettore il diritto di scelta del proprio parlamentare, diritto usurpato dai capi partito.
Continuando così, potrà accadere che il capo di una maggioranza, che ricordiamo essere anche capo di un partito, potrà dominare Parlamento e governo, riassumendo il potere legislativo e governativo in un tutt’uno. Come se non bastassero questi rilievi di enorme valenza costituzionale, se ne aggiungono altri ancora.
Infatti, il ruolo di arbitro del Presidente della Repubblica sulle procedure di garanzia costituzionale utili alla formazione dei governi e allo scioglimento del Parlamento, verrebbe irrimediabilmente compromesso. È possibile che si possa ignorare la civile e democratica idea che un potere per essere legittimo ha necessità di un altro altrettanto forte che lo bilanci? In un Paese che non riesce a concepire le istituzioni come un bene da custodire oltre le contese partitiche, con partiti che hanno smarrito la consegna dei Costituenti sul loro primario compito di promozione della partecipazione dei cittadini alla costruzione della Polis, e con un corpo elettorale che partecipa al voto con meno del 50%, e con premi di maggioranza, la strada verso il Putinismo è segnata.
Insomma, occorrerebbe arrestare tale corsa forsennata divisiva del Paese, proprio nel momento cruciale per edificare l’Europa politica e salvaguardare la sovranità degli Italiani ed europei tutti, sfidata dalle cupe turbolenze internazionali, dai potentati economici e dai grandi Paesi del globo. La concorrenzialità tra le forze politiche è un bene per la democrazia liberale, ma lo scontro tribale senza regole e a prescindere dagli interessi del Paese, ci espone a rischi incalcolabili. La stessa autonomia differenziata condurrà la Nazione alla rovina, compromettendo la coesione sociale, spingendo lo Stato alla sua dissolvenza.
Scuola, sanità, fisco, il bene della mobilità di persone e merci con i trasporti, sono il cuore dei diritti sociali e i pilastri della buona economia. Essi, in ogni parte del mondo, vengono considerati beni su cui poter meglio contare con l’economia di scala più larga raggiungibile. In tale efficienza, i cittadini di una nazione accrescono così la loro identità ed appartenenza al di là delle differenze economiche e geografiche. Ed allora si eviti il salto nel buio nelle Regioni, così come negli assetti istituzionali nazionali. Più che coltivare l’avventura di far votare il premier ai cittadini, si pensi a ridare la possibilità di eleggere direttamente i rappresentanti dei loro territori oggi decisi dai segretari dei partiti.