Il deficit sempre più ampio impone a Kyiv la ricerca di nuove entrate, che possono arrivare solo dalle imprese. Il rischio è però quello di strozzare quel poco di sistema industriale rimasto, oltre che porre le aziende dinanzi a una scelta molto difficile. Ecco quale secondo un report del Bard College
Può suonare strano che, in un Paese in guerra da due anni e mezzo, si possa parlare di tasse. Eppure è così. A Kyiv servono soldi e servono subito. Non solo per onorare il debito da 20 miliardi con i creditori esteri, su cui a dire il vero è in corso una difficilissima e per nulla scontata negoziazione. Ma anche per sopravvivere a un conflitto che potrebbe durare ancora mesi, forse anni. E così, come emerge da un’analisi del Bard College di Berlino, in Ucraina anche gli imprenditori combattono la loro piccola grande guerra.
Lo scorso mese di giugno, il governo di Volodomyr Zelensky “ha presentato al parlamento ucraino un progetto di legge che prevede che le aziende paghino 530 dollari al mese per ogni lavoratore esentato dalla mobilitazione. Una tassa, in piena regola. Se un dipendente, per questo o quel motivo, non può andare al fronte, allora l’impresa che lo ha assunto, deve pagare”. Una proposta prontamente respinta dalle piccole e medie aziende, quelle con le spalle meno larghe, con meno cassa e meno disponibilità.
Il conto, si legge nell’analisi del Bard, lo ha fatto il ministro delle Finanze Sergii Marchenko per il quale l’economia ucraina è lungi dall’essere autosufficiente e necessita immediatamente di 3 miliardi di dollari al mese per provare a stare dietro allo sforzo bellico. D’altronde, è vero che il G7 a Borgo Egnazia ha raggiunto un accordo di massima per un prestito da 50 miliardi di euro all’Ucraina, da restituire con bond garantiti dagli asset russi. Ma tutto è ancora sulla carta. E Kyiv non può certo aspettare troppo tempo. Il governo ha ammesso un deficit di bilancio di 5 miliardi di dollari nel 2024, dovuto alle spese militari. A fronte di questo, ci sono obbligazionisti che attendono di incassare, come detto poc’anzi, cedole per 20 miliardi. I soldi, da qualche parte, devono arrivare.
Di qui il piano per aumentare le tasse e le accise sui carburanti. Il che mette le aziende dinnanzi a un dilemma, quasi esistenziale. Se lo Stato esige 500 dollari al mese per lasciare i lavoratori al loro posto, l’imprenditore o paga oppure risparmia i soldi ma rischia di perdere la forza lavoro, che se ne va al fronte. Di qui una conclusione da parte degli esperti del Bard. “In Ucraina la crisi demografica si sta aggravando e l’inflazione sta iniziando a salire pericolosamente. In queste circostanze, l’aumento delle tasse sul carburante e sugli imprenditori potrebbe spostare molte piccole attività nell’economia sommersa o provocarne la chiusura, portando a un ulteriore spopolamento delle aree rurali. Sebbene l’indipendenza economica sia necessaria, è difficile immaginare che i buchi di bilancio possano essere colmati da tali misure, che potrebbero peggiorare le cose”.