Dal Forum in Portogallo il presidente della Bce fa capire alla sua maniera che la lotta all’inflazione non è affatto conclusa e che nuovi tagli non sono all’ordine del giorno. Rimettendosi così in scia alla Fed
A giugno fu divorzio, ora forse potrebbe esserci un ripensamento. Un mese fa la Banca centrale europea ha tagliato, dopo quasi due anni e dieci rialzi, il costo del denaro, portandolo al 4,25%. Sancendo così la separazione dalla Federal Reserve, che i tassi non li vuole ancora ridurre, a meno che l’inflazione americana non cominci a dare reali e concreti segni di cedimento strutturale. Difficile pensare che possa avvenire con un mercato del lavoro, quello statunitense, a pieno regime e un’economia tutto sommato su di giri. Dunque, poche settimane fa, la Bce ha interrotto la storica tradizione che vuole l’Europa accodata alle decisioni di politica monetaria americane.
Ora però, dal Forum di Sintra, in Portogallo, l’annuale appuntamento delle banche centrali organizzato proprio dall’Eurotower, Christine Lagarde ha raffreddato gli animi. Sì, i mercati si aspettano nuovi tagli in scia a quanto deciso a giugno, l’apertura di un ciclo se così si può dire. Ma l’ex direttore del Fmi, che forse non era nemmeno troppo convinta delle sue decisioni quattro settimane orsono, ha fatto intendere che una rondine non fa primavera. Tradotto, Lagarde continua a non lasciare grandi speranze alle colombe, ai mercati e ai cittadini dell’area euro, che sperano in un altro taglio dei tassi imminente dopo la prima sforbiciata annunciata il 6 giugno scorso.
Il messaggio può più o meno suonare così: che ci siano stati progressi nel percorso disinflazionistico è evidente, e Lagarde lo ha chiaramente ricordato nel discorso con cui ha inaugurato il forum di Sintra. “A ottobre 2022 l’inflazione ha registrato un picco del 10,6%. A settembre 2023, ultima volta in cui abbiamo innalzato i tassi, era diminuita di oltre la metà, al 5,2%. E poi dopo nove mesi di tassi di interesse invariati, abbiamo visto di nuovo l’inflazione dimezzarsi al 2,6%, decidendo pertanto di ridurre i tassi per la prima volta a giugno”.
Eppure quando si tratta di Lagarde, c’è sempre un ma di mezzo. E anche stavolta non è mancato. “Non abbiamo ancora portato a termine il nostro compito e dobbiamo rimanere vigili. Al momento stiamo ancora affrontando una serie di incertezze riguardo all’inflazione futura, in particolare per quanto riguarda l’evoluzione del nesso tra profitti, salari e produttività e la possibilità che l’economia sia colpita da nuovi shock dal lato dell’offerta. Ci occorrerà del tempo per raccogliere dati sufficienti che ci offrano la certezza di esserci lasciati alle spalle i rischi di un’inflazione superiore all’obiettivo”. Avviso ai naviganti, non sono assolutamente certi nuovi tagli in estate.
Di qui l’assonanza con Jerome Powell, anch’esso presente a Sintra. “Vogliamo essere più sicuri che l’inflazione stia scendendo in modo sostenibile verso il 2% prima di iniziare il processo di riduzione della nostra politica restrittiva. Abbiamo fatto molti progressi ma vogliamo solo essere sicuri che i livelli che stiamo vedendo siano una vera lettura di quella che è l’inflazione sottostante. Come dicevamo alla fine dello scorso anno, quando ci dovevano che dovevamo dichiarare vittoria sull’inflazione, poi abbiamo avuto un trimestre di inflazione ben sopra il 3%. Quindi vogliamo essere più sicuri. E francamente, poiché l’economia statunitense é forte, abbiamo la capacità di prenderci il nostro tempo e fare le cose per bene”. Alla domanda se settembre potrebbe essere il momento giusto per un primo taglio, Powell ha risposto di non voler fissare alcuna data specifica. “Lasciatemi anche dire che siamo ben consapevoli che se interveniamo troppo presto possiamo annullare il buon lavoro fatto finora, e se interveniamo troppo tardi, potremmo inutilmente minare la ripresa e l’espansione”. Insomma, c’è ancora tempo.