Conversazione con l’ex ministro della Difesa: “Giusto aprirsi al rapporto con i conservatori perché è una novità dentro il panorama politico popolare, abituato a decenni di grande coalizione: quando i conservatori britannici partecipavano all’esperienza del gruppo popolare europeo, ovviamente le relazioni erano molto più equilibrate e anche il rapporto di grande coalizione si arricchiva nel rapporto con i popolari. Sarebbe un passo avanti significativo, secondo me, se Popolari e Fratelli d’Italia si parlassero in modo da riprodurre quella logica”
Sarebbe stato auspicabile da parte del Consiglio europeo una sensibilità diversa quanto alle modalità di procedere? Sì, risponde a Formiche.net l’ex ministro della difesa Mario Mauro, esponente popolare e già vicepresidente del Parlamento europeo, secondo cui chi è chiamato a dare garanzie in questo senso sia in sede europea sia in sede di Partito Popolare Europeo sono soprattutto gli esponenti italiani del Ppe. Non solo la netta affermazione di FdI alle elezioni europee è un punto di partenza, ma l’esperienza britannica può essere utile per favorire un dialogo tra Ppe e Giorgia Meloni.
Manfred Weber dice che sulle nomine l’Italia merita rispetto ma i conservatori hanno due facce: cosa significa?
Il tema incide trasversalmente sull’intero prosieguo della legislatura nel senso che, ad oggi, non è stata completata la costituzione del gruppo dei conservatori in Parlamento europeo. E questo in ragione del fatto che non c’è un’intesa tra i partiti del gruppo su come proseguire il percorso e, segnatamente, pesa su questo il differente punto di vista tra polacchi e italiani. Pur avendo in comune la posizione a sostegno dell’Ucraina, effettivamente i polacchi sono tentati dalle proposte di Viktor Orban e dall’idea di poter procedere con un accordo che sia di più diretto confronto, non solo con la sinistra europea, ma anche con i popolari. Queste sono le due facce di cui parla Weber, a cui ovviamente non fa difetto il fatto che nelle considerazioni che muove deve tener conto del punto di vista di chi oggi in Polonia è al governo: cioè quel Donald Tusk che lo ha preceduto sulla poltrona di presidente dei popolari europei e che è stato anche presidente del Consiglio europeo.
Quindi?
Inevitabilmente proprio il desiderio manifestato oggi, ma immediatamente prima del Consiglio europeo anche dallo stesso Tusk, di tener conto della situazione italiana e di voler procedere con attenzione e anche con interesse nei confronti della posizione del nostro Governo, fa poi a pugni con una realtà molto dura da digerire: in alcuni Paesi chiave la destra alleata di Meloni non è in un rapporto di collaborazione come avviene in Italia tra Fratelli d’Italia e Forza Italia, ma è in un rapporto di scontro totale con i popolari. Questo evidentemente incide e compromette parzialmente lo scenario europeo.
Quando Weber ammette che c’è stato un brutto clima al vertice europeo, riconosce che sarebbe stato utile attendere le elezioni in Francia e favorire un humus diverso?
Il vertice di fine giugno è stato caratterizzato dal posizionamento strategico di socialisti e liberali che hanno cercato di gestire quel momento per trasformare i vincitori delle elezioni europee, cioè i popolari, nella minoranza della maggioranza. Questo tentativo non si è esaurito, ma prosegue attraverso la volontà da parte di questi due gruppi politici di imporre nell’alleanza in Parlamento la scomoda presenza dei Verdi ai popolari. Si tratta di una questione dirimente dal punto di vista del contenuto della prossima legislatura, perché evidentemente mettersi in sicurezza coinvolgendo i Verdi significherebbe poi dover pagare un prezzo molto alto. E non è la sola delegazione italiana di Forza Italia ad aver rimarcato questa contraddizione, invitando i dirigenti popolari a non allargare l’orizzonte dell’alleanza agli stessi Verdi. Ma se rimane difficile il dialogo a sinistra è sostanzialmente compromesso quello a destra.
In che misura?
Qui i messaggi contenuti nell’intervista di Weber esprimono la volontà di aprire uno spazio privilegiato di dialogo con il partito della Meloni e con la Meloni stessa, insistendo nella distinzione appunto tra Ecr e il PiS, cioè il Partito della Giustizia e dello sviluppo polacco. È un’operazione piuttosto pericolosa.
Perché?
Perché offrendo questa sponda alla leader di Ecr le si chiede sostanzialmente di portare la propria nave al sicuro come nazione, abbandonando però al proprio destino chi gli è vicino dal punto di vista del giudizio politico. E questo non so quanto sia realisticamente accettabile da parte della presidente di Ecr. In questo momento Meloni è troppo a destra per gran parte dei popolari o comunque sicuramente per coloro che ritengono ancora plausibile un’intesa popolari, liberali, socialisti. Ma è già non abbastanza estrema per tutti coloro che vogliono dar vita a un raggruppamento più a destra di Ecr che in alcun modo si comprometta con chi ha gestito lo status quo fino ad oggi. Ripeto, in questo caso vorrebbe dire non solo e non tanto socialisti e liberali, quanto soprattutto i popolari stessi. È una situazione piuttosto scomoda per il partito che ha vinto in Italia le elezioni europee e che per la prima volta porta 24 deputati all’interno del Parlamento europeo. Dovranno così essere molto abili i negoziatori di Ecr in Parlamento e soprattutto la leader sul piano delle relazioni internazionali, per evitare di rimanere emarginata nonostante abbia avuto un ottimo successo elettorale.
Con la Francia in preda ad una crisi politica e con la Germania che sconta il crollo di Spd e Verdi, non è l’Italia è l’unico Paese con il governo più stabile in Europa? E alla luce di questo ragionamento non sarebbe stato auspicabile da parte del Consiglio una sensibilità diversa quanto alle modalità di procedere?
Secondo me sì, ma ciò dipende nella forma e nella sostanza dall’impegno dei popolari: lo dico senza girarci troppo intorno, chi è chiamato a dare garanzie in questo senso sia in sede europea sia in sede di Ppe sono soprattutto gli esponenti italiani del Partito Popolare europeo. Non è sufficiente ripetere questa tesi a parole ma è giusto aprirsi al rapporto con i conservatori perché è una novità dentro il panorama politico europeo, abituato a decenni di grande coalizione. Il rapporto con i conservatori non è sconosciuto, nel senso che quando i conservatori britannici partecipavano all’esperienza del gruppo popolare europeo, ovviamente le relazioni erano molto più equilibrate e anche il rapporto di grande coalizione si arricchiva nel rapporto con i popolari. Sarebbe un passo avanti significativo, secondo me, se Popolari e Fratelli d’Italia si parlassero in modo da riprodurre quella logica. Ricordo a tutti che a quell’epoca i democratici europei e i democratici europei erano appunto i conservatori britannici. Fu un periodo molto fecondo, del quale sono stato peraltro anche personalmente protagonista. Esisteva un punto di governo di quel gruppo parlamentare che era gestito dai vertici della delegazione tedesca, inglese ed italiana ed è stato il periodo sicuramente migliore, durato fino agli inizi del 2009.
Il via libera in commissione Giustizia del Senato al ddl sul reato universale di maternità surrogata come si inserisce con il tema dei valori dei singoli partiti da riflettere sul piano europeo? La svolta green di Timmermans sapendo che il monopolista delle batterie è la Cina è un tema di ampio dibattito.
La questione che i valori europei siano quelli della sinistra europea è tutta da dimostrare. Cioè i valori sono quelli condivisi, quelli comuni che mettono al centro la persona. E da questo punto di vista l’identità dei partiti di tradizione cristiano-democratica-liberale non ha assolutamente permessi da richiedere per poter esercitare con convinzione il credo di questi valori: questa la verità che molti hanno pensato, soprattutto in tempi recenti. Le ultime due legislature hanno condizionato parecchio da questo punto di vista: la teoria cosiddetta dei diritti è forse sostitutiva ed alternativa rispetto alla storica dottrina sui diritti umani che è nata alla fine la seconda guerra mondiale con la creazione delle grandi istituzioni sovranazionali e questo è un dibattito di cui esistono punte rilevanti e interessantissime. Pensiamo alla volontà francese di mettere l’aborto addirittura in Costituzione. Così come speculare è stata l’iniziativa ungherese che lo ha proibito nello stesso tipo di testo, ma che esprime più che altro posizionamenti ideologici. Allora, se il progetto politico che chiamiamo Europa unita è qualcosa di più che non un posizionamento ideologico, è sempre chiamato sul piano del pragmatismo a trovare un punto di incontro che non sia tanto la media degli interessi in gioco, quanto l’affermazione di un principio talmente grande di cui devono tener conto tutti. Questa è la chiave della costruzione europea, altrimenti tutto si riduce a uno scontro tra ideologie, oppure allo scontro tra Paesi più grandi e Paesi più piccoli.