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Anche dalla ricerca passa la sicurezza nazionale. La ricetta del Mur

In un mondo caratterizzato da crescenti tensioni geopolitiche, l’affidabilità diventa un valore di importanza crescente e un fattore fondamentale per assicurare la competitività dell’Italia anche in un settore strategico come quello della ricerca e delle tecnologie sensibili. L’obiettivo della titolare del Mur, Anna Maria Bernini, è quello di dotare l’Italia di un’entità nazionale ad hoc che sviluppi un codice di condotta con l’obiettivo di identificare e mitigare le interferenze estere, proteggere i whistleblower e garantire la protezione della libertà accademica, della sicurezza dei dati, e dei diritti di proprietà intellettuale

L’Italia punta ad alzare il livello di sicurezza sulle proprie conoscenze e sulla propria ricerca. I conflitti globali e gli scenari che lasciano presagire il ritorno a tristissime logiche di blocchi geopolitici contrapposti impone maggior cautela anche nelle relazioni scientifiche e tecnologiche tra Stati. Riflessioni su sistemi di protezione più efficaci su ricerche, invenzioni e scoperte sono in corso da tempo. Stati Uniti, Regno Unito e Canada sono i Paesi in cui già esistono metodi di difesa, mentre in Europa è l’Olanda il Paese più avanzato su questo terreno.

Il tema però è delicato. Da un lato, infatti, occorre continuare a incoraggiare la libertà accademica e i principi di apertura nello sviluppo della collaborazione internazionale; dall’altro è necessario promuovere una maggiore consapevolezza dei rischi tra i ricercatori e proteggere il valore della conoscenza creata spesso grazie a fondi pubblici.

Un equilibrio sottile, che si sostanzia nel dare contenuto al principio “open as possible, as closed necessary”. L’Italia, come sottolineato in premessa, ha deciso di accendere un faro tanto da porre il tema come uno dei focus del G7 Scienza e tecnologia in programma a Bologna e Forlì dal 9 all’11 luglio.

Nei giorni scorsi al ministero dell’Università e della ricerca è stato convocatoper la prima volta, il tavolo interministeriale sulla materia. Il Mur, insieme a molti altri ministeri (Pa, Esteri, Agricoltura, Ambiente, Difesa, Mef, Mimit, Interno, Lavoro, Salute), l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, il Cineca e il Garante per la Protezione dei Dati Personali seduti attorno allo stesso tavolo per confrontarsi sull’argomento.

L’orizzonte europeo 

Il tavolo dà attuazione alla Raccomandazione del Consiglio Europeo sulla ricerca e competitività dello scorso 23 maggio, che il nostro Paese ha promosso e sostenuto, che sollecita gli Stati membri ad affrontare i rischi per la sicurezza della ricerca derivanti dalla cooperazione internazionale. Il tema è stato anche oggetto della Dichiarazione dei Leaders G7 a Borgo Egnazia (Leaders’ Communique, pag. 23 “We support further efforts to promote and reinforce research security and integrity, together with like-minded partners. We welcome the Extension of the G7 Virtual Academy to non-G7 like-minded partners to share best practices and policies on research security and integrity, and we welcome that Italy will host a G7 conference on these topics this year”).

Il Consiglio Ue non evidenzia rischi specifici né Paesi target, ma è chiaro che il fianco più preoccupante è quello orientale. “Nei rapporti commerciali e di ricerca con la Cina, c’è una crescente consapevolezza che l’apertura asimmetrica comporta dei rischi”, ha detto nei mesi scorsi a Formiche.net Glenn Tiffert, Distinguished Research Fellow e direttore del programma “China’s Global Sharp Power” presso la Hoover Institution dell’Università di Stanford.

La strategia del Mur

Ma a cosa sta pensando l’Italia? Il ministero guidato da Anna Maria Bernini – secondo quanto raccolto da Formiche.net – sta provvedendo innanzitutto ad analizzare l’approccio dei Paesi che hanno già stabilito un sistema strutturato e organico per mitigare i rischi. Dopo questa fase si cercherà di trovare il migliore modo per recepire le best practices nel nostro Paese.

Un’operazione, nelle intenzioni del ministero, che vedrà pienamente coinvolti i ricercatori italiani il cui ruolo sarà determinante nella definizione del meccanismo. Crui e la Consulta dei Presidenti degli Enti pubblici di ricerca sono stati già invitati a partecipare alla definizione del nuovo sistema nazionale.

Modello Italia

L’Italia si doterà di un’entità nazionale ad hoc che sviluppi un codice di condotta con l’obiettivo di identificare e mitigare le interferenze estere, proteggere i whistleblower e garantire la protezione della libertà accademica, della sicurezza dei dati, e dei diritti di proprietà intellettuale. Quello che si profila, viene assicurato da fonti del ministero, non è un sistema burocratico o contraddistinto da controlli formali.

Ma un modello dinamico, che responsabilizzi lo stesso ricercatore dotandolo di strumenti dinamici e flessibili, aggiornati nel tempo, con una scala del rischio crescente a cui corrispondere azioni di tutela diversificate.

Ma un modello nazionale, per quanto efficiente – viene fatto notare – non è sufficiente ad evitare ingerenze esterne. L’obiettivo su cui si concentrerà il confronto in ambito G7 è la definizione di modelli uniformi tra Paesi like-minded.

Tra rischi e obiettivi 

Il rischio di sistemi non compatibili, infatti, è quello di compromettere la cooperazione anche tra partner. Un Paese con un modello particolarmente rigido potrebbe non sentirsi rassicurato da un altro con un sistema giudicato più permissivo fino a legittimare l’interruzione rapporti di collaborazione.

Un cortocircuito da evitare. In un mondo caratterizzato da crescenti tensioni geopolitiche, d’altra parte, l’affidabilità diventa un valore di importanza crescente e un fattore fondamentale per assicurare la competitività dell’Italia anche in un settore strategico come quello della ricerca e delle tecnologie sensibili.

Il confronto a livello internazionale, quindi, dovrà andare oltre il G7 e l’Italia punta ad essere centrale. A dicembre, il nostro Paese organizzerà una Conferenza internazionale G7 sulla sicurezza e integrità della ricerca durante la quale parteciperanno tutti gli stakeholder interessati, dalle Università agli enti di ricerca.



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