Verrà lanciato in orbita domani dalla Guyana francese. Non si tratta ovviamente di sola ingegneristica, ma di quello status che la comunità va ricercando da tempo, slegandosi dalla dipendenza di Space X e camminando da sola. Un fallimento aprirebbe una voragine che potrebbe di nuovo spaccare gli Stati membri
Domani, martedì 9 luglio, è una data da cerchiare in rosso per l’Europa che prova a farsi grande, camminando sulle proprie gambe senza appoggiarsi su nessuno. È proprio questo il senso della missione affidata al razzo Ariane 6, che fa parte del consorzio comunitario Arianespace, pronto ad essere lanciato in orbita: dare inizio a un nuovo capitolo. Lo farà dalla Guyana francese, per tornare a essere quello che era considerato un tempo, ossia l’avanguardia del settore aerospaziale europeo per i lanci commerciali. A sbaragliare completamente le carte in tavola era stato l’arrivo di Space X, più all’avanguardia con la sua tecnologia riutilizzabile a costi più competitivi, come i razzi Falcon.
Stargli dietro è stato pressoché impossibile, come dimostrano i satelliti europei mandati in orbita con i suoi razzi e, da ultimo, la decisione dell’Esa (European Space Agency) di stracciare l’accordo di collaborazione con Arianespace per preferire quelli di Space X. Un’umiliazione per gli europei. Più indietro, l’azienda di Elon Musk è stata utilissima in Ucraina con la sua rete satellitare Starlink, colmando le lacune degli Stati membri che dopo l’Ariane 5 – predecessore di quello attuale – hanno faticato a svilupparne uno nuovo. Nel frattempo, avevano contato sul razzo russo Soyuz, ormai inutilizzabile per via della distanza che divide l’Europa da Mosca.
Come osserva il Wall Street Journal, la buona riuscita del lancio di domani è una questione vitale per l’industria europea. Negli anni si sono verificati dei problemi tecnici che hanno messo in luce la sua arretratezza. Nel 1996, il primo lancio di Ariane 5 si era concluso dopo pochi secondi in un nulla di fatto, esplodendo in aria e vanificando gli 8 miliardi di dollari spesi per il progetto. Osservando quel fallimento, le aziende americane avevano compreso di avere praterie davanti a loro da conquistare, marginalizzando le omologhe europee.
Lo stesso potrebbe continuare a fare qualora il lancio di Ariane 6 dovesse andare male. “Non è certamente il miglior prodotto sul mercato”, ha ammesso Hélène Huby, amministratrice delegata della Exploration Company, specializzata in capsule spaziali. “C’è bisogno di maggiore concorrenza e per il momento non abbiamo altro. Quindi è ancora più importante che abbia successo”.
Anche perché, qualora dovesse verificarsi l’esatto opposto, potrebbero sorgere problemi che vanno oltre l’aspetto commerciale. L’indipendenza la vorrebbero tutti, ma allo stesso tempo bisogna fare i conti con la realtà. Se la Francia è il primo Stato sponsor di un’industria europea – nel pieno rispetto della logica macroniana di avere un’Europa indipendente – da far ruotare attorno a Arienespace, la Germania già da tempo si è affidata a Space X. Se Parigi tre anni fa si era rifiutata di usare il razzo di Musk per attività militari, Berlino li utilizza senza problemi e cerca alternative a Arienespace. È dunque probabile, per non dire certo, che se Ariane 6 dovesse presentare ancora delle difficoltà la pressione dei tedeschi potrebbe farsi più forte.
Macron aveva persino trovato una sponda in chi non ti aspetti, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Due anni fa, quando i leader erano ai ferri cortissimi, la pace armata venne siglata proprio grazie alla collaborazione aerospaziale. La Francia voleva sviluppare mini-lanciatori riutilizzabili per portare in orbita satelliti da 500 kg fino a quelli da 1.500 kg, ma l’Italia temeva che potessero fare concorrenza ai suoi Vega. La soluzione di quieto vivere venne però trovata per cause di forza maggiori, ossia l’esigenza di non creare nuove turbolenze che potessero ritardare lo sviluppo della tecnologia europea, ancora impegnata a perfezionare Ariane 6. Ora c’è bisogno di dare impulso a quel passetto in avanti.
A guardare con grande interesse al lancio di domani sarà anche Jeff Bezos, patron di Amazon, che nel 2022 aveva siglato un accordo da 18 lanci con il razzo europeo per il suo progetto Kuiper, per espandere la banda larga nelle aree meno raggiungibili.
Ecco perché Ariane 6 si porterà dietro un carico di aspettative non di poco conto. Qualora dovessero essere disattese si aprirebbe una voragine dentro cui finiranno le solite discussioni commerciali e politiche che dividono gli Stati membri.