Se il mondo non può fare a meno dell’America e della Nato, l’Alleanza Atlantica e gli Stati Uniti possono fare a meno di Joe Biden. Può riassumersi così la sintesi del risolutivo vertice di Washington che, anche senza l’effettiva guida del Presidente americano alle prese con le problematiche della riconferma, ha sancito la totale assunzione della difesa dell’Ucraina. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Biden exit col sigillo di Barack Obama? C’è attesa per il discorso dell’ex Presidente agli americani annunciato per domani.
Dopo l’ennesima performance costellata da gaffe e indecisioni della conferenza stampa finale del cruciale vertice di Washington per il 75 esimo anniversario della Nato, per l’anziano e visibilmente fragile 46° Presidente in carica si sarebbe ormai chiuso il cerchio dei no alla ricandidatura dei big del partito democratico, dei media, dei finanziatori e dell’America liberal che intendono scongiurare l’incubo di un ritorno di Trump alla casa Bianca.
Il summit dell’Alleanza Atlantica, coordinato ed etero-diretto dietro le quinte dal Segretario di Stato Antony Blinken e dal Consigliere per la Sicurezza Jake Sullivan, ha dimostrato oltre ogni dubbio anche, al cospetto internazionale, che Biden non sarebbe in grado di portare a termine con piena padronanza psico fisica un nuovo mandato presidenziale.
Per la democrazia americana, dopo il passo falso dell’estensione quasi illimitata dell’immunità dell’inquilino della Casa Bianca, sancita dalla maggioranza conservatrice della Corte Suprema, il cambio in corsa o meno di un candidato alle presidenziali e in particolare di un candidato che é il Presidente uscente, rappresenta un nuovo delicatissimo passaggio da superare.
Un passaggio, che come per la nuova l’immunità del Presidente, trasformato di fatto dopo l’elezione in un monarca assoluto, costituirà un precedente dal quale non si potrà prescindere.
La resistenza di Biden a farsi da parte ha evitato finora la scelta del nuovo candidato. Dalla vice Presidente Kamala Harris a vari altri candidati e candidate , fra le quali anche l’ex First lady Michelle Obama, sarà una scelta non facile ma necessaria.
E se il flash change del ritiro di Biden dovesse essere chiesto ufficialmente nel discorso agli americani delle prossime ore di Barak Obama, potrebbe rovinare la kermesse mediatico pubblicitaria della convention repubblicana prevista dal 15 al 18 luglio a luglio a Milwaukee in Visconsin per incoronare ufficialmente un Donald Trump assediato da molteplici gravi procedimenti penali, dai quali grazie all’immunità potrà però auto scrollarsi una volta rieletto.
Il marasma Biden non ha fatto comunque passare in secondo piano il bilancio del decisivo vertice Nato di Washington, sintetizzabile della lapidaria affermazione del Segretario di Stato americano Antony Blinken: “Vladimir Putin non sopravviverà all’Ucraina”.
Benché dissimulate nel commento sui nuovi massicci aiuti militari forniti a Kyiv, le parole di Blinken rappresentano un significativo frammento della approfondita visione che l’intelligence americana e inglese hanno della situazione al Cremlino.
Disumano e spietato il bombardamento russo che ha distrutto l’ospedale pediatrico oncologico della capitale ucraina ha fatto rabbrividire e indignare tutto il mondo.
Perfino il Premier indiano Narendra Modi in visita nelle stesse ore a Mosca ha detto direttamente in faccia a Putin che «chiunque crede nell’umanità é addolorato quando si verificano tali perdite di vite umane».
L’ennesima dimostrazione di ferocia del Presidente russo questa volta mostra aspetti ancora più oscuri che suscitano vari interrogativi. Prendere di mira un indifeso ospedale pediatrico oncologico che non può in alcun modo rappresentare un obiettivo militare e provocare una strage di innocenti, é una decisione talmente negativa e odiosa che evidenzia l’intenzionalità di lanciare una sfida: colpisco quando voglio e dove voglio. Senza curarsi dell’esecrazione unanime dell’opinione pubblica internazionale.
L’altro interrogativo riguarda il massiccio utilizzo di missili e droni per bombardare non soltanto le infrastrutture, ma sistematicamente anche obiettivi civili dell’Ucraina come ipermercati, centri commerciali e ospedali. Migliaia di missili e droni kamikaze che potrebbero essere utilizzati per colpire le linee delle forze armate ucraine che dal fronte di Karkiv al Donbass difendono il paese dal fallito tentativo di invasione russa.
Non solo, ma se diretti contro le postazioni ucraine i bombardamenti riservati agli obiettivi civili e alle infrastrutture, rappresenterebbero una notevole copertura in grado di salvare migliaia di soldati russi mandati letteralmente al massacro nei continui attacchi contro i capisaldi di Kyiv.
Se non da parte di Putin, la strategia dei vertici dell’armata russa è davvero inspiegabile e tradisce l’indifferenza per la morte di un altissimo numero di soldati.
Già, quanti soldati russi sono stati uccisi in Ucraina? si chiede in un agghiacciante reportage il settimanale britannico The Economist.
Mosca non rende noto il numero dei suoi militari caduti o feriti dall’inizio del tentativo di invasione nel febbraio del 2022 ed i dati più recenti, pubblicati il 5 luglio da Mediazona e Meduza, due organi di informazione russi indipendenti, scrive The Economist, suggeriscono che il bilancio delle vittime abbia superato a giugno quota 100.000, e sia compreso fra le 106.000 e le 140.000 vittime.
Gran parte di queste analisi, evidentemente per difetto, si basano sui registri delle successioni ed i necrologi pubblicati sui social media e su altri organi di informazione.
I numeri sono ampiamente coerenti con altre fonti recenti: i francesi hanno da poco stimato il totale in 150.000 i caduti entro maggio e la BBC inglese calcola che almeno 113.000 russi siano morti entro giugno.
The Economist aggiunge però che dalla documentazione del dipartimento della difesa americano si evince che, per ogni soldato ucciso, circa tre o quattro militari russi sono stati gravemente feriti in battaglia. In cifre, secondo Washington, ciò significherebbe che a metà giugno i soldati russi fuori combattimento, morti o feriti, si aggirano complessivamente fra i 462.000 ed 728.000.
Dati confermati da francesi e britannici che stimano in circa 500.000 i russi gravemente feriti o uccisi fino all’inizio dell’estate.
La fascia d’età delle perdite maggiori si aggira fra i 35 e i 49 anni, come dimostra anche la caccia alle nuove reclute in corso nelle varie repubbliche della federazione russa.
Il New York Times ha pubblicato dei dati aggiornati a giugno sulla capacità delle forze armate russe di reclutare tra 25.000 e 30.000 soldati al mese.
Le cifre dell’ecatombe delle generazioni dei cittadini russi mobilitati da Putin sono destinate ad un progressivo aumento, direttamente proporzionale al potenziamento esponenziale della capacità di difesa e di contro attacco delle forze ucraine che, come è stato evidenziato al vertice Nato, possono già disporre dell’operatività dei primi 85 moderni caccia multiruolo F-16.
Oltre a impedire gli attacchi con bombe plananti russe lanciate dai Mig che volano al riparo della contraerea fino a 70 km di distanza, gli F-16 potrebbero cambiare le sorti del conflitto. Mentre le ulteriori forniture di batterie di sistemi antimissile Patriot e Samp-t, saranno utilizzate per impedire nuovi bombardamenti alle città e alle infrastrutture ucraine.
Secondo la Nato, la Russia non è in grado di lanciare nuove offensive, mentre abituato a ricevere leader compiacenti e subalterni come Orban, Putin è stato preso in contropiede dal leader indiano Modi, che dopo aver presentato al Cremlino la “lista della spesa” per ripagare New Delhi dell’apporto economico a Mosca, ha detto seraficamente al Presidente russo – e fatto sapere alle agenzie di stampa – che una soluzione alla guerra in Ucraina «non può essere trovata sul campo di battaglia. Dobbiamo trovare la pace attraverso i colloqui».
Come sempre il silenzio di Putin non è da considerare mai d’assenso. Piuttosto una minaccia.