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Con Vance Trump sceglie la linea di politica estera. Cosa cambia per Kyiv

Il personaggio scelto da Trump come candidato vicepresidente ha una visione molto forte sulla politica estera che la Casa Bianca dovrebbe adottare. Ed è diametralmente opposta a quella attuale

Da Milwaukee, il candidato alla presidenza statunitense Donald Trump annuncia la figura da lui prescelta come candidato alla vice-presidenza per il ticket repubblicano, confermando i pronostici dei commentatori politici che già avevano suggerito il nome del senatore dell’Ohio J.D. Vance.

Scegliendo di nominare Vance, Trump detta la linea sulla sua candidatura in una serie di tematiche che vanno dalla politica interna alla politica estera. In quest’ultima macro-categoria rientrano sia i rapporti transatlantici che la “scottante” questione ucraina.

Le posizioni di Vance in politica estera non sono certo un mistero. Il candidato vice-presidente viene infatti considerato come uno dei più forti sostenitori, all’interno del Partito Repubblicano, di una politica isolazionista per gli Stati Uniti. Vance si oppone infatti con veemenza all’aiuto all’Ucraina, ed ha usato toni molto critici verso quella che considera l’eccessiva dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti in termini di politica estera. Un alto funzionario europeo, che si è espresso in condizione di anonimato, ha dichiarato in un’intervista lunedì che la nomina di Vance è stata un “disastro” per l’Ucraina – e per estensione per gli sforzi europei di sostenere il Paese contro l’aggressione russa.

Lo scorso febbraio, intervistato da Politico in occasione della Munich Security Conference, Vance ha pronunciato le seguenti parole: “Semplicemente non abbiamo la capacità produttiva per sostenere una guerra di terra in Europa orientale a tempo indeterminato. E penso che spetti ai leader dirlo alle loro popolazioni. Per quanto tempo si prevede di andare avanti? Quanto ci si aspetta che costi? E soprattutto, come possiamo produrre le armi necessarie per sostenere gli ucraini?”. Dichiarazioni che non solo rendono chiaro un commitment pressoché nullo al sostenere la difesa di Kyiv contro l’invasore russo, ma che suggeriscono una posizione simile anche nei confronti dei partner europei. Sempre nel contesto della Munich Security Conference, Vance ha anche saltato un incontro tra un gruppo bipartisan di senatori e Zelenskyy, e ha ribadito la sua opinione che l’Ucraina alla fine dovrà cedere il territorio alla Russia. Lo stesso Vance ha esposto i motivi e la logica che lo hanno spinto a schierarsi contro il continuo sostegno militare all’Ucraina in un articolo pubblicato dal New York Times.

Tuttavia, questa opposizione al sostegno a Kyiv è solo una componente all’interno più ampia visione del senatore dell’Ohio sul sistema internazionale. “Se Vance riuscirà nel suo intento, il taglio dei finanziamenti statunitensi all’Ucraina sarà solo il primo passo di un riorientamento molto più ampio del ruolo degli Stati Uniti nell’ordine globale” scriveva in tempi non sospetti Ian Ward, suggerendo uno scetticismo dell’esponente repubblicano nei confronti del cosiddetto “ordine liberale” responsabile di aver arricchito le élite economiche danneggiando le classi lavoratrici radicate nelle vecchie economie industriali, senza raggiungere il preposto obiettivo finale di liberalizzare Paesi non democratici come la Cina e la Russia. Vance vede lo sforzo posto in Ucraina come uno sforzo egoistico delle élite economiche per preservare un ordine globale che ha favorito i loro interessi.

Il sistema che immagina Vance è più “nazionalistico” e autoreferenziale. In esso, sono i singoli stati  ad essere responsabili della propria sicurezza e del proprio benessere economico, mentre i legami dell’interdipendenza economica globale sarebbero drasticamente meno fitti rispetto alla situazione attuale. E porre fine agli aiuti statunitensi all’Ucraina sarebbe un primo passo nello spingere il mondo in questa direzione. “Come mi ha spiegato Vance durante le nostre conversazioni, questo progetto più ampio va oltre l’iniettare un po’ di ‘realismo’ – o, come lo chiamerebbero i suoi critici, “isolazionismo” – nei dibattiti di politica estera della destra. In un senso più ampio, Vance vede il dibattito sugli aiuti all’Ucraina come un proxy del dibattito sulla direzione di quello che lui chiama apertamente ‘l’impero americano’ – e, per estensione, dell’America nel suo complesso”, nota Ward nel suo articolo, sottolineando anche la divergenza di visioni interna al partito repubblicano. Da un lato, i repubblicani dell’establishment credono che l’impero americano stia andando nella giusta direzione; dall’altro, i repubblicani populisti credono che l’impero americano sia sull’orlo del collasso. E mentre l’establishment sottolinea il calo dei tassi di povertà nel mondo, la destra populista il calo delle nascite e delle aspettative di vita in patria. Con la nomina di Vance da parte di Trump, non ci sono più dubbi (se mai ce ne siano stati) sul fatto che, in caso di vittoria della fazione repubblicana, si aprirà una fase completamente nuova nella politica estera di Washington.

 

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