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Il gene della violenza e le insidie estere. Lo stato di salute degli Usa

Nelle convulse fasi del fallito attentato a Trump è tutto talmente chiaro da apparire paradossalmente sospetto. Le verifiche in corso riguardano la dinamica dei fatti, ma anche il contesto e lo scenario di fondo del malessere americano. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Da Taxi driver a The Americans: oscilla fra questi due storici standard socio-psichiatrici il pendolo di tutti i mostri dell’inconscio e delle insidie che periodicamente scuotono una nazione esempio di libertà e democrazia, che prescrive costituzionalmente il conseguimento della felicità per i cittadini.

Dal film di Martin Scorsese che meglio di qualunque saggio delinea la tara e le conseguenze della disperazione e della solitudine che divorano la società americana, alla denuncia attraverso una sofisticata serie televisiva della capacità di infiltrazione, manipolazione e reale minaccia delle spie russe mimetizzate da normali famiglie della middle class.

Con quattro presidenti assassinati, Lincoln nel 1865, Garfield nel 1881, McKinley nel 1901 e John Kennedy nel 1963, un candidato alla Casa Bianca ucciso nel 68 alle primarie, Robert Kennedy, ed una lunga serie di falliti attentati a presidenti e candidati, da Wallace a Reagan e da ultimo a Trump, la storia degli Stati Uniti è caratterizzata da una impressionante serie di ricorrenti delitti politici e da un’altrettanto sconvolgente periodica sequenza di stragi compiute da killer solitari in università, scuole, palestre, stadi, hotel, supermercati, uffici, strade e piazze da personaggi disadattati, alienati, psicotici e con gravi turbe psichiatriche, come il personaggio del tassista newyorchese interpretato da Robert De Niro che ha molte analogie con l’enigmatico 20enne Thomas Matthew Crooks, che avrebbe sparato a Donald Trump nel pieno di un comizio elettorale nella cittadina di Butler, in Pennsylvania.

Crooks ha avuto il tempo di appostarsi sul tetto di un capannone, di esplodere dei colpi e quasi contemporaneamente è stato centrato in pieno dai tiratori scelti del Secret Service. Il contesto è ancora confuso. Saranno le perizie balistiche sui proiettili sparati e sul fucile Ar-15 del giovane, un’arma da strage, ad accertare l’esatta corrispondenza fra quel che é stato e quello a cui si é assistito.
Analisi che riguarderanno anche i proiettili che lo hanno ucciso e il fucile di precisione del tiratore scelto delle forze dell’ordine che lo ha colpito.

Ricostruzioni balistico scientifiche essenziali per fugare ogni eventuale dubbio circa l’ipotetica sovrapposizione durante l’esplosione dei colpi di un altro cecchino mimetizzato come solo i tiratori scelti militari sanno fare. Uno sniper di eccezionale precisione che potrebbe potuto avere il compito di sfiorare o di ferire di striscio, ma non colpire a morte Donald Trump.

La conferma della messinscena dei delitti perfetti è evidenziata dalla contestualità dell’uccisione del capro espiatorio. Sarà l’incrocio delle risultanze balistiche e dell’autopsia su Thomas Matthew Crooks a verificare se il giovane non sia stato utilizzato come vittima predestinata, pret à porter, per chiudere il caso.

Fra le molteplici valutazioni dei convulsi avvenimenti verificatisi in Pennsylvania sulla spianata di Butler, permangono anche i riflessi condizionati del classico cui prodest, che ha oggettivamente trasformato in una cavalcata trionfante quella che era la claudicante rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Con annessa totale immunità che azzererà imputazioni e processi in corso.

Uno scampato pericolo che gli conferisce un’aurea di resurrezione mediatica e politica che non ha precedenti. Solo a immaginarlo un epilogo geniale, ancor più della trama di un romanzo di Dostoesvkij.



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