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Ue, Meloni ha scelto da capo partito. Cangini spiega perché

Lasciando libertà di coscienza ai gruppo politici di Ecr, e soprattutto dando indicazione di voto contrario agli eletti di Fratelli d’Italia, la presidente del Consiglio ha scelto di rimanere fuori non solo effettivamente, ma anche formalmente dalla maggioranza che guiderà l’Unione europea per i prossimi cinque anni

Evidentemente timorosa di apparire incoerente, evidentemente restia a liberarsi anche formalmente dalla retorica identitaria di quando era all’opposizione, evidentemente condizionata dai propri “nemici a destra”, Giorgia Meloni ha scelto la via più facile per un leader di partito, la più difficile e insicura per un capo di governo.

Lasciando libertà di coscienza ai gruppo politici di Ecr, e soprattutto dando indicazione di voto contrario agli eletti di Fratelli d’Italia, la presidente del Consiglio ha scelto di rimanere fuori non solo effettivamente, ma anche formalmente dalla maggioranza che guiderà l’Unione europea per i prossimi cinque anni: una scelta oggettivamente ambigua, debole, dovuta alla convinzione, giusta o errata che fosse, che le condizioni politiche e di partito non le permettessero di spingersi oltre. Un vero peccato.

Un peccato anche perché, nel suo discorso per la fiducia a Strasburgo, la neo presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha vistosamente corretto la linea rispetto al quinquennio passato. Non solo perche ha messo il Mediterraneo al centro le politiche europee, tanto da disporre l’istituzione di un commissario ad hoc. Non solo perché ha annunciato più risorse e più personale per proteggere le frontiere continentali dalle ondate migratorie. Degno di nota più d’ogni altro è stato il cambiamento di rotta in materia economica, e la vistosa adesione agli interessi dei sistemi imprenditoriali nazionali.

La transizione green appare meno centrale, al centro viene ora posto il tema della competitività. E dunque: gli interessi delle piccole e medie imprese, la crescita delle economie nazionali e con esse di quella europea, gli investimenti privati da potenziare attraverso i finanziamenti pubblici. È stato questo il cuore della relazione di von der Leyen. Non una retorica, ma una politica resa concreta grazie all’annuncio della prossima istituzione di un “nuovo Fondo per la competitività”.

Sono questioni che ad orecchie italiane echeggiano lo spartito dell’interesse nazionale. Ed è un peccato che Giorgia Meloni non abbia voluto ritagliare per sé e per i propri eletti un ruolo da protagonisti di quello che si annuncia come un nuovo corso europeo.

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