Per il quarto anno di fila le navi cinesi tornano a spingersi verso l’estremo nord, in prossimità della costa statunitense. Segnalando una cambio di passo in termini di proiezione di potere navale
Tre navi militari cinesi sono state avvistate a circa duecento chilometri a nord del passo di Amchitka, nella parte sud-occidentale delle isole Aleutine, mentre una quarta nave è stata avvistata a poco più di centotrenta chilometri a nord dell’Amukta Pass, sempre nelle Isole Aleutine. Seppur navigando in acque internazionali, i vascelli cinesi sono penetrati all’interno della zona economica esclusiva degli Stati Uniti. Per questo motivo le imbarcazioni sono state monitorate dalla Guardai Costiera degli Usa fino a quando non si sono spostate a sud delle Aleutine, al fine di garantire che non ci fossero “interruzioni degli interessi statunitensi nell’ambiente marittimo intorno all’Alaska”.
Non è la prima volta che si verifica un fenomeno simile, anzi. Avvistamenti di questo genere sono avvenuti durante gli ultimi quattro anni, in concomitanza con le esercitazioni navali congiunte svolte dalla componente marittima della People’s Liberation Army assieme alla marina militare della Federazione Russa (avviate a loro volta quattro anni fa), esercitazioni che sono in corso in questo stesso momento. Nell’estate dello scorso anno Washington aveva addirittura schierato dei cacciatorpedinieri vicino all’Alaska dopo che la marina cinese e quella russa avevano condotto pattugliamenti congiunti vicino alle Isole Aleutine.
Troy Bouffard, direttore del Centro per la sicurezza e la resilienza dell’Artico presso l’Università dell’Alaska Fairbanks, ha dichiarato che l’ingresso delle navi da guerra cinesi nelle acque al largo dell’Alaska è un fenomeno “raro” a causa degli storici limiti di carattere opertativo relativi alla Pla, i quali fino a poco tempo fa avevano confinato la Cina alle operazioni costiere, ma che tuttavia “La Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione ha intrapreso una traiettoria ambiziosa per sviluppare rapidamente la sua blue water navy, con particolare enfasi sulla proiezione di forza navale. Questo orientamento strategico è evidente quando si conducono operazioni all’interno della Zee di un altro Stato. Questo approccio non solo segnala l’evoluzione della dottrina marittima della Cina, ma funge anche da crogiolo per lo sviluppo della sua presenza navale sulla scena internazionale”.
Hu Bo, direttore del think tank South China Sea Strategic Situation Probing Initiative con sede a Pechino, il quale affermato che il passaggio di navi da guerra cinesi vicino all’Alaska sta diventando più regolare, ma che “Questa non è ancora diventata una pratica normale del Pla”, specificando poi che il recente passaggio era “separato” dal pattugliamento congiunto con la Russia.
Marc Lanteigne, professore associato di scienze politiche presso l’Università artica della Norvegia a Tromsø, ha affermato che l’Oceano Pacifico settentrionale è diventato “un’arena di maggiore cooperazione marittima sino-russa”, dove la Cina ha cercato di sfruttare il suo più stretto allineamento strategico con la Russia per consentire una maggiore presenza militare cinese. “Sebbene Pechino sia stata cauta nell’inquadrare le sue politiche artiche in termini di hard power, il governo cinese è ora più disposto a dimostrare la capacità delle sue forze armate di operare più vicino all’Oceano Artico”, ha affermato Lanteigne, sottolineando come sebbene rimanga “molto improbabile” che la Cina cerchi una presenza militare unilaterale nell’Artico, Pechino è interessata a collaborare con Mosca per “contrastare quello che vede come un tentativo guidato dagli Stati Uniti e dalla Nato di espandere un’agenda strategica occidentale nell’estremo nord”.