La variegata composizione dell’attuale maggioranza alla luce della presenza dei Verdi, non solo è stata la discriminante che ha fatto decidere per il no di FdI a von der Leyen, ma si pone come elemento politico oggettivo di cui bisognerà tenere conto. Ecco perché
Cosa accadrà ai programmi operativi della Commissione europea dopo il voto a Ursula Von der Leyen da parte dei Verdi? Quali ripercussioni tecniche ci saranno soprattutto alla voce green deal, dal momento che in maggioranza dovranno convivere tre posizioni agli antipodi sul tema (popolari, liberali e ultra ambientalisti) sopratutto con riferimento ad un settore nevralgico per l’Italia come l’automotive? C’è anche questo sul tavolo dei decisori il giorno dopo il bis incassato dalla presidente della Commissione, nella consapevolezza che le singole posizioni tattiche sono state dettate da rischi e scommesse che, legittimamente, le parti in causa hanno inteso effettuare. E di cui solo il tempo potrà dire se a torto o a ragione.
Quale maggioranza per l’Ursula bis?
“Il programma von der Leyen è di sinistra e il green deal è un danno per imprese”, ha detto l’eurodeputato Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia, mettendo l’accento su una bocciatura che è “anzitutto politica”, dal momento che FdI ha inteso valutare nel merito la piattaforma programmatica presentata da Von der Leyen. Al contempo, però, sottolinea di essere pronto a sostenere altre proposte come l’approccio portato avanti da diversi mesi sul fronte delle migrazioni e del rapporto con l’Africa.
Il riferimento dell’esponente meloniano, dunque, è ad un tema presente nel programma di governo del prossimo lustro come l’ambientalismo e che si pone come un architrave sociale (per posti di lavoro, persi o guadagnati), industriale (per via delle scelte delle case) e geopolitico (nessuno ha detto ancora dove l’Europa prenderà le batterie, oltre che dalla Cina).
“Rischia di far saltare migliaia di imprese. Altro che pragmatismo”. E certifica che “questa maggioranza è destinata ad avere vita breve”. Per cui proprio la variegata composizione dell’attuale maggioranza alla luce della presenza dei Verdi, non solo è stata la discriminante che ha fatto decidere per il no di Fdi a Von der Leyen, ma si pone come elemento politico oggettivo di cui bisognerà tener conto nei prossimi mesi per capire la postura del nuovo esecutivo, gli inciampi che potrebbe trovare sulla propria strada, il giudizio degli elettori che, stando al risultato elettorale del giugno scorso, non hanno gradito il green deal così com’è stato partorito da Timmermans.
Rischi e scommesse
A ciò va aggiunto un dato numerico: rispetto a 5 anni fa il centrodestra ha incassato più eletti nell’euroemiciclo e in generale governa in più Paesi membri, ma ciò non si è riflettuto nelle stanze dei bottoni di Bruxelles e Strasburgo. Esiste quindi il rischio che sui singoli provvedimenti si dovrà faticare per trovare una maggioranza in aula, con in quel caso l’esigenza per von der Leyen di trovare i voti altrove, magari dalle parti dei conservatori: un po’ come accaduto ieri, quando alcuni franchi tiratori in Ppe o socialisti sono stati bypassati dal sì dei Verdi.
E ancora, quanto i partiti in maggioranza potranno subire decisioni agli antipodi delle proprie convinzioni?
Non c’è solo il green a dettare l’agenda dei nuovi alleati, ma anche talune sensibilità in politica estera nel gruppo delle sinistre europee e dei socialisti, come dimostrato dal primo voto sull’Ucraina con le astensioni nel Pd. La posizione di Fdi è che non si trattava di un gradimento personale sulla persona, ma sulla piattaforma programmatica, considerata spostata su basi che si riveleranno inconciliabili.
Scenari
Una delle critiche rivolte al voto contrario di FdI riguarda la tesi del posizionamento strategico europeo, ovvero che in questo modo il partito di Giorgia Meloni avrebbe isolato l’Italia e spaccato il centrodestra italiano. Ma già aveva preso strade diverse, visto che Forza Italia e Lega da tempo avevano manifestato convinzioni diverse sul voto di ieri (senza per questo provocare alcun tipo di effetto in Italia).
Inoltre appare difficile ipotizzare che Bruxelles decida di adottare un atteggiamento diverso rispetto a Roma dopo i risultati dell’ultimo anno e mezzo alla voce Pnrr (obiettivi entrati e rate incassate) e legge di bilancio (fatte con rigore e senza sbavature).
Uno dei rischi “sociali” invece riguarda la reazione che ci sarà da parte degli elettori europei e le eventuali conseguenze di politiche ultra-ideologiche. In entrambi i casi potrebbe verificarsi un ingrossamento dei flussi di voto verso posizioni estreme, oppure un elevato tasso di astensionismo.