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Da Tripoli a Chicago

A fine maggio si è tenuto il Consiglio della Nato a Chicago, con la partecipazione dei capi di Stato e di governo. Questo evento si presta a un’attenta valutazione di ciò che ancora oggi rappresenta la Nato.
 
Spesso si dimentica che l’organizzazione dell’Atlantico del Nord è, forse, la più grande e importante alleanza politica e militare della storia mondiale. Collega, infatti, le tre più rilevanti potenze militari, nucleari e spaziali esistenti: gli Stati Uniti, innanzitutto; la Gran Bretagna e la Francia, poi. Contiene per popolazione e reddito nazionale i 27 Paesi più popolosi e benestanti dell’America e dell’Europa. L’elemento più significativo della Nato – spesso trascurato – è la capacità dell’Alleanza atlantica di proiettare all’esterno le sue capacità militari, politiche ed economiche. Gli interventi in Bosnia, Kosovo, Afghanistan e, recentemente in Libia, lo provano. I valori della Rivoluzione americana e della Rivoluzione francese – la libertà, la dignità umana e i diritti civili – nonché i sistemi che ne derivano – la competizione politica (democrazia) e la competizione economica (il mercato libero) –hanno caratterizzato gli scorsi due secoli e hanno trasformato progressivamente i Paesi, laddove sono stati applicati.
 
Questi valori e questi sistemi sono nati nelle due parti dell’Atlantico e sono alla base della fondazione e dell’attività della Nato. Il rovesciamento nel 2003 della dittatura di Saddam Hussein in Iraq, ma, soprattutto, la cosiddetta Primavera araba, confermano la validità di questi valori e di questi sistemi. In pochi mesi, dall’inizio del 2011, sono state soppresse le pluridecennali dittature di Ben Ali in Tunisia, di Hosni Mubarak in Egitto, di Ali Abdullah Saleh in Yemen. Da più di un anno è in corso una guerra civile per rovesciare in Siria il despota Bashar al Assad. Significativi eventi liberatori si sono avuti anche in Birmania e soprattutto in Russia e in Cina.
 
Il Consiglio Nato di Chicago ha preso atto con favore di questi sviluppi rivoluzionari, storici e simbolici. Non ha, tuttavia, mancato di sottolineare le carenze dell’Alleanza e gli obiettivi importanti che l’attendono. L’intervento in Libia del 2011 ha evidenziato alcuni aspetti importanti. Innanzitutto, la riluttanza degli Stati Uniti ad impegnarsi con truppe di terra. In secondo luogo, si è chiaramente manifestata l’inadeguatezza del contributo militare europeo, in particolare nel settore logistico, aereo, della guerra elettronica, dei rifornimenti in volo e dell’osservazione, delle armi guidate. Le forze aeree e navali di Francia, Gran Bretagna, Italia e di altri Paesi Nato non sarebbero state, probabilmente, capaci da sole di sconfiggere il modesto esercito di Gheddafi. Significativa, per la prima volta nella storia sessantennale della Nato, la posizione della Germania, che, in Consiglio di sicurezza dell’Onu, si è astenuta insieme alla Russia e alla Cina.
 
L’insufficiente contributo dell’Europa alla Nato è, forse, uno dei più seri problemi dell’Alleanza e ne mina l’efficienza e, soprattutto, ne rende più arduo l’avvenire. Non è un problema nuovo. Negli scorsi anni però si è aggravato. La crisi economica e finanziaria rende ancor più difficile un avvio a soluzione. Il vitale problema può essere soltanto risolto con l’integrazione politica e militare dell’Europa. L’Agenzia europea di difesa, creata nel 2003, non ha svolto il suo compito. I doppi impieghi e gli sprechi sono enormi. Le spese per la difesa dei Paesi europei sono troppo inferiori a quelle degli Stati Uniti, 711 miliardi di dollari secondo il recente rapporto annuale del Sipri (Stockolm international peace research institute) in confronto ai circa 260 miliardi di dollari dei Paesi europei. L’obiettivo del 2% del reddito nazionale è lungi dall’essere raggiunto.
 
Il Consiglio Nato di Chicago ha anche affrontato il delicato problema del pluridecennale conflitto in Afghanistan, il più lungo nella storia degli Stati Uniti e della Nato. Entro il 2013 saranno ritirate le truppe (oltre 100mila militari) e, progressivamente, il compito sarà affidato all’esercito e alla polizia del governo afgano. Entro il 2014 saranno ritirate le restanti truppe. Gli alleati osserveranno lo stesso calendario per i loro contingenti. La Francia ritirerà il proprio contingente entro il 2012. Il Consiglio Nato ha preso atto che il governo degli Stati Uniti ha firmato il 1° maggio 2012, nel primo anniversario dell’uccisione del capo di Al qaeda Osama Bin Laden, un accordo di partenariato con il governo dell’Afghanistan. Tale accordo prevede un’assistenza di polizia e di carattere economico fino al 2024. Il costo economico sarà di circa quattro miliardi di dollari all’anno. I Paesi europei si sono impegnati a contribuire con la metà della somma.
 
Negli scorsi sessanta anni gli Stati Uniti e la Nato hanno supplito alle carenze delle Nazioni unite. Hanno svolto una delicata e impegnativa attività per l’equilibrio internazionale, la pace, i diritti umani e la libertà. Come notato, ne sono testimonianza gli interventi alla fine del ventesimo secolo in Bosnia e, in particolare, nel Kosovo. E poi, in Afghanistan e in Iraq; recentemente in Libia. Occorre ricordare, soprattutto, che gli Stati Uniti e la Nato hanno garantito negli scorsi sessanta anni la libertà nei Paesi europei e hanno consentito la riunificazione dell’Europa nel nome della libertà, dei diritti civili e umani e della democrazia. Se vogliamo che questo sia assicurato anche in avvenire, è indispensabile e urgente che i Paesi europei si uniscano e, progressivamente, mettano in comune le proprie risorse militari. Soltanto così cesserà l’irrilevanza politica attuale dell’Europa e sarà possibile che i nostri Paesi diano un contributo efficace e all’altezza delle loro capacità e della loro storia all’equilibrio internazionale e alla pace.


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