Consapevole che l’emorragia di capitali è ormai in atto da mesi, il Dragone nega la diffusione dei report giornalieri che danno contezza di chi investe e di chi invece fugge dalla seconda economia globale
Il gioco è sempre quello, tipico, delle tre carte. Nascondere la verità al mondo per evitare di guardare in faccia la realtà. La Cina, negli anni, ne è diventata maestra indiscussa. Certo, non è servito a molto, visto che la crisi di fiducia dei grandi fondi verso il Dragone è, ormai, conclamata. Eppure, c’è sempre quella cortina di fumo pronta a calare. Racconta, per esempio, Bloomberg che Pechino ha compiuto un altro passo per oscurare le informazioni sui fondi esteri che entrano ed escono dal suo mercato azionario.
Ora, nello specifico, il governo di Xi Jinping, che proprio in questi giorni ha incontrato la premier Giorgia Meloni nella capitale cinese (qui l’intervista in merito ad Alberto Forchielli) afferma che smetterà di pubblicare i dati sui flussi giornalieri. La decisione segue la mossa di maggio per porre fine alla diffusione dei dati sui flussi intraday attraverso i collegamenti commerciali con Hong Kong. Gli investitori perderanno insomma la possibilità di calcolare i flussi netti alla fine di ogni giorno di negoziazione, a partire dal 18 agosto.
Gli unici dati giornalieri pubblicati dalle borse da quella data in poi saranno quindi il fatturato totale delle imprese e il numero di transazioni effettuate in azioni e quelle relative ai fondi negoziati in borsa tramite i collegamenti di Hong Kong. Una spinta verso l’opacità che segue i tentativi del governo di sostenere la fiducia vacillante tra gli investitori locali. Sforzi vani, visto che i gestori di fondi esteri hanno scaricato circa 4,1 miliardi di dollari di azioni della Cina continentale questo mese.
Insomma, piaccia o no, i fondi, inclusi quelli pensione, se ne stanno andando e mettere la polvere sotto il tappeto servirà a poco. Tanto per cominciare c’è il principale sistema pensionistico del Missouri, che avviato il proprio disimpegno da alcune aziende cinesi di cui era azionista, facendo dello Stato americano il primo a compiere una simile scelta. E lo stesso hanno fatto Indiana e Florida, i cui rispettivi governatori hanno invitato i fondi pensioni statali ad abbandonare le aziende del Dragone. E ancora, qualcosa di molto simile potrebbe presto vedersi in Arizona, Illinois e Oklahoma.