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Kursk, l’Italia non si è dissociata. La posizione del governo vista da Adornato

“Per quanto siano autorevoli e importanti le parole di un ministro della Difesa, non risulta agli atti nessuna dissociazione italiana dalla linea filo ucraina e filo atlantica che il governo ha seguito”, spiega a Formiche.net Ferdinando Adornato. “Quindi l’Italia ancora non si è dimostrata inaffidabile, anzi. L’Italia non si è dissociata. Questo è il vizio del ragionamento di Mieli che pure è condivisibile quasi completamente”

Le parole, pur autorevoli, di un ministro della Difesa non hanno il potere formale di cambiare la linea del governo e non risulta che così sia. Lo dico non per difendere il governo che non ha bisogno della mia difesa, ma per difendere l’Italia che per una volta nella sua storia sta portando avanti dall’inizio alla fine una linea coerente. Commenta così gli ultimi risvolti in Ucraina a Formiche.net l’ex parlamentare e saggista, Ferdinando Adornato, presidente della Fondazione liberal ed editorialista del Messaggero, autore con Rino Fisichella de “La libertà che cambia. Dialoghi sul destino dell’Occidente” (Rubbettino). “Alcuni di noi protestano perché vengono date armi all’Ucraina, non accorgendosi che loro stessi e Putin in primo luogo la chiamano guerra all’Occidente collettivo: segno evidente che quel conflitto non riguarda solo l’Ucraina, ma riguarda il futuro del pianeta, anche perché crea un filo rosso tra Kyiv, tra la questione Ucraina e la questione mediorientale. E allora gli incursori di Kursk combattano anche per noi, non solo per l’Ucraina”.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha detto: “Non vogliamo un conflitto che diventa ancora più duro e che si sposta anche sul territorio russo”. Che ne pensa?

È una questione insieme semplice e molto complessa: non bisogna scambiare la causa con l’effetto. La causa è l’invasione russa, l’effetto è l’incursione di Kursk. Se chi invade non ha la minima intenzione di ritirarsi, anzi vuole andare come Putin stesso dice, fino in fondo, finisce che la resistenza ucraina diventa sinonimo di escalation. Ogni volta che questa resistenza si dimostra capace di offendere l’invasore è chiaro che c’è il rischio di un’escalation. Il concetto di escalation è implicitamente connesso alla resistenza ucraina. Se essa non ci fosse, non ci sarebbe nessuna escalation.

E quindi?

Non è paragonabile l’invasione di Putin alle incursioni di Kursk, perché è data dal buon senso, ma anche dal diritto internazionale con l’articolo 51 della Carta dell’Onu, quella dottrina che passa alla storia come logica della difesa preventiva, che autorizza uno stato aggredito a mettere in atto tutte quelle forme di resistenza che impediscano all’invasore di avere la meglio. La lezione implicita sta nel fatto che Putin ha invaso un Paese europeo contro ogni norma del diritto internazionale. La situazione è grave, Crosetto ha ragione su questo, ma non può essere imputata agli ucraini. Quindi non è sbagliato preoccuparsi di una situazione assai grave, ma non può essere messa nel conto degli ucraini.

Stati Uniti e Ue sostengono che Kyiv ha il diritto di attaccare la Russia. L’Italia si è dissociata. Scrive Paolo Mieli oggi sul Corriere che è un errore. Ha ragione?

L’Italia non si è dissociata. Questo è il vizio del ragionamento di Mieli che pure è condivisibile quasi completamente. Per quanto siano autorevoli e importanti le parole di un ministro della Difesa, non risulta agli atti nessuna dissociazione italiana dalla linea filo ucraina e filo atlantica che il governo ha seguito. Quindi l’Italia ancora non si è dimostrata inaffidabile, anzi. Non possiamo in un momento cambiare tutti i giudizi che sono stati dati in maniera universale sul fatto che Giorgia Meloni ha sorpreso tutta la comunità internazionale, impostando con coerenza fin dall’inizio una linea filo ucraina e filo atlantica. Le parole di un ministro non hanno il potere formale di cambiare la linea del governo e non risulta che così sia. Lo dico non per difendere il governo che non ha bisogno della mia difesa, ma per difendere l’Italia che per una volta nella sua storia sta portando avanti dall’inizio alla fine una linea coerente. Ma Mieli non si rivolge solo al governo.

All’opposizione cosa dice?

Schlein, meritoriamente, non si è accodata alle posizioni di Conte e di altri membri dell’opposizione. E questo va rimarcato. Credo che a Conte sfugge quello che a Putin non è sfuggito, e cioè che l’incursione di Kursk aveva, tra gli altri scopi, anche quello di creare le condizioni di uno scambio di territori e quindi di un negoziato. L’ha detto lo stesso Putin. Allora come si fa a declamare ogni giorno la necessità di un negoziato e poi inveire contro un’iniziativa ucraina che ha tra i suoi obiettivi quello di produrre un negoziato? Non si arriva a nessun negoziato se l’Ucraina non ha nessun arma, nessun asset strategico da scambiare con Mosca e quindi ancora una volta si dice negoziato ma si intende reset e questo non va bene, naturalmente. La riflessione di Mieli può essere utile anche per capire come posizioni di un certo tipo attraversino sia la maggioranza che l’opposizione. E questo è un dato importante per capire il paesaggio politico europeo.

Putin, tra l’altro, riceve armi dalla Corea del Nord e dall’Iran, mentre noi protestiamo. Alcuni di noi protestano perché vengono date armi all’Ucraina, non accorgendosi che loro stessi e Putin in primo luogo la chiamano guerra all’Occidente collettivo: segno evidente che quel conflitto non riguarda solo l’Ucraina, ma riguarda il futuro del pianeta, anche perché crea un filo rosso tra Kyiv, tra la questione Ucraina e la questione mediorientale. E allora gli incursori di Kursk combattano anche per noi, non solo per l’Ucraina.

Centralizzare i finanziamenti della Difesa europea consentirebbe di non gravare sulle finanze dei singoli Stati, quindi di prendere decisioni davvero comuni?

Ovvio. Però sappiamo tutti che la lentezza è un aspetto che caratterizza l’Unione europea da sempre: è una specie di pigrizia operativa, non strategica. Solo che tra il dire e il fare in Europa c’è davvero di mezzo un oceano, è del tutto evidente che che la situazione mondiale richiede un balzo in avanti dell’Europa dal punto di vista della difesa. E unificare strategicamente le risorse militari significa anche risparmiare e agire con una sola voce.

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