Nell’analisi di Arha e Roa per il National Interest, Trieste figura come centro di bilanciamento per gli interessi italiani, europei e americani all’interno dell’Indo Mediterraneo. Ma attenzione: la Cina è già attiva
“La mia anima è a Trieste”, disse una volta James Joyce, e forse in quella che fu città imperiale c’è anche un’altra anima, adesso: quella dell’Indo Mediterraneo, il concetto geostrategico in cui le acque del Mediterraneo allargato si fondono con quelle dell’Oceano Indiano, mettendo in comunione i destini dell’Europa (quanto meno meridionale), della regione della Penisola arabica, dell’Africa centro-orientale e della porzione occidentale dell’India.
Per lo meno così è presentata Trieste in un’analisi firmata da Kaush Arha, presidente del Free & Open Indo-Pacific Forum visiting fellow dell’Atlantic Council, e Carlos Roa, fellow del Danube Institute e dell’Institute for Peace and Diplomacy, pubblicata in questi giorni dal National Interest, pensatoio del realismo politico statunitense sin dal 1985.
Da sempre contesa, affascinante e sorprendente per il suo carattere selvaggio, misterioso e raffinato che ha ispirato oltre a Joyce, Saba, Svevo, Rilke, nell’analisi di Ara e Roa, Trieste è presentata come un punto di bilanciamento essenziale nell’Indo Mediterraneo. Dunque un fulcro nelle connessioni strategiche tra l’Indo Pacifico e il Mediterraneo allargato. Tutto si riflette nella competizione tra potenze, con a città del Friuli-Venezia Giulia che diventa un nodo determinante che potrebbe fungere da anello di congiunzione tra questi due mondi, come spiegava un’altra analisi già pubblicata sul National Interest pochi mesi fa.
Gli Stati Uniti hanno interessi storici e strategici nella regione, risalenti alla Guerra Fredda, quando proteggevano Trieste dall’influenza sovietica. Oggi, il porto triestino gioca una funzione simile, offrendo un’opportunità unica per gli Usa di rafforzare la propria presenza nel Mediterraneo e contrastare l’influenza cinese, in particolare il progetto della Belt and Road Initiative. La Cina tenta da anni di espandere la propria influenza in Europa attraverso investimenti infrastrutturali spinti soprattutto tra i Paesi del centro-est (il cosiddetto China and Central-Eastern Europe Countries, sistema di cooperazione e dialogo noto come “14+1”). Il controllo o la partnership in porti strategici come Trieste potrebbe consolidare questa posizione.
Società cinesi collegate allo Stato — dunque alla strategia di espansione europea del Partito comunista cinese — hanno da tempo messo gli occhi sulla Piattaforma Logistica di Trieste. Attenzioni che in varie forme hanno suscitato preoccupazioni in Europa e negli Stati Uniti per le implicazioni strategiche legate al controllo di porti chiave da parte della Cina su quella che la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni definì “capitale marittima italiana”.
Il rafforzamento dei legami tra gli Stati Uniti e Trieste, quindi, non solo permetterebbe di mantenere aperte e sicure le vie commerciali tra l’Europa e l’Indo Pacifico, sostengono Arha e Roa, ma offrirebbe anche un mezzo per limitare l’espansione considerata da Xi Jinping come una priorità geopolitica fin dall’inizio della sua leadership. Per questo, i due suggeriscono un impegno americano più deciso nell’area, il quale garantirebbe un controllo migliore sulle rotte commerciali globali e promuoverebbe la stabilità regionale. Inoltre, la cooperazione con alleati europei e indo-pacifici potrebbe rendere Trieste un hub logistico fondamentale, facilitando la distribuzione delle risorse e rafforzando la resilienza delle catene di approvvigionamento in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche. Ossia, la città italiana sarebbe uno dei punti di svolta del de-risking, mantra dell’Unione europea in questa fase storica.
Impossibile a questo punto non far scivolare il pensiero strategico all’Imec (India-Middle East-Europe Economic Corridor) e all’iniziativa Three Seas, collegandoli alla funzione chiave di Trieste nel contesto dell’Indo Mediterraneo. Imec è un progetto chiave per collegare l’India all’Europa attraverso il Medio Oriente, passando per il Mediterraneo — ed è di per sé alternativo alla dominanza cinese nei collegamenti orientali del Vecchio Continente. Trieste è concettualmente e tecnicamente un perfetto terminale europeo di questa rete, anche per i collegamenti esistenti con la catena del valore mitteleuropea. Qui il ragionamento si allarga al valore della città nella trama della Three Seas, che coinvolge dodici nazioni dell’Europa centrale e orientale, di cui Trieste potrebbe diventare un hub logistico centrale tra Adriatico, Baltico e Mar Nero.
Se come spiegano i due autori gli Stati Uniti devono mantenere interesse nel contrastare la Bri, allora lavorare nei porti strategici come Trieste è determinante per evitare che le caratteristiche geostrategiche di certe unicità finiscano in mano a Pechino. Questo contesto ampio è ciò che rende Trieste un punto di bilanciamento nell’Indo Mediterraneo, fungendo da nodo critico per interessi che vanno oltre i collegamenti commerciali e accedono in pieno alla competizione tra potenze e modelli di governance globale.