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Nel nome di Aukus. Washington taglia i limiti all’export per Londra e Canberra

Il Dipartimento di Stato americano starebbe valutando una profonda revisione del regime di esportazione di armi, così da facilitare la condivisione di materiale bellico con Gran Bretagna e Australia. Che spingono per la riuscita del progetto

A tre anni dalla sua firma, Aukus continua a sviluppare nuove forme d’integrazione tra i suoi membri. Il Dipartimento di Stato americano sta infatti appositamente modificando le norme sull’esportazione internazionale di armi per facilitare la condivisione di tecnologie militari sensibili con Australia e Regno Unito, i partner dell’accordo trilaterale incentrato sulla dimensione della Difesa firmato nel 2021. Secondo le dichiarazioni del Dipartimento di Stato di Washington, la riforma consentirà a Londra e Canberra di non dover richiedere licenze per ottenere la tecnologia americana per circa l’80% dei loro scambi commerciali con gli Stati Uniti nel settore della difesa.

“Queste riforme fondamentali rivoluzioneranno il commercio, l’innovazione e la cooperazione nel settore della difesa, consentendo una collaborazione alla velocità e alla scala necessarie per affrontare le nostre difficili circostanze strategiche” ha commentato Richard Marles, ministro della Difesa australiano, mentre un funzionario britannico interpellato dal Financial Times ha descritto le riforme come un “grande affare”, perché si tratta di “essere il più competitivi possibile con la Cina”, il cui emergere come potenza non solo economica durante gli ultimi anni è stato uno dei motivi fondanti del patto trilaterale. Secondo le stime del governo di Sua Maestà, l’attuale regime “Itar” (International Traffic in Arms Regulations, il nome del regolamento statunitense relativo alla vendita di materiale militare) ha generato costi annuali per il Regno Unito di circa 450 milioni di sterline.

La notizia non arriva ex-novo. Da anni, ben prima della firma di Aukus, tanto il Regno Unito quanto l’Australia fanno pressione sugli Stati Uniti affinché allentino le restrizioni. E dal 2021, l’urgenza della questione è ovviamente tornata a farsi sentire con ancora più forza. Le riforme sono state rese possibili dopo che Regno Unito e Australia hanno apportato modifiche ai loro regimi di controllo delle esportazioni per convincere Washington che qualsiasi tecnologia americana condivisa con i due alleati rimarrà protetta.

Il funzionario britannico contattato da Ft ha dichiarato anche che la mossa avrebbe alleggerito gli ostacoli alla cooperazione sul primo pilastro di Aukus, secondo il quale gli Stati Uniti sono tenuti a condividere la tecnologia di propulsione nucleare per consentire all’Australia (in stretta collaborazione con il Regno Unito) di dotarsi di una flotta di sottomarini a propulsione nucleare. Ma la mossa sarebbe “critica” anche per il secondo pilastro, che stabilisce la cooperazione tra i tre partner in aree che vanno dall’ipersonica all’intelligenza artificiale e alle capacità militari sottomarine. Specificando che il provvedimento in discussione “Non elimina l’ostacolo. Ma lo abbassa in modo significativo” e aggiungendo che, una volta dimostrata l’efficacia del nuovo sistema, “si aprirà lo spazio per ulteriori progressi”.

Le “liberalizzazioni” statunitensi rappresentano un passo significativo, ma permane il dubbio se lo stesso regime sarà applicabile anche ad eventuali futuri membri di Aukus. Negli ultimi mesi si è parlato delle prospettive di un allargamento del Patto a Paesi partner degli Usa come Giappone e/o Filippine. Sotto quali condizioni, però, non è dato saperlo.

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