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Piano Mattei, relazioni transatlantiche, Indo Pacifico. Tripodi racconta la politica estera italiana

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La sottosegretaria della Farnesina parla del ruolo attivo dell’Italia nella costruzione di nuovi ponti e nel rafforzare quelli già esistenti, non solo tra amici ma anche tra nemici. Impegnandosi anche in modo diretto, come ad esempio nel Mar Rosso

Sono passati quasi ventiquattro mesi dall’insediamento del governo guidato da Giorgia Meloni. Nell’ambito della politica estera, nel corso degli anni l’attuale esecutivo si è dovuto confrontare con una serie di dossier che spaziano dal conflitto in Ucraina a quello in Medio Oriente, dalla gestione delle relazioni con i partner storici come quelli europei e transatlantici a quelle con partner più ambigui come la Repubblica Popolare, allo sviluppo di nuovi (o rinnovati) approcci verso aree strategiche come l’Indo-pacifico e il continente africano. La sottosegretaria di Stato al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Maria Tripodi ha parlato con Formiche.net dell’azione di politica estera del governo di cui è esponente durante gli ultimi mesi.

Qual è la posizione italiana sul conflitto in corso in Ucraina, e quali sono gli approcci che il governo italiano intende seguire per sostenere la pace nella regione?

Il governo Meloni ha espresso una posizione chiara. L’Italia sostiene convintamente l’Ucraina senza alcuna ambiguità. La maggioranza ha votato in modo compatto in Parlamento i provvedimenti riguardanti gli aiuti militari a Kyiv, siamo stati il primo Paese europeo a co-organizzare con l’Ucraina nell’aprile del 2023 la Conferenza bilaterale sulla Ricostruzione, e al G7 di Borgo Egnazia, abbiamo ottenuto sotto la nostra presidenza un significativo accordo politico per fornire un sostegno finanziario di ulteriori 50 miliardi di dollari per aiutare la popolazione grazie ad un meccanismo di prestiti. Incoraggiamo inoltre in ogni sede la via diplomatica per arrivare ad una pace giusta, che non può essere una resa per il popolo ucraino. Ci apprestiamo ad ospitare in Italia, nel 2025, la quarta conferenza internazionale per la ricostruzione. È un lavorio continuo, coordinato con i nostri partner, come si è visto in ultimo qualche giorno fa a Locarno, dove il ministro Tajani ha firmato una dichiarazione congiunta con il ministro svizzero degli affari esteri Cassis, al fine di cooperare per creare le migliori condizioni possibili per un secondo Vertice sulla pace che veda la partecipazione delle parti, inclusa la Federazione Russa e di tutti gli attori globali.

Considerando la complessa situazione geopolitica del Medio Oriente, dal conflitto israelo-palestinese alla minaccia rappresentata dagli Houthi alle crescenti tensioni tra Israele e Iran, quali sono le principali linee guida della politica estera italiana nella regione e come intendete gestire le sfide presenti in quelle zone? 

L’Italia si pone come interlocutore autorevole promuovendo il dialogo. Dal terroristico e raccapricciante attacco di Hamas contro Israele dello scorso 7 ottobre, lavoriamo senza sosta con i partner per una de-escalation del conflitto. I contatti tra il nostro governo e i vari leader della Regione sono pressoché quotidiani. Ci auguriamo che il negoziato possa essere fruttuoso per arrivare presto ad un cessate il fuoco a Gaza, in un quadro geopolitico attraversato appunto da crescenti tensioni. Dagli gli attacchi degli Houthi che minacciano la sicurezza marittima delle rotte colpendo le imbarcazioni commerciali nel Mar Rosso e nel Canale di Suez e per la quale si è resa necessaria la missione europea Aspides, guidata e fortemente voluta dall’Italia, fino alla fragile situazione del Libano. Siamo consapevoli di quanto importante sia per gli equilibri globali un medio-oriente il più possibile stabile, con tutti gli attori coinvolti nel processo di stabilizzazione. Per questo l’Italia, con il ministro Tajani, si è fatta promotrice di un cambio di strategia politica dell’Ue sulla Siria, un dossier dimenticato per troppo tempo.

Come giudicate l’importanza e l’impatto del Piano Mattei? Quali sono i progetti in corso per rafforzare la cooperazione internazionale legata a questa iniziativa?

Il Piano Mattei è stato pensato per avere un nuovo approccio di metodo con i Paesi Africani che in poco tempo ha coinvolto Ue, Stati Uniti e diversi Partner del Golfo. Già questo dà la misura della portata e dell’impatto del Piano, che poggia su solide e concrete basi, con strumenti di natura finanziaria. Ricordo a tal proposito i due fondi per i progetti di collaborazione con la Banca di Sviluppo Africana e i progetti italiani di Cdp e Simest, che con “Misura Africa” consentiranno alle imprese italiane di investire nel continente. Se entriamo nello specifico di tali progetti, un ruolo centrale spetta sicuramente al settore energetico, vista la diversificazione continua delle fonti di approvvigionamento. Come esempi possiamo citare il progetto pilota sui biocarburanti in Kenia e il progetto sull’idrogeno sviluppato da Eni in Tunisia. Per quanto invece concerne altri settori come l’agricoltura, merita una menzione l’Algeria, che con 36.000 ettari destinati a coltivazione ha espressamente richiesto know how e tecnologie italiane.

Qual è la strategia del governo italiano sul piano europeo?

Lavoreremo come sempre all’insegna del pragmatismo. Siamo soddisfatti dei risultati raggiunti sul Pnrr grazie al lavoro del ministro Fitto, così come delle intese intercorse tra Ue e Paesi africani per la regolamentazione dei flussi migratori con un abbattimento del 60 % degli arrivi. Un doppio successo per l’Italia. C’è quanto mai bisogno di una Ue forte, capace di esprimere compattezza politica di fronte alle titaniche sfide attuali e di assumere decisioni su temi sempre più complessi: lotta al cambiamento climatico, accordi commerciali, sicurezza alimentare, pace e stabilità. Auspico fortemente che l’Italia occupi il ruolo di prestigio che le spetta nella prossima governance della Commissione.

Vista l’importanza della cooperazione transatlantica, quali sono le iniziative che il governo italiano intende adottare per rafforzare e approfondire i legami con gli Stati Uniti e gli altri partner transatlantici? Le elezioni presidenziali Usa avranno un impatto sulla politica di Roma nei confronti di Washington, e viceversa?

Gli Stati Uniti sono da sempre nostro essenziale e imprescindibile partner, capofila della democrazia e del mondo libero. Con l’attuale amministrazione americana, abbiamo instaurato sin dall’inizio relazioni eccellenti e fruttuose, che ci vedono in totale sintonia su tutti i temi dell’agenda globale. Italia e Stati Uniti sono poi legati da un’amicizia antica e solida che affonda le radici anche nel contributo reso dagli emigrati italiani nel fare grande l’America, ed entrambi sono tra i dodici firmatari originari della Nato, l’alleanza che da 75 anni garantisce stabilità e sicurezza. Inoltre, l’Italia non potrà mai dimenticare il sacrificio di migliaia di giovani americani che hanno sacrificato la propria vita per liberarla dalla tragedia dell’oppressione nazifascista. Il rapporto tra i due Paesi potrà solo crescere e rafforzarsi nel tempo, a prescindere da chi sarà il futuro inquilino della Casa Bianca scelto dal popolo americano.

Qual è la posizione del governo italiano nei confronti della Repubblica Popolare? Come va interpretato il viaggio di Meloni in Cina, pochi mesi dopo l’abbandono della Belt and Road Initiative in favore di una partnership strategica? Quali sono i punti di riferimento nella politica italiana verso Pechino?

La missione della presidente Meloni in Cina è stata un successo. Il governo italiano ha ritenuto, a ragione, di imprimere una nuova fase ai rapporti con la Cina in favore di un Piano d’azione per il Rafforzamento del Partneriato Strategico Globale, allargando così il raggio delle relazioni in diversi ambiti, dalla cultura al turismo, dall’industria all’accesso al mercato. Dunque con una sostanziale differenza rispetto alla Belt and Road, non coincidente con i nostri interessi e basata su rapporti commerciali e un interscambio poco vantaggioso per l’Italia se si considera che gli investimenti italiani in Cina erano tripli rispetto a quelli cinesi in Italia.

Data l’importanza crescente dell’area dell’Indo-Pacifico, qual è il ruolo che l’Italia intende svolgere in questa regione e quali sono le prospettive di collaborazione e partenariato con le nazioni coinvolte in quei contesti?

L’Italia è sempre più presente nell’Indo-Pacifico, che consideriamo un’area strategica. Il nostro governo ha creato con i Partner della regione un rapporto privilegiato. Penso per esempio al Giappone, dove già un anno e mezzo fa abbiamo dato il via al partneriato strategico che ha implementato il nostro interscambio del 10%, per un volume di 15 miliardi. O ancora, penso al costante dialogo con Paesi come il Vietnam, con il quale abbiamo firmato una dichiarazione congiunta sul rafforzamento del partneriato strategico, o la Corea del Sud. In tale quadro rivestono una particolare importanza le esercitazioni congiunte della portaerei Cavour, dell’aeronautica militare con la Japan Air Self-Defence Force e l’arrivo tra pochi giorni a Tokyo del fiore all’occhiello della nostra marineria, l’Amerigo Vespucci, per una tappa del suo tour mondiale. Continueremo nei prossimi mesi, anche con delle missioni di sistema in Indonesia e nelle Filippine, dove avrò delle consultazioni politiche.

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