Assoggettare la mente delle masse e dei singoli è uno degli obiettivi del Cremlino, perché è dal condizionamento dell’opinione pubblica, fuorviata da una incisiva logica di fabbricazione del consenso, che dipende il successo dell’operazione ibrida. La logica di don Abbondio di Viale Mazzini non mi stupisce. Colloquio con il senatore renziano Enrico Borghi
Dalla Rai alla Cnn. La linea del Cremlino resta molto chiara: l’informazione libera va colpita. È di oggi, infatti la notizia che Mosca ha aperto un procedimento penale contro un inviato della Cnn nel Kursk. Stesso copione del caso Battistini che, su Formiche, abbiamo trattato con varie voci. A fronte di questo ulteriore sviluppo, che in qualche modo è figlio della medesima strategia, abbiamo sentito Enrico Borghi, senatore di Italia Viva e membro del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica).
Onorevole Borghi, la Russia dopo l’annuncio del procedimento penale contro l’inviata Rai, apre il procedimento contro un inviato della Cnn. Cosa ci dicono queste iniziative del Cremlino?
La guerra russo-ucraina è la prima che esplica fino in fondo la dottrina Gerasimov della guerra ibrida affiancata a quella convenzionale. Assoggettare la mente delle masse e dei singoli è uno degli obiettivi del Cremlino, perché è dal condizionamento dell’opinione pubblica, fuorviata da una incisiva logica di fabbricazione del consenso, che dipende il successo dell’operazione ibrida. Se Putin convincerà l’Occidente delle sue tesi (la Russia è già stata convinta per le vie brevi, diciamo…) avrà gettato le basi del suo successo. Questa è una guerra che non si combatte solo in trincea, ma dentro le pareti delle nostre case, sui nostri smartphone, e qui l’informazione acquisisce un ruolo chiave. Per questo chi trasmette dal fronte una verità che non è quella ufficiale voluta dal Cremlino è sovversivo, e nella logica di Mosca va silenziato.
Gli inviati nell’oblast di Kursk stanno raccontando l’avanzata delle truppe ucraine. Che tipo di scenario si profila all’orizzonte?
Finora Zelensky nel Kursk ha seguito alla lettera Sun Tzu: “Attività di suprema importanza per vincere il conflitto: sconvolgere la strategia del nemico, spezzare le alleanze, attaccare il suo esercito, non assediare le sue città fortificate”. Vedremo se riuscirà a consolidare questa testa di ponte, e ciò dipenderà anche dal grado di capacità della risposta russa. I primi segnali parlano di un incistamento delle posizioni, che paradossalmente potrebbe innescare un piano negoziale a determinate condizioni.
I vertici Rai hanno deciso “per motivi di sicurezza” di richiamare in Italia la giornalista Battistini e l’operatore Traini. Come valuta questa scelta?
Siamo il Paese che ha inventato la figura di don Abbondio, che davanti ai Bravi balbetta e cerca di cambiare strada. Che l’azienda non si sia sentita in dovere di valorizzare, tutelare e difendere chi ha fatto uno scoop mondiale battendo addirittura la Cnn la dice lunga. Ma la logica di don Abbondio di Viale Mazzini non mi stupisce. Io ho ancora nella memoria le parole di Giampaolo Rossi del 2018, e le sue intemerate contro il globalismo che poteva essere sconfitto solo da Putin. Quell’impianto culturale ha attecchito, e oggi ne vediamo le conseguenze, perché abbiamo la portavoce del Cremlino che pretende di scegliersi lei i nostri inviati al fronte, visto che dopo Battistini e Traini ha messo in discussione anche Piagnerelli. Dentro il silenzio imbarazzato di una azienda che dovrebbe solo rispedire al mittente queste ingerenze con solidità. E difendere la professionalità dei propri giornalisti e – se mi è concesso – l’onore del nostro servizio pubblico.
Questo tipo di lavoro giornalistico non può essere inteso anche come antidoto alla disinformazione russa?
Ma è evidente! Prepariamoci ad un mondo nuovo, dove anche l’informazione è un’arma, o quantomeno può essere utilizzata in tal modo. Alcuni esperti di scienze sociali ci dicono che viviamo nella società della disinformazione, fondata sulla cacofonia e sulla dimensione quantitativa dei messaggi. Insomma: la disinformazione si è inserita nel sistema, e l’evoluzione che abbiamo davanti è il passaggio dalla disinformazione classica, fatta di operazioni psicologiche e informative, a quella pervasiva e onnipresente della guerra cognitiva. Un servizio pubblico serio, autonomo, adeguato e professionalmente attrezzato è l’antidoto a questo, ed è un pezzo portante della difesa delle nostre libertà e dei nostri valori. Chi non se ne accorge, per ignavia o insipienza, è responsabile.
Molta parte del dibattito pubblico tende sempre di più a chiedere uno sforzo per il cessate il fuoco ma, spesso, sorvola sul fatto che ci sia un aggressore e un aggredito. Quali devono essere dunque gli sforzi diplomatici da compiere per arrivare a una risoluzione del conflitto non penalizzante per l’Ucraina e quale ruolo deve svolgere l’Italia?
Putin continuerà la guerra finché avrà chiaro che gli conviene più la guerra che la pace. Quando realizzerà che ha solo da perdere a insistere sul piano bellico, ragionerà sul piano negoziale. Per questo l’Ucraina non può essere abbandonata a se stessa. Diciamolo ancora una volta: in Ucraina si sta combattendo anche per noi! E se cade Kyiv, poi cadrà l’Europa. La pace non si realizza con la giaculatoria delle buone intenzioni, ma con la costruzione di un nuovo ordine internazionale nel quale si ritrovi quell’equilibrio che è stato spezzato. Nel quale la Russia abbia ovviamente il ruolo che le spetta, ma che sia fondato sul rispetto del diritto internazionale. L’Italia potrebbe fare la sua parte, ma per ora il governo dovrebbe dismettere la dimensione del “ma anche” che rischia di isolarci e alla fine di non renderci più credibili. Perché non si può continuare il doppio registro di essere amico di Mosca con la Lega e dirsi poi Atlantici nei vertici internazionali. Alla lunga, ogni equivoco viene a galla.